Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15423 del 21/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/06/2017, (ud. 19/04/2017, dep.21/06/2017),  n. 15423

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22863-2013 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Z.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO

60, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FABERI, rappresentata e

difesa dall’avvocato SILVIA GIANINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 610/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 05/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/04/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Torino ha dichiarato inammissibile il gravame proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca avverso la sentenza del Tribunale in sede, che aveva riconosciuto il diritto di Z.L. – docente alle dipendenze del MIUR in forza di consecutivi contratti a tempo determinato – alla progressione professionale retributiva in relazione al servizio prestato e condannato il Ministero a corrispondere alla predetta le differenze stipendiali in ragione dell’anzianità di servizio maturata;

che la Corte territoriale ha osservato che con il gravame il Ministero aveva trattato unicamente il tema relativo all’asserito abuso o illegittimità dei contratti a termine stipulati, senza assumere alcuna posizione in ordine al capo (unico) di sentenza nel quale l’Amministrazione era risultata soccombente e cioè quello relativo al riconoscimento degli scatti di anzianità;

che avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il MIUR affidato a due motivi cui resiste con controricorso la Z.;

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ. nonchè omessa motivazione di fatti decisivi (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) in quanto nell’atto di appello il Ministero aveva effettivamente ritenuto di incentrare il gravame sulla legittimità o meno dei contratti a termine stipulati sul presupposto che verosimilmente l’impianto argomentativo del tribunale era volto in qualche modo ad eludere l’accertamento della illegittimità del ricorso alla contrattazione a termine; ed infatti si evidenzia che il primo giudice aveva rigettato la “domanda principale” proposta dalla Z. ed intesa alla declaratoria di illegittimità del termine apposto ai vari contratti intercorsi tra le parti accogliendo solo la subordinata con la quale era stato chiesto il pagamento degli scatti di anzianità pur senza ricondurla alla medesima ratio introduttiva;

che con il secondo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione della L. 11 luglio 1980, n. 312, art. 53, dell’art. 142 CCNL 24 luglio 2003 e art. 146 Comparto scuola del 29 novembre 2007, del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399, art. 3, del D.Lgs. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18 come convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, art. 1, comma 2, della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, art. 526 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto la L. n. 312 del 1980, art. 53, a seguito della L. 20 maggio 1982, n. 270 aveva continuato a disciplinare solo il trattamento economico degli insegnanti di religione come chiarito dall’art. 142 del CCNL 24 luglio 2003 (e dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 146 del 20 giugno 2013 a seguito di una ricostruzione approfondita del quadro normativo) ed il principio di non discriminazione – sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito nel nostro ordinamento dal D.Lgs n. 368 del 2001, art. 6, richiamandosi ai principi espressi dalla CGUE – non poteva trovare applicazione stante la specialità del sistema del reclutamento scolastico che giustificava la diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo determinato, precisando altresì l’incidenza dell’obbligo di disapplicazione delle norme in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato trasfuso nella indicata Direttiva;

che il primo motivo è inammissibile sotto un duplice profilo: laddove denuncia la violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. in quanto la censura è generica e finisce con il prospettare un ragionamento del tutto ipotetico pur partendo dal dato di fatto rilevato dalla Corte di appello e che cioè effettivamente l’unico capo di sentenza nel quale l’Amministrazione era risultata soccombente e cioè quello relativo al riconoscimento degli scatti di anzianità non era stato oggetto di impugnazione specifica da parte del Ministero; nella parte in cui lamenta l’omesso esame di fatti decisivi perchè non presenta alcuno dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360, comma 1, n. 5 – così come novellato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modifiche in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile all’impugnata sentenza pubblicata dopo 11 settembre 2012 (ai sensi dell’art. 54, comma 3 d.l. cit.) – nella interpretazione fornitane dalle Sezioni Unite di questa Corte (SU n. 8053 del 7 aprile 2014) finendo con il lamentare non l’omesso esame di un fatto, bensì la interpretazione che del gravame era stata fatta dalla Corte di appello; che la declaratoria di inammissibilità del primo motivo assorbe il secondo;

che, pertanto, va dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

che la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle Corti territoriali e soltanto dopo il deposito del ricorso da questa Corte, giustificano la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità tra il Ministero ricorrente e la Z.;

che non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016).

PQM

 

La Corte, dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e compensa le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2017

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