Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15426 del 03/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 03/06/2021), n.15426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11426-2019 proposto da:

CREDIFARMA SPA, in persona dell’Amministratore delegato nonchè

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PAOLA FALCONIERI, n. 100, presso lo studio dell’avvocato

PAOLA FIECCHI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE

MACCIOTTA;

– ricorrente –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE ROMA (OMISSIS);

– intimata –

avverso l’ordinanza n. 25159/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata in data 11/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 26/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA

SCRIMA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 8899/11 il Tribunale di Roma, decidendo in ordine all’opposizione al decreto ingiuntivo emesso in favore di CREDIFARMA S.p.a., quale mandataria di alcuni titolari di farmacie, e con il quale era stato intimato all’Azienda Unità Sanitaria Locale Roma (OMISSIS) il pagamento di Euro 3.946.758, 66, oltre interessi legali, revocò il d.i. opposto e rigettò ogni altra domanda dell’opponente.

La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 2045/2016, pubblicata in data 30 marzo 2016, pronunciando sull’appello proposto dalla predetta società, nella già indicata qualità, avverso la decisione del Tribunale e nei confronti di Azienda Unità Sanitaria Locale Roma (OMISSIS), in riforma della sentenza di primo grado, dichiarò la carenza di legittimazione passiva della predetta Azienda, con assorbimento del gravame proposto, e compensò tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.

Avverso la sentenza della Corte territoriale CREDIFARMA S.p.a. propose ricorso per cassazione, al quale oppose resistenza con controricorso l’Azienda Unità Sanitaria Locale Roma (OMISSIS) (già Azienda Unità Sanitaria Locale Roma (OMISSIS)).

Il Pubblico Ministero depositò conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.

Questa Corte, con l’ordinanza n. 25159/2018, depositata in data 11 ottobre 2018, rigettò il ricorso e condannò la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità.

Avverso tale decisione CREDIFARMA S.p.a., nella già indicata qualità, ha proposto “ricorso per revocazione ordinaria ex art. 395 c.p.c., n. 5”.

L’intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso, non strutturato in motivi, ma basato sostanzialmente su un’unica articolata doglianza, si assume che l’impugnata decisione sarebbe stata assunta da questa Corte nell’erroneo convincimento di aderire al consolidato orientamento espresso con le proprie sentenze n. 18448/2007 e n. 13333/2105, più volte richiamate nella decisione in parola, ma in realtà si porrebbe “in aperto contrasto con le medesime, che hanno tra le odierne parti autorità di giudicato” nonchè con altri precedenti, pure indicati in ricorso, e che, pertanto, va chiesta la revocazione della decisione di legittimità contestata in questa sede.

2. Rileva il Collegio che la revocazione dell’ordinanza di questa Corte n. 25159/2018 è stata espressamente chiesta ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 5, laddove, invece, è inammissibile il ricorso per revocazione ai sensi della norma appena indicata nei confronti delle sentenze e delle ordinanze pronunziate dalla Corte di cassazione, trattandosi di motivo di revocazione non contemplato dalla disciplina positiva (v. art. 391-bis c.p.c., e, per i provvedimenti – diversi da quello all’esame in questa sede – che abbiano deciso nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., v. art. 391-ter c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che, pur ampliando il novero dei mezzi di impugnazione esperibili avverso dette pronunce, non ha incluso tale ipotesi) (Cass., sez. un., 18/07/2013, n. 17557; Cass., sez. un., 23/11/2015, n. 23833).

Questa Corte ha pure precisato che l’inammissibilità della revocazione delle decisioni della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 5, non si pone in contrasto – oltre che con i principi di cui agli artt. 3,24 e 111 Cost., – con il diritto dell’Unione Europea, non recando alcun vulnus al principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti, atteso che la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia riconosce l’importanza del principio della cosa giudicata, rimettendone la concreta attuazione all’autonomia processuale dei singoli Stati membri (Cass. 28/03/2019, n. 8630).

3. Il ricorso non può ritenersi ammissibile neppure laddove si lamenta che questa Corte non abbia “riconosciuto alcun pregio alla tesi dell’abrogazione tacita del D.L. n. 324 del 1993, art. 1, in conseguenza dell’adozione della L.R. Lazio n. 18 del 1994, mancando un’espressa previsione di temporaneità del criterio organizzativo previsto” (v. ricorso p. 12-13) e che la medesima Corte si sarebbe posta “in stridente contrasto” con i principi già espressi con le sentenze n. 18448/2007 e n. 13333/2015, in quanto l’ordinanza de qua, ad avviso della ricorrente, avrebbe “assu(nto) un principio difforme e contrario al combinato disposto della L.R. Lazio n. 53 del 1991, art. 1, con il D.L. n. 324 del 1993, art. 1, comma 10, (convertito in L. n. 423 del 1993, che, come noto, individua nella Regione Lazio l’ente finanziatore e nella Asl Roma (OMISSIS) l’ente incaricato del pagamento del corrispettivo nonchè legittimato passivo all’azione intrapresa dai farmacisti per il tramite di Credifarma S.p.a.” (v. p. 14-15 del ricorso).

Ed invero, in tal modo, la CREDIFARMA S.p.a., nella qualità, ha lamentato sostanzialmente un errore di diritto o, comunque, di valutazione in cui sarebbe incorsa questa Corte, errori, questi, per i quali non è ammissibile la revocazione dell’ordinanza impugnata.

A tale riguardo si richiama il principio già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il combinato disposto dell’art. 391-bis e dell’art. 395 c.p.c., n. 4, non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione; nè, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicchè non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione, considerato anche che, quanto all’effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza Europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonchè l’ordinata amministrazione della giustizia (Cass., sez. un., ord., 11/04/2018, n. 8984; Cass., sez. un., 27/12/2017, n. 30994).

4. Alla luce di quanto sopra evidenziato, il ricorso va dichiarato inammissibile.

5. Non vi è luogo a provvedere per le spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva in questa sede.

6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2021

 

 

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