Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15434 del 03/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2021, (ud. 16/03/2021, dep. 03/06/2021), n.15434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32832-2019 proposto da:

C.C., + ALTRI OMESSI, quali eredi del Dott.

P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 99,

presso lo studio dell’avvocato CARMINE PUNZI, che li rappresenta e

difende unitamente agli avvocati ALBERTO TEDOLDI, ANTONIO D’ALESSIO,

GIUSEPPE SQUASSABIA;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, MINISTERO

DELLA SALUTE, (OMISSIS), MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLA FINANZE,

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 2499/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 16/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO

PORRECA.

 

Fatto

CONSIDERATO

Che:

C.C. e altri medici convenivano in giudizio la Presidenza del consiglio dei ministri, i Ministeri dell’istruzione università e ricerca, della salute, dell’economia e finanze, esponendo di aver frequentato corsi di specializzazione successivamente al 1982, quando erano state già emanate le Dir. dell’Unione Europea n. 75/362/CEE, Dir. dell’Unione Europea n. 75/363/CEE, Dir. dell’Unione Europea n. 82/76/CEE, quest’ultima trasposta solo con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, sicchè avevano diritto alla remunerazione prevista da quest’ultimo testo normativo oltre interessi e maggior danno;

il Tribunale, pur ritenendo sussistenti i fatti costitutivi della domanda, rilevava l’estinzione del credito per prescrizione, con pronuncia confermata dalla Corte di appello la cui decisione, viceversa, era cassata da questa Corte con sentenza n. 23580 del 2011, che escludeva la possibilità di valutare maturato il periodo prescrizionale;

nel giudizio di rinvio la Corte di appello liquidava la spettanza secondo il parametro della L. n. 370 del 1999, art. 11, escludendo la rivalutazione e accordando interessi legali dalla domanda al saldo;

avverso questa decisione ricorrono nuovamente per cassazione gli intestati deducenti articolando tre motivi, corredati da memoria;

sono rimaste intimate le amministrazioni.

Diritto

RILEVATO

Che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,132,324,329,342,346,394, c.p.c., artt. 1218,2909,1223, c.c., delle Dir. UE n. 76 del 1982 e n. 16 del 1993, del D.Lgs. n. 257 del 1991, e della L. n. 370 del 1999, poichè la Corte di appello avrebbe errato violando apoditticamente il giudicato interno in quanto nella decisione di prime cure era stata affermata esplicitamente la spettanza della remunerazione secondo il D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 14 preleggi, e della L. n. 370 del 1999, art. 11,artt. 1223 e 1224 c.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato obliterando la natura di credito di valore di quello oggetto di pretesa e così: escludendo la rivalutazione monetaria; non considerando, oltre agli interessi, la spettanza del maggior danno; facendo decorrere gli interessi dalla domanda piuttosto che aggiungerli sulle somme tempo per tempo rivalutate dalla verificazione del pregiudizio;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92, c.p.c., poichè la Corte di appello avrebbe compensato le spese processuali senza idonea motivazione;

Ritenuto che:

il primo motivo è infondato;

questa Corte ha di recente statuito che la proposizione dell’appello in ordine alla sola statuizione sulla prescrizione non determina la formazione del giudicato interno sulla spettanza del diritto, in astratto riconosciuta in primo grado, se l’esame della questione sulla prescrizione non sia limitato all’identificazione del “dies a quo” o all’esistenza di cause interruttive, ma involga la qualificazione del diritto stesso (Cass., 24/01/2020, n. 1587; infatti, quando la domanda è rigettata in primo grado in applicazione del termine di prescrizione correlato alla sua qualificazione giuridica, se il giudice dell’impugnazione procede a una diversa qualificazione della stessa, alla quale è riferibile un differente termine prescrizionale, non può operare il giudicato interno sul termine di prescrizione individuato dal primo giudice in correlazione alla qualificazione originaria della domanda (Cass., 10/02/2017, n. 3539);

l’odierna vicenda processuale conferma quest’ultimo rilievo, posto che questa Corte, con la decisione n. 23580 del 2011, ha accolto il ricorso escludendo l’esistenza della prescrizione, sulla base di una diversa qualificazione (e configurazione) del diritto, e cioè non quella effettuata dal Tribunale, ma quella derivante dalla L. n. 370 del 1999, art. 11;

il secondo motivo è parzialmente fondato;

in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle Dir. comunitarie n. 75/362/CEE e Dir. comunitarie n. 82/76/CEE, in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, a seguito dell’intervento con il quale il legislatore – dettando la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11 – ha effettuato una “aestimatio” del danno, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione avente natura di debito di valuta, rispetto alla quale – secondo le regole generali di cui agli artt. 1219 e 1224 c.c. – gli interessi legali possono essere riconosciuti dall’eventuale messa in mora o, in difetto, dalla notificazione della domanda giudiziale, con la conseguenza che va esclusa la spettanza della rivalutazione e dei correlati interessi compensativi, salva rigorosa prova, da parte del danneggiato, di circostanze diverse da quelle normali, tempestivamente e analiticamente dedotte in giudizio prima della maturazione delle preclusioni assertive o di merito e di quelle istruttori (cfr., ad esempio, Cass. 14/01/2020, n. 1641) da dimostrare in sede di legittimità in ossequio alla previsione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469);

quanto al maggior danno, invece, il motivo in effetti deduce, correttamente, un’omessa pronuncia (pag. 6 e lett. ii) pag. 29 del ricorso), concretamente riscontrabile (e in relazione alla quale si può richiamare la contigua nomofilachia riferibile a Cass. 09/02/2012, n. 1917, evocata da ultimo, ad esempio, da Cass., Sez. U., 27/11/2018, n. 30649, punto 5.3.);

il terzo motivo è assorbito;

spese al giudice del rinvio.

PQM

La Corte, rigetta il primo motivo, accoglie parzialmente il secondo, assorbito il terzo, cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma perchè, in altra composizione, si pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2021

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