Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1543 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. II, 21/01/2011, (ud. 07/10/2010, dep. 21/01/2011), n.1543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA

DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato DE NISCO VINCENZO,

rappresentato e difeso dagli avvocati MONTELLA GIOVANNI, ENRICO

PETROZZIELLO, giusta procura a margine del ricorso per revocazione;

– ricorrente –

contro

B.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA G. CARDUCCI 4, presso lo studio dell’avvocato TRAINA DUCCIO

M., che la rappresenta e difende, giusta mandato speciale a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 19975/2007 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA dell’11.4.07, depositata il 26/09/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Elisabetta Nardone (per delega

avv. Giovanni Montella) che si riporta agli scritti ed insiste per

l’accoglimento del ricorso;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. LECCISI

Giampaolo che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Questa Sezione con sentenza n. 19975 del 26 settembre 2007 ha rigettato il ricorso proposto da P.G. per impugnare la sentenza n. 1445/05 della Corte di appello di Firenze, con la quale B.G., erede dell’attore originario G. V., aveva rivendicato “alcuni terreni abusivamente occupati dai convenuti” P.G. e S.F..

Il P. propone ricorso per revocazione, notificato il 10 novembre 2008, al quale ha resistito la B. con controricorso. Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. La relazione comunicata ex art 380 bis c.p.c. e’ del seguente tenore. Il ricorso si articola in due motivi.

Il primo denuncia in epigrafe violazione dell’art. 395, nn. 1 e 3 “dolo della parte e nuovi documenti”.

Lamenta che nel corso del giudizio di merito erano intervenute modifiche catastali che riguardavano la particella 94 e che “tale illecita operazione era stata evidenziata dal geom. C. nella conclusione del suo elaborato e dedotta dallo stesso giudice nella propria sentenza senza adottare i necessari provvedimenti”. Il secondo lamenta violazione dell’art. 395, n. 3, alludendo quindi al ritrovamento di documenti decisivi, ma si sofferma sulle modalita’ di formazione del documento, senza nulla riferire in ordine alle ragioni della mancata produzione del o dei documenti, che secondo la norma invocata deve dipendere da causa di forza maggiore o fatto dell’avversario.

Incongruamente il quesito chiede di stabilire se vi sia stata violazione dell’art. 395, n. 2 (che e’ relativo alle prove riconosciute o dichiarate false) e se “il titolo ottenuto, basato esclusivamente su accertamenti catastali oggi non confermati dallo stesso catasto, sia valida ed efficace”.

Il ricorso e’ inammissibile, giacche’ l’art. 391 bis c.p.c. ammette la revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione solo se esse sono affette da errore di fatto ai sensi dell’art 395 c.p.c., n. 4 ne’ tale limitazione e’ costituzionalmente lesiva del diritto di difesa o di azione o dell’art. 111 Cost.

Va esclusa poi l’applicazione dell’art. 391 ter c.p.c. poiche’ la sentenza di cassazione impugnata non ha deciso la causa nel merito, ma si e’ limitata al rigetto del ricorso.

Va aggiunto che nessun argomento vi e’ comunque speso per dimostrare che vi sia stato ritrovamento dovuto a forza maggiore o causa imputabile alle controparti di un documento decisivo, che abbia cioe’ inciso in modo determinante sulla sentenza della Suprema Corte. Parte controricorrente rileva in proposito che la particella cui si riferisce l’istante non e’ stata oggetto del rogito che, secondo anche la sentenza di questa Corte, ha fissato definitivamente il contenuto della compravendita stipulata tra le parti.

Va aggiunto ancora che, sebbene il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. non sia indispensabile, il ricorso e’ soggetto (Case 5076/08) al disposto dell’art. 366 c.p.c. che prevede che la formulazione del motivo deve risolversi nell’indicazione specifica, chiara ed immediatamente intelligibile, del fatto che si assume avere costituito oggetto dell’errore e nell’esposizione delle ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 cod. proc. civ.. La massima riferita, che si riferisce all’unica ipotesi di revocazione esplicitamente ammessa dalla normativa vigente, vale a maggior ragione anche ove si voglia sostenere la sussistenza di altre ipotesi di revocazione, sempre che la Corte possa darvi ingresso.

Il ricorso e’ pero’ del tutto carente quanto alla ricostruzione dei fatti utili a comprendere in qual modo le vicende del documento ivi esposte abbiano avuto rilevanza nella decisione del Supremo Collegio.

Da ultimo va aggiunto che, al lume dell’art. 398 c.p.c. non puo’ essere considerata ammissibile la richiesta di revocazione delle sentenze di merito rese dal tribunale di Livorno e dalla Corte d’appello di Firenze.

Il Collegio condivide pienamente la relazione, che ha colto i diversi profili di inammissibilita’ e, prima degli altri, quello, di per se’ decisivo, della non soggezione a revocazione – fuori dalle ipotesi, che qui non ricorrono, dell’art. 391 ter c.p.c. – delle sentenze di cassazione in relazione all’art. 395 c.p.c., nn. 1, 2, 3 5 e 6.

Non sussistono gli estremi per la condanna di parte ricorrente ex art 96 c.p.c. atteso che la condanna per risarcimento dei danni per lite temeraria puo’ essere pronunciata anche in sede di giudizio di cassazione, a condizione che il relativo ricorso, oltre che patentemente infondato, sia tale da dimostrare la consapevolezza della sua infondatezza da parte dei ricorrenti e, contemporaneamente, un’ignoranza, gravemente colpevole, della sua inammissibilita’ (Cass. 14789/07; 19976/05; 12149/02).

Nella specie, la recente continua evoluzione normativa e giurisprudenziale sull’istituto consente di ritenere insussistenti i presupposti indicati.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso per revocazione. Condanna parte ricorrente alla refusione al controricorrente delle spese di lite liquidate in Euro 500,00 per onorari, 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile, il 7 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

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