Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15429 del 13/07/2011
Cassazione civile sez. VI, 13/07/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 13/07/2011), n.15429
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato President – –
Dott. RORDORF Renato – Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
RODI s.r.l. – Distilleria San Severo, in persona del legale
rappresentante pro tempore, con domicilio eletto in Roma, via XX
Settembre n. 3, presso l’Avv. Miccolis Giuseppe, come da procura a
margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
RODI s.r.l. – Distilleria San Severo, fallita, in persona del
curatore pro tempore;
– intimata –
e contro
F.LLI MUSSI FU GIROLAMO s.r.l. – fallita, in persona del curatore pro
tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Bari n.
1317/09 depositata il 30 dicembre 2009.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
giorno 26 maggio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio
Zanichelli.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Amministratore Unico legale rappresentante della RODI s.r.l. – Distilleria di San Severo – ricorre per cassazione nei confronti della sentenza in epigrafe della Corte d’appello che ha rigettato il reclamo dallo stesso proposto avverso la sentenza del 24.4.2009 con la quale il Tribunale di Foggia ha dichiarato il fallimento della società.
Le intimate curatele non hanno proposto difese.
La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo con il quale si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 24 Cost. nonchè carenza di motivazione su un punto decisivo è per un verso manifestamente infondato e per altro verso inammissibile.
Quanto al primo profilo e cioè alla dedotta violazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 24 Cost. che deriverebbe dall’aver omesso la Corte d’appello di verificare gli elementi che secondo la difesa della debitrice avrebbero dimostrato l’insussistenza dello stato di insolvenza non può che rilevarsi come il giudice del merito abbia dato esauriente motivazione in ordine alla non necessità di approfondire alcuni particolari rapporti dai dubbi contorni posto che era comunque chiaro che un debito sussistesse in capo alla Rodi s.r.l. e come tale debito assumesse dimensioni rilevanti quand’anche dovesse essere circoscritto a importi minori di quelli a vario titolo pretesi da terzi creditori e ancora sub iudice.
Quanto al secondo profilo non può che rilevarsi come gran parte del motivo sia dedicato alla contestazione delle valutazioni della Corte territoriale in ordine alla sussistenza di un semplice stato di sospensione (neppure totale) dell’attività e non di una formale liquidazione nonchè circa la esistenza e l’ammontare di singoli crediti e quindi ad una sostanziale inammissibile richiesta di revisione da parte di questa Corte delle risultanze concrete cui tale valutazione è pervenuta, senza che siano ravvisabili nell’iter argomentativo del giudice a quo salti logici o incongruità, non fosse altro perchè è stata condivisibilmente evidenziata, oltre all’assenza di una delibera di messa in liquidazione da parte degli organi sociali, la valenza probatoria circa lo stato di insolvenza del mancato pagamento di somme anche modeste, non potendo seriamente prendersi in considerazione la tesi secondo cui, pur a fronte del concreto rischio di fallimento, questi non siano stati pagati, pur essendo certi, per l’esistenza di controcrediti non ancora definiti.
Inammissibile è poi il secondo motivo incentrato sull’errore in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello nel ritenere attendibile la consulenza sul valore dell’immobile della società effettuata dal CTU in sede di esecuzione singolare sia perchè l’insufficienza di tale valore è stata evidenziata in motivazione solo ad abundantiam, essendo stata comunque accertata l’incapacità di far fronte alle obbligazioni con mezzi normali e in una situazione non qualificabile come stato di liquidazione della società, sia perchè anche in questo caso si tratta di valutazione di merito cui vengono inammissibilmente contrapposte valutazioni di diverso segno.
Il ricorso deve dunque essere rigettato con le conseguenze di rito in ordine alle spese.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 5.200, di cui Euro 5.000 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 26 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2011