Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15429 del 20/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/07/2020, (ud. 05/06/2020, dep. 20/07/2020), n.15429

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4143-2019 proposto da:

M.F.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PRINCIPE

EUGENIO 15, presso lo studio dell’avvocato MARCO MICHELE PICCIANI,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI PERUGIA;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di PERUGIA, depositato il

14/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA

NAZZICONE.

Fatto

RILEVATO

Che:

viene proposto ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Perugia del 14.12.2018, il quale ha respinto il ricorso avverso il diniego opposto alla domanda di riconoscimento della protezione internazionale o umanitaria;

– che il Ministero dell’interno non ha svolto difese;

– che sono stati ravvisati i presupposti dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RITENUTO

– che il ricorrente denunzia in unico contesto: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, violazione o falsa applicazione dell’art. 1 Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14-17, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7, omesso esame di fatto decisivo; nonchè censura la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6,;

– che il ricorso è inammissibile per la mancata osservanza dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, essendo stata omessa l’esposizione dei fatti di causa;

– che questa Corte ha da tempo chiarito che per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, nonchè lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni: il principio impone cioè che il ricorso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti e atti del processo (cfr. per tutte Cass. n. 1926-15, Cass. n. 13312-18); cosicchè il requisito non è adempiuto laddove i motivi di censura si articolino – come nella specie – in un’inestricabile commistione di elementi senza possibilità di riferirli a una ben delineata fattispecie processuale;

– che in termini si è già pronunciata la Corte (Cass. 3 settembre 2019, n. 22020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove, dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2020

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