Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15430 del 22/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15430 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: BIELLI STEFANO

SENTENZA

229
‘-27-Pt sul ricorso proposto da:
Costantino

MONTAGNA,

residente a San Martino in Pensilis (CB), via

Raffaele Mezzalingua n. 5, elettivamente domiciliato, unitamente al
proprio difensore avvocato Angelo Sbrocca, che lo rappresenta e difende
giusta procura speciale a margine del ricorso, in Roma, viale Regina
Margherita, n. 262/264, presso lo studio dell’avvocato Cataldo D’Andria

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata
in Roma, via dei Portoghesi, n.

12,

presso l’Avvocatura generale dello

Stato, che la rappresenta e difende

– intimata –

Data pubblicazione: 22/07/2015

?ki

e
Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro,
domiciliato in Roma, •via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura
generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis
intimato

avverso la sentenza n. 15/2/09 della Commissione tributaria regionale del
Molise, depositata il 13 gennaio 2009, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16
giugno 2015 dal consigliere dottor Stefano Bielli;
udito, per il ricorrente, l’avvocato Vincenza Casale, su delega
dell’avvocato Angelo Sbrocca, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore generale dottor
Umberto De Augustinis, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza n. 15/2/09, depositata il 13 gennaio 2009 e non notificata, la Commissione

tributaria regionale del Molise (hinc: «CTR») rigettava l’appello proposto dal contribuente
Costantino MONTAGNA nei confronti dell’Agenzia delle entrate, avverso la sentenza n.
194/02/2006 della Commissione tributaria provinciale di Campobasso

(hinc: «CTP»), con

compensazione delle spese di lite.
Il giudice di appello premetteva che: a) a séguito di un processo verbale di constatazione
della Guardia di finanza di Larino (hinc: «pvc»), redatto a séguito di una verifica fiscale effettuata
nei confronti della ditta Iacurti Angelina di S. Croce di Magliano, l’Agenzia delle entrate aveva
emesso un avviso di accertamento relativo all’IRPEF, LRAP ed IVA del 1999; b) il ricorso proposto
dal contribuente avverso detto avviso (censurato per difetto di valutazione e di prova dei fatti,
riguardanti un terzo) era state) rigettato dall’adita CT?; c) il contribuente aveva appellato la
decisione, affermando che le fatture della ditta Iacurti Angelina riguardavano operazioni
effettivamente esistenti; d) l’amministrazione finanziaria (già costituita in primo grado) resisteva
confutando le argomentazioni avversarie.
Su queste premesse, la C’TR, rigettando l’appello, rilevava che: a) v’erano discutibili aspetti

in ordine alla formulazione dei rilievi; h) inoltre, il verbale, elevato nei confronti della ditta Iacurti,
per essere validamente richiamato nell’avviso di accertamento nei confronti del Montagna, doveva
formare parte integrante dell’avviso a lui diretto; c) tuttavia, l’accertamento non era in contrasto, nel
suo complesso, con la normativa vigente; d) il Montagna non aveva fornito prova idonea a
confutare quanto affermato dai verbalizzanti.
2.— Avverso la sentenza di appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione

dell’economia e delle finanze e seguito dalla produzione di ulteriori documenti (due pronunce della
CTR, n. 29/02/11 e n.79/3/11, emesse nei confronti di Giuseppe Montagna, figlio del ricorrente, per
gli anni d’imposta dal 2000 al 2001; la sentenza n. 155/2010, depositata il 30 giugno 2010, emessa
dal Tribunale penale di Larino, sezione distaccata di Termoli, con cui, tra gli altri imputati,
Costantino Montagna è stato assolto , per insussistenza del fatto, dall’imputazione del reato di cui
all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000, per avere utilizzato, nella dichiarazione dell’IVA del 1999, con
riferimento alla sua attività di impresa individuale, «cessata in data 31 dicembre 1999», fatture
fittizie emesse dalla ditta Iacurti Angelina).
3.— L’Agenzia delle entrate deposita un atto nel quale chiede di ricevere l’avviso di
fissazione dell’udienza di discussione della causa.

Considerato in diritto
1.

