Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15441 del 26/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 26/07/2016, (ud. 19/04/2016, dep. 26/07/2016), n.15441

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22316/2013 proposto da:

FIDELITAS S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR 19, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA PATERNO’,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati RAFFAELE DE

LUCA TAMAJO, ANDREA MORONE, FRANCO TOFFOLETTO, VINCENZO LUCIANI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FLAMINIA 109, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

FONTANA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO

VOCE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 345/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 02/04/2013 r.g.n. 596/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/04/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con ricorso al Tribunale di Arezzo del 18.11.2008 P.G., dipendente dal 17.1.2002 della società FIDELITAS spa, avente ad oggetto attività di trasporto valori e di vigilanza privata, licenziato per ragioni disciplinari in data 23 giugno 2008, impugnava il licenziamento intimato, chiedendo la condanna della società datrice di lavoro alla reintegra – ovvero al pagamento della indennità sostituiva di 15 mensilità di retribuzione – ed al risarcimento del danno.

Esponeva che la contestazione costituente causa del licenziamento consisteva nell’abbandono arbitrario del posto di lavoro in data (OMISSIS), fatto rilevato alle ore 7,25 a seguito di ispezione presso il sito (OMISSIS).

Il Tribunale, con sentenza del 20 maggio 2010 (nr. 239/2010), accoglieva la domanda sotto il profilo del difetto di proporzionalità della sanzione, ritenendo integrata una ipotesi di momentaneo allontanamento dal posto di lavoro piuttosto che la più grave fattispecie dell’abbandono del posto di lavoro costituente causa di licenziamento disciplinare a tenore dell’art. 140 del CCNL. Con sentenza del 14 marzo – 2 aprile 2013 (nr. 345) la Corte d’appello di Firenze rigettava l’appello della società FIDELITAS spa.

La Corte territoriale rilevava che la condotta del P. si era sostanziata nell’avere lasciato il posto di lavoro per pochi minuti, nel corso dei quali il sito da sorvegliare – i locali dell'(OMISSIS) – era comunque rimasto chiuso e con il sistema di allarme attivato; anche se nel breve lasso di tempo eventuali estranei avrebbero potuto accedere al perimetro aziendale esterno, attraverso la porticina pedonale lasciata socchiusa, nessun danno si era verificato.

La condotta, meritevole di sanzione, non costituiva abbandono del posto di lavoro ma momentaneo allontanamento dal posto di lavoro ovvero sospensione temporanea della prestazione.

Sotto il profilo soggettivo occorreva tenere conto poi dello svolgimento del servizio per oltre sei anni in assenza di rilievi disciplinari, giudizio sul quale non influiva il recente addebito sanzionato con un giorno di sospensione (il non essersi avveduto in data 15 aprile 2008 del posizionamento non corretto della telecamera di sorveglianza ubicata di fronte alla guardiola), in quanto il fatto non era confluito nella contestazione disciplinare e nel successivo licenziamento.

Del resto anche la ipotesi astratta dell’abbandono del posto di lavoro doveva essere valutata in relazione alle circostanze del caso concreto sia con riguardo al contesto ambientale che sotto il profilo soggettivo; dalla comparazione della condotta del P. con le altre indicate esemplificativamente dal contratto collettivo come giusta causa di licenziamento emergeva la diversa ed assi maggiore gravità di queste ultime fattispecie.

I fatti addebitati avrebbero dovuto pertanto dare luogo ad una sanzione conservativa. Per la Cassazione della sentenza ricorre la società FIDELITAS spa, articolando quattro motivi, illustrati con memoria.

Resiste con controricorso P.G..

Diritto

1. Con il primo motivo la società ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 2106 e 2119 c.c..

Espone che i fatti di causa integravano una ipotesi di giusta causa di licenziamento, trattandosi di violazione degli obblighi fondamentali del rapporto di lavoro incidente in modo irreversibile sul vincolo fiduciario.

Era stato accertato l’abbandono, senza alcuna comunicazione, della postazione di piantonamento fisso presso l'(OMISSIS) per circa otto – dieci minuti al fine di acquistare un quotidiano, con la porta di accesso pedonale aperta.

Nella valutazione della condotta occorreva tenere conto della qualità di guardia particolare giurata e dello specifico contenuto delle mansioni, della circostanza che si trattava dell’unico dipendente addetto alla sorveglianza del sito, del fatto che erano stati lasciati aperti sia la porta della guardiola che il cancello pedonale e che nessuno era stato avvisato dell’allontanamento, della mancata adozione di cautele per mettere il sito in sicurezza, del motivo futile dell’abbandono.

