Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15431 del 22/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15431 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: BIELLI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Marilena MOHRHOFF, residente a Roma via Imera n. 2, elettivamente
domiciliata in Roma, viale Giulio Cesare A. 118, presso lo studio
dell’avvocato Gianfranco Polinari, che la rappresenta e difende giusta
procura speciale in calce al ricorso

– ricorrente –

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura generale dello
Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente

Data pubblicazione: 22/07/2015

avverso la sentenza n. 95/3/09 della Commissione tributaria regionale del
Lazio, depositata il 22 giugno 2009, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16

udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore generale dottor
Umberto De Augustinis, che ha concluso per la dichiarazione di
inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
1.— Con sentenza n. 95/3109, depositata il 22 giugno 2009, non notificata, la Commissione
tributaria regionale del Lazio (hinc: «CTR») accoglieva, in riforma della sentenza di primo grado,
l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti della contribuente Marilena
MOHRHOFF avverso la sentenza n. 154/27/2007 della Commissione tributaria provinciale di
Roma (hinc: «CTP»), compensando, per «la natura della questione», le spese del grado.
Il giudice di appello premetteva che: a) con avviso di accertamento, l’Agenzia delle entrate
aveva rideterminato in via presuntiva ai fini IVA, in applicazione dei parametri di cui al d.P.C. m.
29 gennaio 1996, in lire 117.756.00 0(in luogo delle dichiarate lire 50.099.000) il reddito percepito
nel 1999 dalla suddetta contribuente in relazione alla sua attività di lavoratrice autonoma (quale
psicologa); b) la MOHRHOFF aveva impugnato l’avviso deducendo che: b.1.) nel 1998 aveva
ridotto la sua attività a séguito di una diagnosticata ipertensione; b.2.) anche nel 1999 aveva ridotto
l’attività professionale, perché, nella sua qualità di CTU, era stata destinataria di querela ed aveva
subíto un procedimento disciplinare davanti all’Ordine degli psicologi; b.3.) nel 2003 aveva patito
due infarti e vari ricoveri ospedalieri, con ulteriore riduzione del volume d’affari; c) l’ufficio
tributario aveva resistito opponendo l’inesistenza di prove idonee a superare le risultanze degli
applicati parametri; d) la decisione della CTP, che aveva accolto il ricorso, era stata appellata
dall’Agenzia delle entrate la quale aveva ribadito l’inesistenza di prove idonee a superare le
risultanze parametriche; e) la contribuente aveva insistito nelle già espresse posizioni.
Su queste premesse, la CTR, nell’accogliere l’appello, rilevava che: a) l’applicazione dei
parametri aveva comportato l’inversione dell’onere probatorio, ribaltandolo sulla contribuente; b)
quest’ultima non aveva fornito prova contraria sia perché l’ipertensione del 1998 (asseritamente

giugno 2015 dal consigliere dottor Stefano Bielli;

diagnosticata a suo tempo dal medico di base) non era stata documentata con referti o certificati, sia
perché il procedimento penale per falsa perizia, in quanto iscritto il 14 ottobre 1999 (e poi
archiviato il 3 marzo 2000), aveva potuto ridurre l’attività professionale della contribuente solo in
epoca successiva al 1999, sia perché, infine, le altre vicende indicate dalla parte erano tutte
successive allo stesso 1999 (il procedimento disciplinare era stato instaurato solo nel 2000; gli
infarti risalivano al 2003).

affidato ad un unico, complesso motivo, notificato il 3 marzo 2010.
3.—L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso notificato l’ 8 — 9 aprile 2010).
Considerato in diritto
1.

Con un unico e complesso motivo del ricorso, la ricorrente denuncia — in relazione

all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.— la violazione e falsa applicazione dell’art. 3,
commi «184 — 179» della legge n. 546 del 1995, nonché dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973.
Secondo la MOHRHOFF, la CTR, nel ritenere che l’applicazione dei parametri di cui al d.P.C. m.
29 gennaio 1996 comporta Donere per la parte privata (rimasto insoddisfatto) di superare la
presunzione derivante dai parametri, non avrebbe considerato che: a) l’ufficio tributario deve
indicare, a pena di nullità, le ragioni per cui non ha ritenuto valide, in relazione alla specificità del
caso, le giustificazioni addotte dalla contribuente; b) la parte aveva prodotto riscontri documentali
alle proprie giustificazioni di parte; c) occorreva procedere a valutazioni specifiche del caso
concreto.

1.1. Il motivo è inammissibile, sia perché cumula inestricabilmente la deduzione di vizi di

violazione di legge e di vizi motivazionali; sia perché è privo di quesiti di diritto e di momenti di
sintesi; sia perché oscilla tra censure riferite all’avviso impugnato ed alla sentenza di appello; sia
perché è generico (non vengono indicati i fatti omessi o mal valutati); sia perché è privo di
autosufficienza (tanto da impedire di valutare la eventuale novità delle deduzioni); sia perché è
comunque e sostanzialmente diretto ad una rivalutazione (non consentita al giudice di legittimità)
delle prove già esaminate dalla CTR. Inoltre, si basa sull’erroneo presupposto di fatto che la CTR
non abbia preso in considerazione le deduzioni della contribuente dirette a superare la presunzione
nascente dall’applicazione dei parametri. In realtà, il giudice di appello (come riferito nella parte
narrativa di questa sentenza, al terzo periodo del punto 1.) ha puntualmente esaminato e discusso
tutte le giustificazioni addotte dalla parte, escludendo la sussistenza della prova ad esse relativa o la
loro pertinenza, con motivazione esente da vizi logici e non arbitraria: non sussiste, pertanto alcuna
violazione di legge né alcun vizio motivazionale.

2.— Avverso la sentenza di appello, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione

2. Le spese seguono la soccombenza della ricorrente.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile l’unico motivo di ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla
controricorrente Agenzia delle entrate le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in
complessivi E 1.450,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Il consigliere estensore

2.

Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 16 giugno 2015.

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