Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15435 del 20/07/2020
Cassazione civile sez. VI, 20/07/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 20/07/2020), n.15435
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 22901-2018 proposto da:
D.P.E., V.G., V.N.,
VA.GI., V.A., V.M., tutti in proprio ed in qualità
di eredi del sig. V.E., elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA MONTEBELLO 109, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE
SERAFINO, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA SALUTE 96047640584, in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 300/2018 della CORTE d’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 20/01/2018 ed avverso la sentenza del TRIBUNALE di
NAPOLI n. 04746 del 2011 depositata il 19 aprile 2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CRISTIANO
VALLE, osserva:
Fatto
FATTI DI CAUSA
D.P.E., V.G., N., Gi., A. e M., quali eredi di V.E., deceduto nel 2017, ricorrono avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli, n. 300 del 20/01/2018, che ha confermato quella di primo grado del Tribunale della stessa sede. L’impugnazione di legittimità è rivolta, altresì, avverso la sentenza del Tribunale di Napoli del 16 marzo – 19 aprile 2011. I giudici di merito hanno ritenuto prescritto il diritto al risarcimento dei danni da emotrasfusione.
Resiste con controricorso il Ministero della Salute.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione secondo il rito dell’adunanza camerale non partecipata di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.
E’ stata formulata proposta di manifesta infondatezza del ricorso, notificata alle parti in una con il decreto presidenziale di fissazione dell’adunanza camerale.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso deducono: il primo violazione degli artt. 2935 e 2947 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5; il secondo “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione all’art. 2947 c.c.”; il terzo: “violazione di legge per carenza di istruttoria”; il quarto concerne la regolazione delle spese del giudizio.
Il primo motivo è infondato: la valutazione in fatto compiuta dai giudici di merito in ordine all’individuazione del momento di conoscenza del nesso causale in epoca antecedente al 2006 e risalente agli anni 1984-1989 non è implausibile ed è fondata su un’ampia e corretta diamina degli atti di causa, e segnatamente delle diagnosi di malattie suscettibili di evolversi in cirrosi epatica e che vennero segnalate al dante causa degli odierni ricorrenti in detto arco temporale. La conclusione alla quale è pervenuta la Corte distrettuale è coerente con l’orientamento di legittimità, al quale il Collegio intende dare seguito, più volte ribadito (Cass. n. 27757 del 22/11/2017 e più di recente n. 17421 del 28/06/2019) nella materia dei danni da emotras fusioni: “In tema di responsabilità per i danni conseguenti ad infe.zioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da pazienti emotrasfusi, la presentaione della domanda di indenniuo, di cui alla L. n. 210 del 1992, attesta l’esistetka, in capo al malato e ai familiari, della consapevoleua che queste siano da collegare causalmente con le trasfusioni e, pertanto, segna il limite ultimo di decorretka del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, a norma dell’art. 2935 c.c. e art. 2947 c.c., comma 1, ma ciò non esclude che il giudice di merito individui in un momento precedente l’avvenuta consapevole del suddetto collegamento sulla base di un accertamento in fatto adeguatamente motivato”.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto la motivazione del provvedimento impugnato è chiaramente espressa ed agevolmente intellegibile e comunque si ricava agevolmente, segnatamente dalle pagg. 3, 4 e 5 della sentenza d’appello. Il mezzo è formulato richiamando l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, evidentemente nell’attuale formulazione, risalente al 2012, ma chiaramente denuncia una contraddittorietà della motivazione, in più parti, secondo il precedente paradigma normativo. Il riferimento, nel secondo mezzo, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, tende ad ottenere un riesame di tutte le risultanze di causa, il che è precluso in sede di legittimità.
Il terzo motivo non è sussumibile in alcuna delle previsioni di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1 ed è, pertanto, inammissibile.
Il quarto è un cosiddetto non-motivo, in quanto relativo alle spese di lite, la cui sorte è normativamente ancorata alla soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., salvo che ricorrano ragioni di compensazione, alla stregua dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella specie non sussistenti, neppure alla stregua del mutato contesto normativo (Corte Cost. n. 77 del 19 aprile 2018 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo modificato dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, comma 1, convertito, con modificazioni, nella L. 10 novembre 2014, n. 162, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni).
L’impugnazione è rivolta, come tratteggiato, anche contro la sentenza del Tribunale di Napoli n. 04746 del 2011.
Il ricorso avverso detto provvedimento è inammissibile in quanto proposto avverso la sentenza di primo grado, al di fuori delle eccezionali ipotesi espressamente consentite.
Il ricorso è, inoltre, inammissibile laddove formula quesiti in base all’art. 366 bis c.p.c., norma abrogata dal 04/07/09, giusta il disposto della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett d).
Il ricorso è, pertanto, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza ej tenuto conto del valore della causa e dell’attività defensionale, sono liquidate come da dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito, oltre CA e IVA per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 6 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2020