La condotta doveva essere valutata nella sua oggettiva gravità ed indipendentemente dal verificarsi effettivo del danno, che costituiva eventualità indipendente dalla condotta del lavoratore e derivante da fattori puramente occasionali.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione di norme del contratto collettivo nazionale di lavoro e dell’art. 1362 c.c..

Assume la erronea interpretazione dell’art. 140 CCNL Istituti Vigilanza privata, nella parte in cui individua tra le condotte integranti giusta causa di licenziamento “l’abbandono del posto di lavoro”.

La Corte di merito aveva basato il suo giudizio sulla distinzione tra l'”abbandono del posto di lavoro” e l'”allontanamento momentaneo”, ritenendo integrata la seconda fattispecie, distinzione che non trovava riscontro nel CCNL della sorveglianza privata.

Nei precedenti di legittimità in cui detta distinzione era delineata si poneva l’accento unicamente sul dato temporale della condotta unito alla procurata impossibilità, in caso di abbandono, allo svolgimento della prestazione lavorativa e non anche sul profilo soggettivo, valorizzato erroneamente, invece, dal giudice dell’appello.

Nella fattispecie di causa il dipendente non aveva adottato alcun accorgimento per assicurare il regolare svolgimento del servizio (come avvisare il superiore o un collega ovvero chiudere gli accessi).

La Corte territoriale aveva indicato come ipotesi di abbandono quella dell’allontanamento improvviso e non comunicato dal posto di lavoro per l’intera durata del turno di servizio; in tal modo aveva individuato presupposti di fatto – il carattere improvviso dell’allontanamento e la durata per l’intero turno – estranei alla previsione contrattuale.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

Il motivo investe la statuizione di irrilevanza dell’ulteriore addebito disciplinare contestato in epoca prossima ai fatti di causa (in data 29.4.2008) in quanto non richiamato nella contestazione disciplinare oggetto di giudizio.

Il ricorrente rileva che nella lettera di contestazione il precedente episodio era testualmente riportato (“Le ricordiamo che in data (OMISSIS) Lei ha commesso un’infrazione disciplinare formalmente contestata”) e che il licenziamento faceva integrale richiamo alla lettera di contestazione.

Il giudizio di irrilevanza era dunque privo di base ed il precedente disciplinare (l’omesso controllo sul corretto posizionamento della telecamera di sorveglianza) rilevante, in quanto denotante una significativa negligenza e trascuratezza.

4. Con il quarto motivo il ricorrente denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla L. n. 604 del 1966, art. 3, per avere la corte di merito escluso la sussistenza, quanto meno, del giustificato motivo soggettivo di licenziamento.

Il primo ed il secondo motivo, che possono essere congiuntamente trattati in quanto connessi, sono fondati.

Preliminarmente la Corte rileva, in risposta alla questione di inammissibilità del primo motivo di ricorso sollevata dal controricorrente, che il vizio dedotto non attiene alla ricostruzione dei fatti materiali operata nella sentenza impugnata, censurabile in sede di legittimità nei limiti del vizio della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, ma al giudizio, logicamente distinto e successivo, di sussunzione dei fatti accertati nella fattispecie legale definita dalla clausola elastica della giusta causa (primo motivo) e nella fattispecie contrattuale di cui all’art. 140 del CCNL (secondo motivo).

Quanto ai fatti materiali, la sentenza, sul punto non impugnata, ha accertato che:

– Il P. il giorno (OMISSIS) mentre era in servizio di piantonamento fisso presso il grande magazzino (OMISSIS) si allontanò poco più di cinque minuti, prima delle ore 7,25;

– Agli ispettori, giunti sul posto alle ore 7,25, che ne attendevano il rientro, riferì di essersi recato al vicino Bar, distante circa 500 metri, per comprare il giornale, che aveva sotto il braccio; non veniva provato che si fosse allontanato per un improvviso calo di zuccheri dovuto alla sua patologia diabetica, come invece dedotto nella sede disciplinare;

– La Centrale operativa non era stata avvisata dell’allontanamento;

– Il cancelletto pedonale era stato lasciato socchiuso e la porta della guardiola aperta;

– Eventuali estranei avrebbero potuto introdursi, attraverso il cancelletto pedonale, nel perimetro aziendale esterno mentre i locali dell'(OMISSIS) erano chiusi e con il sistema di allarme inserito.