Occorre preliminarmente dichiarare inammissibile, per difetto della legittimazione

passiva, il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze. Tale
amministrazione statale, infatti, non ha assunto la posizione di parte processuale nel giudizio di
appello, che è stato instaurato dai contribuenti nei confronti della sola Agenzia delle entrate nel
2007. Va poi ricordato che dal 1° gennaio 2001 (per effetto dell’art. 1 del d.m. 28 dicembre 2000) le
Agenzie fiscali sono subentrate nella titolarità dei rapporti giuridici e dei poteri già di pertinenza dei
dipartimenti ministeriali delle dogane e delle imposte indirette, delle entrate e del territorio e sono
altresí subentrate ex lege a titolo di speciale e particolare successione nella gestione dei rapporti
giuridici tributari pendenti in cui era parte detta Amministrazione statale (ex plurimis: Cass. sezioni
unite n. 3118 del 2006; n. 2608 del 2007). Ne segue che, nei procedimenti introdotti
successivamente alla predetta data (come nella specie, in cui il ricorso introduttivo è del 18 maggio
2005: v. pag. 4 del ricorso per cassazione), la legittimazione ad causam e ad processum spetta
esclusivamente all’Agenzia fiscale competente (ex plurimis: Cass. sent. n. 22889 del 2006, n. 22992
del 2010, n. 8177 del 2011; n. 1566, n. 7234, n. 7865 e n. 11233 del 2015).
Il Ministero (che non rappresenta l’Agenzia delle entrate e non è da questa rappresentato:
Cass. n. 22587 del 2006) non si è costituito nel presente giudizio di cassazione e, quindi, le spese di

affidato a tre motivi, notificato il 26 febbraio all’Agenzia delle entrate ed al Ministero

9

lite restano a carico del ricorrente, senza necessità di una specifica statuizione nel dispositivo.
2.— Con il primo motivo del ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate, il
contribuente denuncia — in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. — la violazione
e falsa applicazione degli artt. 7 della legge n. 212 del 2000, 42, comma 2, del d.P.R. n. 600 del
1973, 23 Cost.; il tutto in ragione della mancata allegazione (all’impugnato avviso di accertamento)
del pvc elevato nei confronti della ditta Iacurti, nella parte riguardante le contestazioni concernenti

giudice che, nonostante l’espressa richiesta formulata dal contribuente, ometta di dichiarare la
nullità e/o l’illegittimità di un avviso di accertamento in rettifica che faccia espresso richiamo ad
altro processo verbale di constatazione redatto nei confronti di un diverso contribuente e non
allegato allo stesso avviso né notificato antecedentemente o posteriormente al destinatario dell’atto
di accertamento, peraltro riconoscendo l’illegittimità del comportamento dell’ufficio finanziario
senza però individuare alcuna norma a giustificazione della propria errata statuizione».

2.1.— Il primo motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
Il motivo è inammissibile, perché il quesito sopra riportato è astratto, privo di qualsiasi
riferimento alla fattispecie concreta, inidoneo ad individuare la violazione di legge denunciata.
Inoltre, il medesimo motivo prospetta una censura incompleta, perché il ricorrente trascura di
prospettare l’evenienza (decisiva, in quanto renderebbe palesemente infondata la censura) che
l’avviso di accertamento contenga (eventualmente anche mediante relatio al pve notificato al
contribuente) gli elementi essenziali di quanto esposto in un pvc riguardante terzi e non notificato al
contribuente. La genericità dell’argomentazione del ricorrente induce, anzi, a ritenere che egli
muova dall’erroneo presupposto che l’atto richiamato dall’avviso di accertamento (ovvero dagli atti
ad esso allegati) debba essere comunque allegato dall’amministrazione finanziaria, anche nel caso
in cui l’atto notificato riporti il contenuto essenziale di quello richiamato ma non notificato. La
sentenza della CTR, pertanto, non viene impugnata nella sua reale portata. Il giudice di appello,
invero, si è limitato ad osservare che, nonostante la mancata allegazione (all’avviso di
accertamento) del pvc relativo alla ditta Iacurti, «quanto affermato dai verbalizzanti» era sufficiente
a giustificare la pretesa tributaria e non era stato smentito da alcuna prova contraria. Manca,
pertanto, una affermazione del giudice di appello contraria alle evocate disposizioni. Il motivo di
ricorso sarebbe comunque infondato, perché dalla (sia pur parziale) trascrizione del pvc notificato
al contribuente (pagg. da 31 a n del ricorso per cassazione), risulta che in tale pvc era riportato il
contenuto essenziale del pvc non notificato, con l’indicazione delle fatture della ditta Iacurti ritenute
inesistenti e della documentazione esaminata, nonché con un riferimento alle argomentazioni
esposte nella «premessa» dello stesso pvc notificato al Montagna («premessa», peraltro, non

