Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15438 del 03/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2021, (ud. 05/03/2021, dep. 03/06/2021), n.15438

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37004-2019 proposto da:

G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato SALVATORE MILITELLO;

– ricorrente –

contro

M.S., GI.AL., GI.LO.,

R.A., RA.AL., GI.AN.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1455/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 10/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 05/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA

GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. II giudizio trae originale dalla domanda proposta di g.a. e Gi.An., dinanzi al Tribunale di Termini Imerese, nei confronti di G.C., con la quale chiesero fosse riconosciuta la legittimità del recesso, esercitato con raccomandata del (OMISSIS), in relazione al contratto preliminare concluso inter partes con conseguente diritto di ritenere la caparra confirmatoria e, inoltre, che fosse dichiarata tamquam non esset la clausola del preliminare che prevedeva che il possesso degli immobili sarebbe rimasto in capo al promissario acquirente anche nell’ipotesi in cui non fosse stata data attuazione al contratto.

1.1. Gli attori esposero di aver promesso in vendita al convenuto, con scrittura privata del (OMISSIS), un bene immobile in (OMISSIS) al prezzo complessivo di Euro 10.500,00 e che detta somma, alla quale era stato attribuito valore di caparra confirmatoria, era stata interamente corrisposta dal promissario acquirente con l’accordo che l’atto pubblico avrebbe dovuto essere stipulato a semplice richiesta del promissario acquirente e, comunque, entro e non oltre il (OMISSIS). Lamentarono che il convenuto non si era mai attivato per eseguire il frazionamento, non rispondendo alle numerose sollecitazioni inviategli, nè all’invito formulato presso il notaio prescelto ai fini della stipula dell’atto pubblico.

1.2. All’esito dei giudizi di merito, la Corte d’appello di Palermo confermò la sentenza di primo grado, che, previo accertamento dell’inadempimento contrattuale imputabile al convenuto, avente ad oggetto la mancata esecuzione del frazionamento dell’immobile, dichiarava risolto il contratto per l’intervenuto recesso degli attori, ai sensi dell’art. 1385 c.c., comma 2, e, per l’effetto, riconosceva agli attori il diritto di ritenzione della somma originariamente corrisposta dal G.C..

1.3. La corte di merito, sulla base dell’interpretazione del contratto e del comportamento delle parti ritenne che il promittente acquirente non aveva adempiuto all’obbligo, espressamente previsto nella scrittura privata, di procedere al frazionamento; detta interpretazione era corroborato dall’ulteriore previsione secondo cui l’atto pubblico doveva essere stipulato a mera richiesta del promittente venditore che aveva ripetutamente sollecitato il convenuto alla stipula dell’atto pubblico. Tale circostanza, peraltro, concludeva la corte, risultava avvalorata dalla mancata comparizione dell’appellante dinanzi al notaio in data (OMISSIS).

2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso G.C. sulla base di tre motivi.

2.1. Gi.An. e gli eredi di g.a., indicati in epigrafe, non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la “nullità della sentenza per violazione/falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e ss., in relazione all’art. 1362 c.p.c., n. 3 – inadeguatezza della motivazione – violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale” per avere la corte distrettuale erroneamente applicato le regole di interpretazione dei contratti sulla base di una lettura fuorviante del testo negoziale, che prevederebbe l’obbligo posto a carico del promittente acquirente di sostenere le spese di frazionamento e non l’obbligo di procedere alle attività finalizzate ad ottenere il frazionamento. L’irragionevolezza dell’operazione ermeneutica compiuta risulterebbe inoltre dall’omesso esame della previsione negoziale in forza della quale, in difetto di frazionamento, la parte promittente venditrice sarebbe legittimata a ritenere la caparra confirmatoria, di ammontare pari al corrispettivo della vendita pattuita, riconoscendo, al contempo, alla parte promissaria acquirente la facoltà di conseguire il mero possesso del bene.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. Per orientamento o consolidato di questa Corte, l’attività di interpretazione del contratto come un tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in cassazione solo sotto il profilo del difetto di motivazione o della violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (cfr. ex multis Cass. civ, 05.07.2004, n. 12289; Cass. sez. L, 09.02.2021; n. 3115).

