Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15420 del 22/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15420 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: TRICOMI LAURA

SENTENZA

sul ricorso 19650-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
2179

ITINERA SPA, in persona dell’Amministratore delegato
e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIALE G. MAZZINI 9-11, presso lo
studio

dell’avvocato

rappresenta

e

difende

LIVIA

SALVINI,

unitamente

che

lo

all’avvocato

Data pubblicazione: 22/07/2015

GIUSEPPE VANZ, procura speciale Notaio Dr. Vincenzo
Esposito di Tortona REP. n. 287235 del 6/9/2010;
controri.corrente –

avverso la sentenza n. 52/2009 della COMM.TRIB.REG.
di TORINO, depositata il 26/05/2009;

udienza del 09/06/2015 dal Consigliere Dott. LAURA
TRICOMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GALLUZZO, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito per il resistente l’Avvocato PIRAS per delega
dell’Avvocato VANZ, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

3
,

.

1. Accogliendo’ l’appello proposto da ITINERA s.p.a. la Commissione tributaria della
Regione Piemonte, con sentenza n.52/26/09, decidendo sulla opposizione al
provvedimento in data 23.06.2006 di diniego di rimborso del credito IVA relativo
all’anno 2005, richiesto dalla società su fatture passive aventi ad oggetto l’acquisto di
autoveicoli, rilevato che la Corte di Giustizia con sentenza 14.9.2006 aveva dichiarato
incompatibile con l’art. 17 della Sesta direttiva n. 77/388/CEE il limite alla detraibilità
della imposta stabilito dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis 1., cornma 1, lett. c), e
rilevato altresì che la speciale disciplina dei rimborsi delle eccedenze d’imposta che i
soggetti passivi non avevano potuto portare in detrazione a causa dell’illegittimo divieto
imposto dalla predetta norma statale – introdotta dal D.L. 15 settembre 2006, n. 258,
conv. in L. 10 novembre 2006, n. 278 – non era applicabile alla fattispecie (in quanto la
istanza di rimborso già presentata dalla società era stata esaminata e rigettata dalla
Amministrazione finanziaria in epoca antecedente all’entrata in vigore della stessa),
accertava il diritto della società contribuente al rimborso del credito d’imposta,
considerato che dal rigetto del domandato rimborso non scaturiva alcuna discussione
riguardo all’inerenza delle spese all’attività economica esercitata dalla contribuente.
2. La sentenza di appello, depositata il 26.05.09 e non notificata, è stata impugnata per
cassazione, con due motivi. La società contribuente resiste con controricorso, che
illustra con memoria ex art.378 cpc.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Con il primo motivo la Agenzia delle Entrate impugna la sentenza di appello per
violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, ara. 19, 19 bis 1., del D.L. n.
258 del 2006, art 1, conv. L. n. 278 del 2006, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1,
n. 3). Sostiene la Agenzia fiscale che la società aveva presentato istanza di rimborso in
data 17.05.2006 sul presupposto della incompatibilità della norma tributaria limitativa
del diritto alla detrazione con l’ordinamento comunitario e che, essendo intervenuta
nelle more del processo la nuova disciplina normativa dei rimborsi dettata del D.L. n.
258 del 2006 (adottata dallo Stato italiano in conseguenza della pronuncia della Corte di
giustizia UE in data 14.9.2006 che aveva dichiarato la disposizione dello Stato membro
in contrasto con la Sesta direttiva in materia d IVA), i Giudici territoriali avrebbero
dovuto immediatamente applicarla alla fattispecie controversa, rigettando la pretesa di
rimborso dell’IVA in quanto la società non aveva assolto agli oneri formali e sostanziali
indicati nel decreto- legge, in quanto avrebbe dovuto ripresentare la richiesta di
rimborso nel termine di decadenza D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, comma 2,
allegando i documenti prescritti.

