Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15429 del 22/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15429 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: BIELLI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore,
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura
generale dello Stato, che la rappresenta e difende

ricorrente-

Contro

Fausto ORIGLIO CONO, residente a Busto Arsizio (VA), via Tommaso Rodari
n. 47/bis, «domiciliato in Busto Arsizio, via Castelfidardo n. 22»
– intimato avverso la sentenza n. 69/45/09 della Commissione tributaria regionale
della Lombardia, depositata il 18 maggio 2009, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16
giugno 2015 dal consigliere dottor Stefano Bielli;

Data pubblicazione: 22/07/2015

,-

udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore generale dottor
Umberto De Augustinis, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto

1.

Con sentenza n. 69/45/09, depositata il 18 maggio 2009 e non notificata, la

Commissione tributaria regionale della Lombardia (hinc: «CTR») accoglieva l’appello proposto dal
contribuente Fausto ORIGLIO CONO nei confronti dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza

spese di lite, per la «complessità della materia».
Il giudice di appello prqmetteva che: a) il contribuente aveva impugnato davanti alla CTP la
comunicazione con cui l’Agenzia delle entrate aveva rigettato la richiesta di definizione, con
dichiarazione integrativa, di cui al comma 1 dell’art. 9 bis della legge n. 289 del 2002 (condono

delle sanzioni per omessi o ritardati versamenti) in riferimento all’IVA del 2001; b) a sostegno del
ricorso aveva dedotto che il mancato versamento degli ultimi importi dovuti non comportava la
decadenza dal beneficio del condono e che, in ogni caso, le sanzioni dovevano essere rapportate al
residuo ammontare delle rate da pagare; c) l’amministrazione finanziaria aveva resistito, precisando
che, rispetto al dovuto, sarebbero state scomputate solo le rate già versate; d) la CTP aveva rigettato
il ricorso, affermando che il mancato versamento anche di una sola rata inficiava la validità della
dichiarazione integrativa, ed aveva dato mandato all’ufficio tributario per il calcolo di quanto
ancora dovuto; e) il contribuente aveva interposto appello sostenendo che la definizione si era già
perfezionata con il pagamento della prima rate e richiamando a sostegno la circolare n. 4 del 2
febbraio 2007; f) l’appellata Agenzia aveva ribadito che il mancato pagamento anche di una sola
rata della definizione costituiva causa ostativa al perfezionamento del condono, restando cosi
dovuta la sanzione.
Su queste premesse, la CTR motivava l’ accoglimento dell’appello del contribuente con i
seguenti rilievi: a) la dichiarazione integrativa prevista per il condono in esame — di natura
“clemenziale” (non comportante, cioè, un accertamento tributario straordinario) e non “premiale” —
doveva considerarsi di mera scienza, come tale emendabile attraverso il pagamento in misura
inferiore al dovuto; b) il mancato pagamento delle rate successive alla prima non è previsto dal
citato art. 9 bis come causa di decadenza dal beneficio; c) la previsione espressa del mantenimento

del condono in caso di mancato pagamento delle rate successive alla prima è contenuta negli artt. 7,
comma 5, 8, comma 3, 15, comma 5, 16, comma 2, della medesima legge n. n. 289 del 2002,
trattandosi di condoni di tipo “premiale”; d) l’ufficio tributario può imputare i pagamenti già
effettuati secondo i criteri di cui al secondo comma dell’art. 1193 cod. civ. e può attivare la
procedura di riscossione degli omessi versamenti residui e delle sanzioni originariamente applicabili

n. 217/13/2006 della Commissione tributaria provinciale di Varese (hinc: «CT?») e compensava le

ad essi, fermo restando il suddetto beneficio “clemenziale”; e) l’impugnato diniego di condono era,
dunque, illegittimo.
2.— Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per
cassazione affidato ad un unico motivo notificato il 10 — 17 dicembre 2009.
3.—L’intimato Fausto ORIGLIO CONO non ha svolto attività difensiva.
4.—Nel corso della pubblica udienza, viene prospettata la possibilità che la Corte ponga

eurocomunitario del condono di cui all’art. 9-bis della legge n. 289 del 2002.

