Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15422 del 20/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/07/2020, (ud. 05/06/2020, dep. 20/07/2020), n.15422

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 871-2019 proposto da:

ABUBAKAR KARGBO, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

LUCA FROLDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS) COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA, in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1079/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 27/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

NAZZICONE LOREDANA.

Fatto

RILEVATO

– che il ricorrente ha formulato un motivo di ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona del 27 giugno 2018, la quale ha respinto l’appello proposto avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa città, che aveva a sua volta rigettato l’opposizione al diniego di riconoscimento della protezione internazionale;

– che la parte intimata ha depositato il controricorso;

– che è stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

– che il motivo lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 – peraltro dopo avere, nella “sintesi” esposta nella prima pagina, invocato invece di tale decreto, art. 14 ciò rendendo il ricorso ai limiti dell’ammissibilità – per non avere la corte del merito tenuto conto dell’onere probatorio attenuato gravante sul richiedente, il quale indubbiamente ha presentato tutti gli elementi necessari a motivare la sua domanda di protezione ed ha offerto tutte le prove occorrenti, e non è stato nuovamente sentito dalla corte, che non ha esercitato i poteri istruttori d’ufficio;

– che il motivo è manifestamente inammissibile;

– che esso anzitutto difetta di specificità, dato che il ricorrente, pur dolendosi della denunciata violazione di legge, si astiene dall’indicare specificatamente le affermazioni contenute nella sentenza impugnata, che con essa si assumano in contrasto, onde la rimostranza oblitera manifestamente lo statuto di censurabilità per cassazione dell’errore di diritto, ed omette di precisare rispetto a quali fatti e circostanze concrete di causa il decidente avrebbe omesso di far uso dei poteri istruttori officiosi accordatigli dalla legge, sicchè la rimostranza, anche alla luce della valutazione in fatto operata dalla decisione, si rivela del tutto generica e puramente esplorativa (così già Cass. 25 giugno 2019, n. 32995);

– che, del resto, la corte del merito ha esposto la propria ricostruzione in fatto della realtà socio-politica della Sierra Leone, in concreto esaminata nella sentenza, ed ha tenuto conto dell’onere della prova attenuato in tali giudizi e della dovuta cooperazione col richiedente: il quale, come si legge nel provvedimento impugnato, si è limitato a riferire di essersi allontanato dal suo villaggio, onde, in definitiva, il suo racconto è del tutto generico;

– che, quanto alla protezione umanitaria, la corte del merito ha precisato come sia mancata persino qualsiasi allegazione individualizzante delle condizioni del richiedente, tali da fondare simile domanda; nè, si noti, tale grave lacuna è colmata neppure nelle allegazioni del ricorso;

– che, in definitiva, si tratta di valutazioni prettamente discrezionali rimesse al giudice di merito, onde il ricorso chiede di ripetere il giudizio di fatto, attività preclusa in virtù della funzione di legittimità;

– che occorre provvedere sulle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate nella misura di Euro 2.100,00, oltre spese anticipate a debito.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 giugno 2020.

Depositato in cancelleria il 20 luglio 2020

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