1.2. Il motivo è infondato.
1.3. La decisione del Giudice comunitario ha statuito che la esclusione di determinati
beni dal regime delle detrazioni, prevista dal D.P.R n. 633 del 1972, art. 19 bis 1.,
comma 1, lett. c) e d) (nel testo modificato dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 15,
applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto del presente giudizio: “l. In deroga
alle disposizioni di cui all’art. 19 e) l’imposta relativa all’acquisto o alla
importazione di ciclomotori, di motocicli e di autovetture ed autoveicoli indicati nel

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RITENUTO IN FATTO

D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 54, lett. a) e e), non compresi nell’allegata tabella B e
non adibiti ad uso pubblico, che non formano oggetto dell’attività propria dell’impresa, e
dei relativi componenti e ricambi, nonché alle prestazioni di servizi di cui all’art. 16,
comma 3, ed a quelle di impiego, custodia, manutenzione e riparazione relative ai beni
stessi, non è ammessa in detrazione salvo che per gli agenti o rappresentanti di
commercio; d) l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di carburanti e
lubrificanti destinati ad autovetture e veicoli, aeromobili, navi e imbarcazioni da diporto
è ammessa in detrazione se è ammessa in detrazione l’imposta relativa all’acquisto,
all’importazione o all’acquisizione mediante contratti di locazione finanziaria, di
noleggio e simili di detti autovetture, veicoli, aeromobili e natanti “), violava
l’ordinamento comunitario, in quanto disposta “senza previa consultazione del comitato
consultivo d’imposta sul valore aggiunto istituito dall’art. 29 della Sesta direttiva
77/388/CEE, ed in quanto priva di limitazioni temporali connesse ad una specifica
congiuntura economica come espressamente richiesto dall’art. 17, n. 7 della predetta
direttiva, con la conseguenza che le norme statali, in quanto illegittimamente derogative
al principio del diritto alla detrazione d’imposta sul valore aggiunto enunciato dall’art.
17, n. 1 della sesta direttiva, non potevano essere opposte dallo Stato membro al
soggetto passivo al quale, pertanto, doveva essere consentito di “poter ricalcolare il suo
debito d’imposta sul valore aggiunto conformemente alle disposizioni dell’art. 17, n. 2
della sesta direttiva 77/388 nella misura in cui i beni e i servizi sono stati impiegati ai
fini di operazioni soggette ad imposta” (cfr. dispositivo 2 e 3, sentenza Corte di giustizia
in data 14.9.2006 in causa C-28/05, Stradasfalti s.r.1.).
1.4. Lo Stato è quindi intervenuto a determinare le modalità di recupero della imposta rimasta priva al) origine di causa giustificativa – versata dai soggetti passivi, emanando
il DL 15.9.2006 n. 258 (recante “disposizioni urgenti di adeguamento alla sentenza della
Corte di giustizia delle Comunità europee in data 14 settembre 2006 nella causa C228/05 in materia di detraibilità dell’IVA”), entrato in vigore il giorno stesso della sua
pubblicazione (15.9.2006) e convertito con modificazioni in L. 10 novembre 2006, n.
278, che, all’art. 1 comma 1 – nel testo risultante dalla conversione – dispone che “Ai fini
dell’attuazione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 14
settembre 2006 nella causa 228/05, in sede di prima applicazione i soggetti passivi che
fino alla data del 13 settembre 2006 hanno effettuato nell’esercizio dell’impresa, arte o
professione acquisti ed importazioni di beni e servizi indicati nel D.P.R. 26 ottobre
1972, n. 633, art. 19 bis, comma 1, lett. c) e d), presentano in via telematica entro il 20
ottobre 2007, apposita istanza di rimborso, utilizzando uno specifico modello, da
approvarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. Con il medesimo
provvedimento sono individuati i dati e i documenti che devono essere indicati o
predisposti a fondamento dell’istanza di rimborso. Con il predetto provvedimento
possono essere, inoltre, stabilite le differenti percentuali di detrazione dell’imposta per
distinti settori di attività in relazione alle quali è ammesso il rimborso in misura
forfettaria. Resta ferma, per i contribuenti che non aderiscono al suddetto rimborso
forfettario, ovvero per coloro che non presentano l’istanza entro il predetto termine, la
possibilità di dimostrare il diritto ad una detrazione in misura superiore presentando
apposita istanza ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21 e successive
modificazioni, contenente i dati e gli elementi comprovanti la misura, nell’esercizio
dell’impresa, arte o professione, dell’effettivo utilizzo in base a criteri di reale inerenza,