il Montagna. Formula il seguente quesito (pag. 36 del ricorso): «se» viola le norme evocate «il

trascritta dal ricorrente, con violazione del principio di autosufficienza ed ulteriore causa di
inammissibilità del motivo di ricorso).
3.— Con il secondo motivo del ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate, il
contribuente denuncia — in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. — la
motivazione insufficiente e/o contraddittoria in ordine alla sussistenza dei presupposti della pretesa
tributaria per effetto dell’omessa valutazione di elementi, fatti ed argomentazioni decisivi

seguente quesito motivazionale (pag. 47 del ricorso): «se» viola «gli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. il
giudice [..,] che, nonostante l’espressa richiesta formulata dal contribuente, di prendere in
considerazione prove decisive rappresentate da documenti prodotti […], ne ometta qualsiasi esame
e valutazione, giungendo perciò ad un’errata valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti
per la pretesa tributaria e non indicando inoltre alcuna regula iuris a fondamento della sentenza».
3.1.— Il secondo motivo è inammissibile, perché la sintesi della censura è astratta, priva di
riferimenti alla fattispecie concreta. Inoltre, con il motivo, viene inammissibilmente richiesta, in
sostanza, una nuova valutazione delle risultanze probatorie, non consentita al giudice di legittimità.
Più in dettaglio: a) la deduzione di «contraddittorietà» della sentenza non è sostenuta
dall’indicazione dei passi in contrasto tra loro; b) la contemporanea deduzione di «insufficienza» e
di «contraddittorietà» della motivazione è inammissibile perché prospetta vizi tra loro incompatibili
in relazione agli stessi passi motivazionali (peraltro non indicati). Con riguardo alle ragioni
dell’insufficienza della motivazione della sentenza, la parte ricorrente si limita ad affermare che: 1)
la ditta Iacurti nel 1999 aveva alle sue dipendenze vari lavoratori; 2) la medesima ditta Iacurti nel
1999 non poteva considerarsi evasore totale, perché aveva presentato una dichiarazione IVA; 3)
erano inattendibili le dichiarazioni di dipendenti della ditta Montagna Verlengia e Marini, i quali
non avrebbero visto effettuare le prestazioni lavorative di cui alle fatture ritenute inesistenti
dall’amministrazione finanziaria; 4) v’erano rapporti economici tra la ditta Iacurti e la ditta
Montagna; 5) l’entità degli importi delle fatture e le condizioni patrimoniali del Montagna
dimostravano l’effettività delle forniture; 6) la contabilità regolare e semplificata ed i pagamenti in
contanti dimostravano l’esistenza delle operazioni; 7) non era stato indicato il criterio per
distinguere operazioni inesistenti ed esistenti. Si tratta, come è evidente, di fatti non decisivi o
smentiti dallo stesso ricorso: quanto al punto 1), la circostanza è inconferente in relazione al rilievo
dell’inesistenza delle operazioni fatturate; quanto al punto 2), la circostanza è anch’essa
palesemente inconferente in relazione al medesimo rilievo; quanto al punto 3), il Montagna propone
una diversa valutazione della prova testimoniale, rispetto a quella, non illogica o arbitraria, dei
verbalizzanti, recepita dal giudice di appello; quanto al punto 4), il fatto è inconferente ai fini del

sull’esistenza delle operazioni fornite dalla ditta Iacurti in favore della ditta Montagna. Formula il

rilievo in esame; quanto al punto 5), l’argomentazione è priva di consistenza logica; quanto al punto
6), le circostanze indicate sono irrilevanti ai fini dell’accertamento dell’inesistenza delle operazioni
(il pagamento in contanti, se mai, potrebbe ostacolare la prova dell’esistenza delle operazioni);
quanto al punto 7), infine, lo stesso ricorrente ha fatto riferimento alle dichiarazioni rese da propri
dipendenti come fondamento ‘delle conclusioni dei verbalizzanti (verbalizzanti ai quali ha fatto
cenno adesivo la CTR, ritenendo appunto sufficiente «quanto affermato dai verbalizzanti»).

