Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15422 del 26/07/2016


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Cassazione civile sez. un., 26/07/2016, (ud. 24/05/2016, dep. 26/07/2016), n.15422

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Primo Presidente f.f. –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente di Sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24802-2014 proposto da:

CODACONS (Coordinamento delle Associazioni per la Difesa

dell’Ambiente e dei diritti degli Utenti e dei Consumatori), in

persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE MAZZINI 73, presso l’Ufficio Legale Nazionale del

Codacons, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLO RIENZI e GINO

GIULIANO, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ALTROCONSUMO, in persona del Segretario Generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TRIONFALE 6551, presso lo

studio dell’avvocato MARIA GIOVANNA RUO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato PAOLO MARTINELLO, per delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – DIPARTIMENTO INFORMAZIONE ED

EDITORIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5205/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/05/2016 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;

uditi gli avvocati Gino GIULIANO, Guido SCORZA per delega

dell’avvocato Paolo Martinello;

udito il P.M. in persona del Procuratore Generale Dott. CICCOLO

Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’inammissibilità e

comunque rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 5 marzo 2010, n. 5098, il Tribunale di Roma dichiarava il difetto di giurisdizione in favore del G.A. sulla domanda proposta dall’associazione Altroconsumo nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per l’accertamento dell’illegittimità della revoca, disposta dal Dipartimento Informazione ed Editoria della Presidenza del C.d.M. in data 21.10.2005 delle erogazioni di Euro 340.745,62 e di Euro 413.977,73, effettuate in favore dell’associazione, giusta decreti in data 05.04.2000 e 06.10.2000, a titolo di contributo per attività editoriali ex L. n. 281 del 1998, nonchè per l’accertamento del relativo diritto di ritenzione; dichiarava, altresì, il difetto di legittimazione del Codacons (Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) a intervenire nel processo in via adesiva dipendente rispetto la convenuta Presidenza del C.d.M., condannando l’Altroconsumo e il Codacons al pagamento delle spese processuali.

La decisione, gravata da impugnazione principale da parte del Codacons e incidentale di Altroconsumo, era parzialmente riformata dalla Corte di appello di Roma, la quale con sentenza in data 3 ottobre 2013, n. 5205 previa qualificazione dell’azione di Altroconsumo come domanda di accertamento del diritto di credito ai contributi per le due annualità litigiose, già adempiuto dall’amministrazione, nonchè di accertamento negativo dell’obbligo della relativa restituzione, previa eventuale disapplicazione dei provvedimenti di revoca ex art. 5 L.a.c. – dichiarava la giurisdizione del giudice ordinario sulle suddette domande, rimettendo le parti innanzi al Tribunale di Roma; rigettava, invece, l’appello principale, confermando l’impugnata sentenza anche nella parte in cui poneva le spese a carico di Codacons; condannava l’Amministrazione appellata al pagamento delle spese del grado, in solido con Codacons. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Codacons contro Altroconsumo e nei confronti della Presidenza del C.d.M., svolgendo tre motivi.

Ha resistito Altroconsumo, depositando controricorso e deducendo l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza dell’impugnazione.

Nessuna attività difensiva è stata svolta dalla Presidenza del C.d.M..

E’ stata depositata memoria da parte ricorrente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1 violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 138 in comb. disp. con la L. n. 2248 del 1865, art. 5 s.m.i.. Al riguardo il Codacons, riproducendo ampi stralci della decisione di prime cure, declinatoria della giurisdizione, si duole che la Corte di appello sia andata di contrario avviso, ritenendo che al giudice ordinario fosse demandato unicamente di accertare la sussistenza dei presupposti di legge per il riconoscimento del contributo, senza impingere alcun apprezzamento discrezionale in ordine all’an e il quomodo dell’erogazione.

2. Con il secondo motivo si denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione ed errata applicazione dell’art. 105 c.p.c., comma 2 in comb. disp. con la L. n. 281 del 1998, art. 6, ora sostituito dal D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 138, per avere i giudici del merito negato la legittimazione del Codacons nei giudizi in materia di agevolazione e contributi previsti dalle norme in rubrica, nonostante l’interesse dello stesso alla revoca dei contributi erogati illegittimamente ad associazioni non iscritte alla CNCU e non aventi il relativo requisito oggettivo, quale evidenziato sin dall’atto di Intervento e confermato in quello di appello.

3. Con il terzo motivo si denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione ed errata applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., per non avere tenuto conto sia il giudice di primo grado che quello di appello che la complessità della materia, oggetto di oscillanti orientamenti giurisprudenziali, avrebbero dovuto comportare la compensazione delle spese.

4. Risulta preliminare e assorbente rispetto alla questione di giurisdizione – in ragione della quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni unite – l’esame del secondo motivo attinente all’interesse ad intervenire, correlandosi alla sussistenza o meno di detto interesse la legittimazione ad impugnare.

4.1. Sul punto dell’inammissibilità dell’intervento i giudici di appello hanno evidenziato che nel primo grado del giudizio il Codacons aveva addotto il proprio interesse a intervenire, in via adesiva dipendente rispetto alla posizione della convenuta Amministrazione, individuandolo nel fatto che le associazioni, non iscritte al CNCU e prive dei requisiti, non percepissero i contributi litigiosi e precisando di avere interesse “per il recupero e la redistribuzione degli stessi ai legittimi destinatari ovvero le altre associazioni in possesso dei requisiti ex lege, quali il Codacons”; mentre nell’atto di appello lo stesso Codacons aveva censurato la decisione di prime cure, su prospettazioni totalmente differenti, assumendo di avere interesse alla redistribuzione per la collettività dei finanziamenti già percepiti da Altroconsumo e “per un uso pubblico e legittimo di denaro pubblico”.