Il giudice del merito ha escluso che la condotta così rappresentata possa configurare tanto la fattispecie dell’abbandono del posto di lavoro prevista dal codice disciplinare (art. 140 del CCNL) come giustificativa del licenziamento che, in ogni caso, la giusta causa ex art. 2119 c.c..

In particolare la Corte di merito ha definito l’abbandono del posto di lavoro come “un’assenza non momentanea che provochi una significativa interruzione della prestazione lavorativa ed alla quale corrisponda sul versante soggettivo, la coscienza e volontà del lavoratore di sottrarsi all’adempimento delle proprie obbligazioni” e l’allontanamento momentaneo come ipotesi in cui il lavoratore “non intende affatto sottrarsi ai propri obblighi ma per esigenze personali… sospende per breve tempo la sua prestazione”.

Tale distinzione presenta il vizio di violazione dell’art. 140 del CCNL. La individuazione della più grave fattispecie giustificativa del licenziamento rispetto alla ipotesi dell’allontanamento momentaneo viene fatta discendere in sentenza, in ragione di quanto argomentato, dal fine perseguito dal lavoratore piuttosto che dalla coscienza e volontà di sottrarsi temporaneamente all’adempimento delle proprie obbligazioni (volontà che appare sussistere in ambedue le fattispecie definite dal giudice dell’appello).

La finalità di soddisfare esigenze personali renderebbe, per quanto esposto nella sentenza impugnata, meno grave l’addebito giacchè la affermata differenza sotto il profilo oggettivo tra “assenza non momentanea” – che costituirebbe abbandono – e “sospensione per breve tempo della prestazione” – configurante mero allontanamento – resta priva di un reale significato.

La valorizzazione del motivo dell’allontanamento non trova, invece, riscontro nella previsione del codice disciplinare.

La fattispecie dell’abbandono del posto di lavoro presenta, sulla base del significato etimologico del termine e della interpretazione già indicata dalla giurisprudenza di questa Corte, una duplice connotazione, soggettiva ed oggettiva:

– Sotto il profilo oggettivo rileva l’intensità dell’inadempimento agli obblighi di sorveglianza, dovendosi l’abbandono identificare nel totale distacco dal bene da proteggere (o, se sì vuole, nella completa dismissione della condotta di protezione).

Costituiscono elementi di valutazione della condotta del dipendente l’eventuale previo accordo con altri responsabili della sorveglianza del sito e l’adozione di cautele atte a mettere il bene in sicurezza ed, in generale, l’idoneità dell’inadempimento del lavoratore a pregiudicare le esigenze di prevenzione proprie del servizio svolto. La stessa durata nel tempo della condotta contestata deve essere apprezzata non già in senso assoluto ma in relazione alla sua possibilità di incidere sulle esigenze del servizio (cfr. Cass. sez. lav. 7296/98 n e nr. 5804/1987), dovendosi invece escludere che l’abbandono richieda una durata protratta per l’intero orario residuo del turno di servizio svolto. Tale apprezzamento, poi, deve essere compiuto con giudizio ex ante, relativo al momento dell’inadempimento e non già ex post, alla luce del concreto verificarsi dei fatti, che resta del tutto estraneo alla sfera di intervento e controllo del dipendente; sul punto non appare condivisibile il giudizio della corte territoriale che sottolinea il mancato verificarsi in concreto del danno.

Sotto il profilo soggettivo deve evidenziarsi, in continuità con Cass. nr. 22054/2014, che l’abbandono richiede un elemento volontaristico consistente nella semplice coscienza e volontà della condotta di abbandono (nel senso qui definito), indipendentemente dalle finalità perseguite (e salva la configurabilità di cause scriminantì); del resto in ambito penalistico anche il reato militare di abbandono di posto – di cui all’art. 120 cp.m.p. – è un reato a dolo generico (Cass. pen. 39449/2007;5030/2008).

Analoghi vizi si rilevano quanto alla qualificazione della condotta del dipendente a tenore dell’articolo 2119 cc. giacche la gravità della mancanza viene apprezzata in relazione alla brevità della assenza ed alla chiusura – con inserimento del sistema di allarme – dei locali commerciali sorvegliati, senza valutare in concreto la intensità del potenziale pregiudizio derivante dall’apertura del cancello pedonale di accesso e del locale della portineria e dalla mancata adozione di ogni cautela per la protezione del sito.

La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata e gli atti rinviati ad altro giudice, che si individua nella Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, che provvederà ad un nuovo esame di fatti alla luce del principio di diritto sopra esposto.

Resta assorbito l’esame del terzo e quarto motivo di ricorso.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese.

PQM

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2016

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