ricorrente denuncia — in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. — l’omessa
pronuncia, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., sul motivo di appello con il quale il
contribuente aveva censurato l’avviso di accertamento per: a) l’omessa comunicazione e la mancata
allegazione (all’impugnato avviso di accertamento) del pvc relativo alla ditta Iacurti; b) la carenza
dei presupposti della pretesa; c) la mancata precisazione delle ragioni di inesistenza di alcune
operazioni; d) la non adeguatezza del reddito accertato alle effettive condizioni patrimoniali ed
all’effettiva capacità contributiva della parte. Formula il seguente quesito (pag. 49 del ricorso): «se»
viola l’art. 112 cod. proc. civ. « il giudice [.. .] che, nonostante l’espressa richiesta formulata dal
contribuente, di prendere in considerazione le domande, le istanze, le deduzioni e le prove, in
relazione ai specifici motivi di appello, ne ometta qualsiasi esame integrando un

error in

procedendo» senza rispettare ji «principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato e non
indicando inoltre alcuna regula iuris a fondamento della sentenza».

4.1. — Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato. Da un lato è inammissibile
perché il quesito è astratto e generico (in sostanza si denuncia che non vi è stata pronuncia
sull’intero appello); dall’altro è infondato perché il ricorrente non considera che la CTR ha
pronunciato sull’appello, rigettandolo, sia pure con motivazione sintetica (a sua volta generica)
basata sulla doppia argomentazione che i rilievi dell’ufficio tributario non erano illegittimi e che
quanto affermato dai verbalizzanti era sufficiente e non smentito da prova contraria, a nulla
rilevando (sempre per la CTR) né la formulazione “discutibile” dei rilievi stessi né il fatto che il pvc
elevato nei confronti della ditta Iacurti avrebbe dovuto far parte integrante del pvc notificato al
Montagna.

5.— È appena il caso di sottolineare che la documentazione depositata dalla ricorrente dopo
la notifica del ricorso non può essere.)ffl considerazione in questa sede, sia perché non viene dedotto
alcun giudicato esterno, sia pérché nel giudizio di legittimità non possono essere introdotti nuovi
profili di fàtto, sia perché la documentazione è palesemente irrilevante. A tale ultimo riguardo è
sufficiente sottdiineare che: a) le sentenze della CTR riguardano altra ditta individuale (del figlio
del ricorrente), altri anni d’imposta ed altre operazioni rispetto a quanto oggetto della sentenza

4. — Con il terzo motivo del ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate, il

impugnata per cassazione con il ricorso qui in esame; b) la sentenza penale di assoluzione è stata
emessa nei confronti di Costantino Montagna solo per «assenza di prova certa in ordine alla
sussistenza dei fatti criminosi addebitati» e comunque per «prescrizione»; c) in particolare,
l’assenza di prove è motivata dal giudice penale sulla base della deposizione di Giuseppe Verlengia,
il quale non era stato in grado di escludere che alcune opere fossero state realizzate nei cantieri “del
Montagna” dalla ditta Iacurti (con deposizione, però, che, in quanto riferita ad incarichi affidati dal

solo imputato Giuseppe Montagna, che aveva continuato l’impresa del padre Costantino, cessata nel
1999, secondo il capo d’imputazione), e della deposizione del «teste Marini», il quale aveva riferito
solo di lavori eseguiti dopo il 1999 (e pertanto riguardanti, in base al capo d’imputazione, il solo
Giuseppe Montagna); d) gli elementi raccolti nel giudizio penale, di regola, non sono vincolanti per
il giudice tributario, il quale (come giudice di merito) potrà liberamente valutarli (anche in caso di
giudicato penale) quali elementi indiziari.
6.— La mancata costituzione in giudizio degli intimati (la richiesta, avanzata dall’Agenzia

delle entrate, di ricevere l’avviso di fissazione dell’udienza di discussione non comporta
costituzione in giudizio né integra attività difensiva) e la loro mancata partecipazione all’udienza di
discussione impediscono la liquidazione delle spese di lite in loro favore. Le spese di lite del
presente giudizio di legittimità ‘restano, pertanto, a carico del ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’ economia e delle
finanze; dichiara inammissibili i motivi del ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle
entrate.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 16 giugno 2015.
Il consigliere estensore

Il Presidente

Montagna per il passato ed ancora affidati al momento dell’escussione, sembrerebbe riguardare il

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