Ciò posto, la Corte territoriale, per un verso, ha osservato che il Tribunale aveva correttamente parametrato la propria decisione sull’originaria prospettazione, evidenziando che il Codacons non risultava beneficiario della redistribuzione dei finanziamenti in precedenza revocati ad Altroconsumo e inferendone, di conseguenza, che il medesimo ente non sarebbe stato compreso neppure nella redistribuzione degli ulteriori finanziamenti litigiosi; per altro verso, ha rilevato che la decisione di primo grado non era fondatamente censurabile sulla base di una diversa prospettazione, che il Tribunale non aveva esaminato, proprio perchè essa non aveva formato oggetto del giudizio.

Queste le ragioni della decisione in parte qua, il motivo di ricorso si rivela per una parte inammissibile e, per altra, infondato.

4.1.1. L’inammissibilità deriva dall’essere la censura di violazione della legge sostanziale ex art. 360 c.p.c., n. 3 palesemente eccentrica rispetto al rilievo di difetto di specificità del motivo di appello, che è stato assunto a fondamento della statuizione qui impugnata. Invero il motivo lungi dal profilare l’esistenza di uno specifico contenuto censorio dell’atto di appello rispetto alla decisione di prime cure – si risolve nella pedissequa riproduzione di pochi brani dell’atto di intervento o di stralci dello statuto dell’ente, nonchè nell’assertivo rilievo della corrispondenza tra le posizioni fatte valere nei due gradi del giudizio, trascurando finanche di chiarire come l’interesse generico della “collettività”, dedotto in secondo grado a fondamento dell’intervento, si inserisca tra gli interessi specifici dei consumatori, presidiati dal Codacons. 4.1.2. L’infondatezza deriva dalla considerazione della conformità della decisione impugnata al principio, costante nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui l’intervento adesivo dipendente del terzo è consentito ove l’interveniente sia titolare di un rapporto giuridico connesso con quello dedotto in lite da una delle parti o da esso dipendente e non di mero fatto, attesa la necessità che la soccombenza della parte determini un pregiudizio totale o parziale al diritto vantato dal terzo quale effetto riflesso del giudicato (ex plurimis, Cass. 26 novembre 2014, n. 25145). Invero l’interesse richiesto per la legittimazione all’intervento adesivo dipendente nel processo in corso fra altri soggetti (art. 105 c.p.c., comma 2), deve essere non di mero fatto, ma giuridico, nel senso che tra adiuvante e adiuvato deve sussistere un vero e proprio rapporto giuridico sostanziale, tal che la posizione soggettiva del primo in questo rapporto possa essere – anche solo in via indiretta o riflessa – pregiudicata dal disconoscimento delle ragioni che il secondo sostiene contro il suo avversario in causa (Cass. 24 gennaio 2003, n. 1111).

In definitiva il secondo motivo va rigettato.

4.2. Al rigetto del secondo motivo consegue l’inammissibilità del primo, atteso che il difetto di interesse ad intervenire si traduce nel difetto in radice della legittimazione a impugnare la statuizione sulla giurisdizione; e ciò anche a prescindere dall’ulteriore considerazione che, in nessun caso, l’interventore adesivo ha un’autonoma legittimazione ad impugnare (salvo che l’impugnazione sia limitata alle questioni specificamente attinenti la qualificazione dell’intervento o la condanna alle spese imposte a suo carico), laddove la parte adiuvata non abbia esercitato il proprio diritto di proporre impugnazione ovvero abbia fatto acquiescenza alla decisione ad essa sfavorevole (Cass. Sez. Unite, 17 aprile 2012, n. 5992; conf. ex plurimis Cass. 08 luglio 2013, n. 16930; Cass. 16 febbraio 2009, n. 3734; Cass. 10 agosto 2007, n. 17644). E nel caso di specie, l’Amministrazione convenuta non ha impugnato – come pure sarebbe stato possibile (cfr. Cass. Sez. Unite, 22 dicembre 2015, n. 25774) – con ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1 la sentenza di appello dichiarativa della giurisdizione ordinaria, di modo che il Codacons non sarebbe stato, in ogni caso, autonomamente legittimato a impugnare la stessa decisione.

4.3. E’, infine, inammissibile il terzo e ultimo motivo.

In realtà ciò che il ricorrente lamenta è – non già la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. enunciata in rubrica, atteso che la regola applicata dal giudice di appello è proprio quella della soccombenza fissata dalla norma richiamata – bensì la mancata compensazione delle spese processuali.

Orbene esula dal sindacato di legittimità, e rientra, invece, nel potere discrezionale dei giudice del merito, la valutazione di compensare in tutto o in parte le spese di lite in relazione alla sussistenza dei “giusti motivi” di cui all’art. 92 cod. proc. civ. (qui applicabile nel testo originario). Detto giudice, pertanto, non è tenuto a dare ragione, con una espressa motivazione, del mancato uso di tale facoltà e la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in Cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (cfr. Cass. 22 luglio 2004, n. 13660).

5. In definitiva l’esame complessivo dei motivi comporta il rigetto del ricorso.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, seguono la soccombenza.

Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, non sussistendo ragioni di esonero.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.500,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2016

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