Considerato in diritto
1. Con l’unico motivo di ricorso, corredato da quesito di diritto, la ricorrente Agenzia delle

entrate denuncia — in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. — la violazione e
falsa applicazione dell’art. 9-bis della legge n. 289 del 2002 (il quale prevede la possibilità di
definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni
presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi o, in caso di mero ritardo, dei
soli interessi, senza aggravi e sanzioni), in quanto la CTR ha erroneamente negato che il condono
previsto da detta disposizione si perfeziona solo con il tempestivo ed integrale pagamento di tutte le
rate indicate dal contribuente nella dichiarazione integrativa prevista dal medesimo articolo.
Il motivo va accolto nella sostanza, sia pure per la ragione dell’incompatibilità del suddetto
condono con l’ordinamento eurounitario.
1.1.— Come risulta dalla sentenza impugnata, il diniego di condono per cui è causa attiene
all’IVA del 2001. Questa Corte, al riguardo, ha pii volte affermato, in tema di condono fiscale, che
le misure clemenziali (come quelle di cui al citato art. 9-bis della legge n. 289 del 2002) o premiali
(come quelle di cui agli artt. 7 ed 8 della medesima legge) comportanti una rinuncia definitiva
dell’Amministrazione alla riscossione di un credito già accertato sono idonee pregiudicare
seriamente il funzionamento del sistema comune dell’IVA, incidendo sulla corretta riscossione di
quanto dovuto, e pertanto contrastano con la VI direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio del 17
maggio 1977, cosí come interpretata dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 17 luglio 2008, in
causa C-132/06. Va perciò disapplicato, con riferimento all’IVA, il citato art. 9- bis della legge n.
289 del 2002, che, in quanto consente di definire una controversia evitando il pagamento di sanzioni
connesse al ritardato od omesso versamento, comporta una rinuncia alle suddette sanzioni che, per il
loro carattere dissuasivo, oltre che repressivo, incidono sul corretto adempimento dell’obbligo di
pagamento del tributo principale (ex plurimis, Cass. n. 19546 del 2011; n. 8110 del 2012; n. 20435
del 2014; n. 420, n. 1003, n. 5953, n. 6667 e n. 7852 del 2015).

fondamento della decisione la questione, rilevabile d’ufficio, della compatibilità con l’ordinamento

Occorre precisare che l’incompatibilità delle misure con cui lo Stato membro rinuncia ad
una corretta applicazione o riscossione di quanto dovuto per IVA va rilevata a prescindere da
specifiche deduzioni di parte. Il principio di effettività contenuto nell’art. 10 del Trattato CE
comporta infatti, come affermato da questa Corte sulla base della giurisprudenza comunitaria,
l’obbligo del giudice nazionale di applicare d’ufficio il diritto comunitario, senza che possano
ostarvi preclusioni procedimentali o processuali, o, nella specie, il carattere chiuso del giudizio di

Sussistono, perciò, i presupposti per non applicare il citato art. 9-bis, in quanto in contrasto
con l’ordinamento eurounitario..
1.2.— Va comunque rammentato, con riferimento al contenuto del motivo di ricorso, che,
secondo il costante orientamento di questa Corte, il condono di cui al citato art. 9-bis della legge n.
289 del 2002 costituisce una forma di condono “clemenziale” e non “premiale” (a differenza, cioè,
dalle fattispecie di cui agli artt. 7, 8, 9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002, le quali attribuiscono al
contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con
regole peculiari rispetto a quello ordinario). Poiché nell’ipotesi di cui all’art. 9-bis non è necessaria,
pertanto, alcuna attività di liquidazione in ordine alla determinazione del quantum, esattamente
indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma
dello stesso articolo, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono si perfeziona solo con l’integrale
pagamento (anche rateale) di quanto dovuto, essendo insufficiente il solo pagamento della prima
rata cui non segua il tempestivo ed integrale versamento di tutte quelle successive (ex plurimis:
Cass. n. 20745 del 2010; n. 19546 del 2011; n. 21364 del 2012; n. 10309, n. 10650, n. 25238 del
2013; n. 20435 del 2014; n. 420, n.7852, n. 8149, n. 8209, n. 8420, n. 9543, n. 10583, n. 10881 del
2015). In particolare, gli artt. 8, 9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002 — nella parte in cui
statuiscono l’efficacia delle ipotesi di condono “premiale” da essi previste, ancorché le rate
successive alla prima non siano integralmente e tempestivamente versate — sono insuscettibili di
applicazione analogica, data la natura eccezionale delle disposizioni in materia di condono (vedi,
specialmente, Cass. del 2011 n. 19546; n. 21364 del 2012).
2.—Per le indicate ragioni, la pronuncia di appello va cassata e, non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, secondo
comma, cod. proc. civ. con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
3.—Il consolidamento della sopra menzionata giurisprudenza(in tema di art. 9-bis della legge
n. 289 del 2002 e dell’incompatibilità di tale condono con l’ordinamento eurocomunitaric) in epoca
successiva al ricorso introduttivo del contribuente induce a compensare integralmente tra le parti le
spese dell’intero giudizio.

cassazione (vedi le sopra citate sentenze di questa Corte).

z

.4

P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso
introduttivo del contribuente; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio

Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 16 giugno 2015.

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