1.3. La possibilità di censurare tale accertamento in sede di legittimità è limitata al caso di violazione delle norme ermeneutiche, violazione da dedursi, peraltro, con la specifica indicazione nel ricorso per cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia da esse discostato, poichè, in caso contrario, la critica alla ricostruzione del contenuto della comune volontà si sostanzia nella proposta di un’inammissibile interpretazione diversa (Cass., 23.08.2006, n. 18375; Cass. 13.12.2006, n. 26683; Cass. 08.03.2017, n. 5795).

1.4. Come noto, i canoni legali di ermeneutica contrattuale sono governati da un principio di gerarchia – desumibile dal sistema delle stesse regole – in forza del quale i canoni strettamente interpretativi prevalgono su quelli interpretativi-integrativi e ne escludono la concreta operatività, quando l’applicazione degli stessi canoni strettamente interpretativi risulti, da sola, sufficiente per rendere palese la comune intenzione delle parti. Nell’ambito dei canoni strettamente interpretativi, poi, risulta prioritario il canone fondato sul significato letterale delle parole; ciò perchè l’art. 1362 c.c., comma 2, che invita a identificare il significato dell’atto in base al comportamento complessivo delle parti, va applicato in via sussidiaria, ove la interpretazione letterale e logica sia insufficiente (Cass., sez. III, 13.08.2015; n. 16795).

1.5. La rigida applicazione di siffatto principio non rende, tuttavia, incensurabili, in questa sede, quelle operazioni interpretative che, pur essendo conformi alle regole legali di ermeneutica contrattuale normativamente previste e adeguatamente motivate, risultino, tuttavia, carenti di un ulteriore requisito: la plausibilità del risultato interpretativo. L’assoluta centralità di siffatto requisito, nella conduzione delle operazioni di esegesi negoziale, risulta chiaramente comprovata dal granitico orientamento di questa corte, secondo cui “in tema di ermeneutica contrattuale, l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni” (Cass. civ., sez. III, n. 24539 del 20.11.2009; Cass. civ., sez. I, n. 10131 del 02.05.2006).

1.6. Nel caso di specie, la corte di merito ha violato l’art. 1362 c.c., in quanto non ha tenuto conto della formulazione letterale del contratto, dal quale emergeva che erano poste a carico del promittente acquirente le spese del frazionamento e non anche lo svolgimento delle attività propedeutiche al frazionamento (la clausola testualmente prevede che “tutte le spese di frazionamento urbanistico e catastale saranno a carico del promittente acquirente”).

1.7. Legittimato a richiedere il frazionamento è il proprietario, al quale sono demandati gli adempimenti relativi alla presentazione del progetto all’amministrazione comunale territorialmente competente.

1.8. A fronte della chiara previsione del testo contrattuale, l’interpretazione della corte di merito si fonda su criteri sussidiari, come il comportamento delle parti che ha carattere sussidiario e si presta a letture equivoche in quanto la mancata presentazione innanzi al notaio per la conclusione del contratto definitivo può essere determinata dall’inadempimento della controparte.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la violazione di legge per omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la corte distrettuale, nell’espletamento dell’attività di ermeneutica contrattuale, posto in evidenza alcune circostanze decisive che, se correttamente interpretate, avrebbero condotto ad un risultato diverso da quello accolto. In particolare, la corte di merito non avrebbe considerato che il contratto di compravendita oggetto di giudizio era condizionato all’assolvimento dell’onere di frazionamento in capo alle parti promittenti venditrici il cui inadempimento avrebbe dato luogo alla mancata stipula dell’atto pubblico definitivo; che il testo negoziale disciplinava espressamente, in caso di mancato avveramento della condizione sospensiva, gli effetti contrattuali; che, infine, il prezzo della vendita fosse stato interamente versato dalla parte promissaria acquirente e che, conseguentemente, il preliminare fosse da considerare completo in tutti i suoi elementi, per cui il giudice avrebbe dovuto, al più, pronunciare sentenza ex art. 2932 c.c..

2.1. Il motivo è inammissibile per l’esistenza di una “doppia conforme”, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, in quanto il giudizio d’appello è stato introdotto in data successiva all’11.9.2012.

3. E’ assorbito il terzo motivo di ricorso, con il quale si censura la regolamentazione delle spese di lite.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo ed assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità innanzi alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte di cassazione, il 5 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2021

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