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1.5. La tesi della Agenzia fiscale ricorrente secondo cui il recupero del diritto a
detrazione (recte la restituzione della imposta versata in adempimento di un obbligo di
legge venuto meno con effetto ex tunc in conseguenza della pronuncia del Giudice
comunitario) troverebbe titolo nella sopravvenuta disciplina legislativa è privo di
fondamento.
La accertata incompatibilità originaria della norma fiscale limitativa del diritto alla
detrazione IVA ha determinato infatti, la riespansione della efficacia della norma fiscale
derogata (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19) sulle cui disposizioni trova necessario
fondamento il diritto al rimborso del credito IVA che i soggetti passivi non hanno
potuto portare in detrazione in relazione alle operazioni concernenti i beni
illegittimamente esclusi, venendo in tal modo ad essere ripristinata la legalità del
sistema comunitario della imposta sul valore aggiunto fondata sul principio della
detrazione della imposta (attraverso il quale si realizza il meccanismo della neutralità
fiscale che è alla base del tributo) che deve essere riconosciuta a tutti quei soggetti
passivi che effettuino operazioni di cessione di beni e di prestazioni di servizi
nell’esercizio di una attività economica (cfr. da ultimo Corte giustizia 6.9.2012 causa C324/11, Gabor Toth, punti 23-28; id. 21.6.2012 cause riunite C-80/11 e C-142/11,
Mahageben kft, e David). Ne segue che, diversamente da quanto ipotizzato dalla
Agenzia ricorrente, il diritto alla detrazione, al pari del corrispondente diritto al
rimborso della eccedenza di imposta, è direttamente disciplinato dalle norme della
direttiva comunitaria e rinviene il proprio fatto generatore esclusivamente nella
effettuazione di una delle operazioni considerate imponibili dalla legge (cfr. Corte Cass.
5A sez. 28.6.2012 n. 10808), insorgendo il diritto nel momento stesso in cui diviene
esigibile la imposta applicata sulla cessione di beni e prestazioni di servizi, non potendo
in conseguenza gli Stati membri, inserendo condizioni o requisiti diversi da quelli
previsti dalle norme comunitarie, introdurre una disciplina modificativa dei fatti
costitutivi del predetto diritto di fonte comunitaria, non potendo riconoscersi, pertanto,
all’adempimento degli oneri formali e temporali prescritti dal D.L. n. 258 del 2006,
carattere costitntivo del diritto.
1.6. L’esame della normativa statale sopravvenuta, peraltro, non conduce alla
conclusione – auspicata dalla ricorrente – secondo cui le nuove disposizioni trovano
indiscriminata applicazione anche nel caso – che ricorre nella specie – in cui i
contribuenti, anteriormente alla pronuncia della Corte di Lussemburgo, avessero già
presentato istanza di rimborso (sul presupposto della eccepita incompatibilità del D.P.R.
n. 633 del 1972, art. 19 bis 1., con la sesta direttiva) ed avessero presentato ricorso
avverso il diniego espresso o tacito dell’Ufficio finanziario alla restituzione della
imposta.
Dal tenore della disposizione dell’art. 2 del Decreto Legge (che non contempla effetti
retroattivi) e dal testo normativo non emergono, infatti, prescrizioni implicanti la
improcedibilità, in sede amministrativa, delle domande di rimborso già presentate dai

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stabiliti con il provvedimento di cui al presente comma. Al fine di evitare ingiustificati
arricchimenti, i dati hanno ad oggetto anche gli altri tributi rilevanti ai fini della
complessiva determinazione delle somme effettivamente spettanti” ed al comma 2
dispone che “Sono in ogni caso escluse le procedure di detrazione e di compensazione
dell’imposta sul valore aggiunto di cui al D.P.R. 2 ottobre 1972, n. 633, art. 19 e segg.,
ed al D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17”.

