Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15424 del 21/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/06/2017, (ud. 09/04/2017, dep.21/06/2017),  n. 15424

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25214/2013 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in

RONIA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.M.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 584/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 14/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/04/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che la Corte di Appello di Torino ha respinto il gravame proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca avverso la sentenza del Tribunale di Ivrea, che aveva riconosciuto il diritto di L.M.C. – docente incaricata di supplenze in forza di consecutivi contratti a tempo determinato dall’anno scolastico 2004 alla progressione professionale retributiva in relazione al servizio prestato in forza dei contratti a tempo determinato stipulati e condannato il Ministero a corrispondere ai predetti le differenze stipendiali in ragione dell’anzianità di servizio maturate;

che la Corte territoriale ha richiamato, a fondamento della pronuncia di rigetto del gravame, il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6, richiamandosi ai principi espressi dalla CGUE ed escludendo la rilevanza della specialità del sistema del reclutamento scolastico per giustificare la diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo determinato precisando altresì l’incidenza dell’obbligo di disapplicazione delle norme in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato trasfuso nella indicata Direttiva;

che di tale sentenza il MIUR chiede la cassazione sulla base di unico motivo, al quale non ha opposto difese la L., rimasta intimata;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il MIUR ha depositato rinuncia al ricorso;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che la rinuncia semplice, in presenza di parte non costituita, determina l’estinzione del procedimento;

che la rinunzia al ricorso per cassazione infatti non ha carattere cosiddetto accettizio, che richiede, cioè, l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali (Cass. 23 dicembre 2005, n. 28675; Cass. 15 ottobre 2009, n. 21894; Cass. 5 maggio 2011, n. 9857; Cass. 26 febbraio 2015, n. 3971) ma carattere recettizio, esigendo l’art. 390 c.p.c., che essa sia notificata alle parti costituite o comunicata ai loro avvocati che vi appongono il visto (cfr. Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass. 31 gennaio 2013, n. 2259);

che l’accettazione della controparte rileva unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo il secondo comma dell’art.

391 cod. proc. civ. che, in assenza di accettazione, la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese;

che nella specie alla declaratoria di estinzione del processo non segue alcuna statuizione sulle spese, essendo la controparte rimasta intimata; che, infine, il tenore della pronunzia, che è di estinzione e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità, esclude l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 cater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, prevedente l’obbligo, per il ricorrente non vittorioso, di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione, trattandosi di norma latu sensu sanzionatoria e comunque eccezionale ed in quanto tale di stretta interpretazione (cfr. Cass. 30 settembre 2015, n. 19560).

PQM

 

La Corte dichiara estinto il giudizio; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2017

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