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soggetti passivi (per le quali, eventualmente, si può al più porre soltanto una esigenza di
completamento istruttorio, in relazione alla verifica della spettanza del credito in
relazione ai presupposti di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19), ne’ emerge alcuna
esigenza di “rimessione in termini” di tali soggetti, atteso che il termine di decadenza
(eliminato, peraltro, in sede di conversione del decreto legge), stabilito dall’art. 1,
comma 1, concerneva soltanto la presentazione della “istanza telematica” volta a
conseguire il rimborso “forfetario” della imposta – secondo differenti percentuali di
detraibilità della imposta relativa a beni presuntivamente considerati dalla legge ad
utilizzo promiscuo-, essendo in ogni caso consentito presentare ordinaria istanza, nel
termine di decadenza previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, per ottenere
il rimborso in misura integrale delle somme non detratte: risulta peraltro evidente come
il termine di decadenza indicato è stabilito per i soggetti passivi rimasti pregiudicati nel
diritto alla detrazione e che non avevano precedentemente richiesto alcun rimborso,
mentre alcun termine di decadenza può iniziare a decorrere per i soggetti passivi che
tale decadenza avevano già impedito, mediante esposizione del credito IVA nella
dichiarazione ovvero nella istanza di rimborso presentate anteriormente alla stessa
pubblicazione della decisione del Giudice comunitario.
1.7. Alcun onere di adempimento delle formalità previste dal decreto L. n. 258 del 2006
(tanto meno quello della “ripresentazione” della domanda di rimborso) poteva, pertanto,
esser fatto gravare sulla società contribuente, in pendenza del giudizio avente ad oggetto
il riconoscimento del diritto al rimborso della imposta per la quale non era stata
consentita la detrazione, non potendo, in conseguenza, derivare dalla inosservanza delle
formalità previste dalle nuove disposizioni la perdita del diritto di credito (cfr. Cass.
n.1406412012, 3457/2014).
2.1. Secondo motivo — violazione e falsa applicazione dell’art.I9 del DPR n.633/1972
(art.360, comma I, n.3, cpc) in quanto, secondo la prospettazione della ricorrente, la
Commissione Regionale aveva riconosciuto la spettanza della detrazione per il solo
fatto della contrarietà al diritto comunitario dell’art.19 bis I del DPR n.633/1972,
anziché affermare che la detrazione spettava per i beni o i servizi per i quali era stata
dimostrata l’inerenza.
2.2. Il motivo è inammissibile sotto molteplici profili.
2.3. Innanzi tutto la questione posta risulta del tutto nuova, in quanto non emerge dalla
sentenza impugnata e la parte non trascrive i passi degli atti processuali ove l’avrebbe
introdotta, con evidenti ricadute anche sul piano dell’autosufficienza.
2.4. La stessa inoltre contrastata con la ratio decidendi della sentenza impugnata, ove è
detto che “dar rigetto del domandato rimborso — oggetto del radicato giudizio — non
scaturiva alcuna discussione riguardo alla inerenza delle spese all’attività esercitata
dalla contribuente, la cui IVA era stata domandata a rimborso, bensì ed unicamente
l’esame della compatibilità o meno della nonna interna in base alla quale era stato
negato il rimborso” (fol. 3 della sent. imp.), affermazione che costituisce accertamento
in fatto, circa l’assenza di discussione in merito all’inerenza delle spese, e che non è
stata oggetto di censura.
3.1. In conclusione il ricorso va rigettato, infondato il primo motivo ed inammissibile il
secondo.

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3.2. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano nella
misura stabilita in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte di cassazione,

– condanna la ricorrente Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese del giudizio di
legittimità che liquida nel compenso di €.6.000,00, oltre spese borsuali di £.150,00, IVA
e CASSA.
Così d ciso in Roma, camera di consiglio del 9 giugno 2015.
Il Con igliere est nsore

(L ura Trico

avisL

Cf)

Il Presidente
(Carlo icc muTp
. ‘ ‘

– rigetta il ricorso, infondati il primo motivo ed inammissibile il secondo;

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