Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15420 del 03/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 03/06/2021, (ud. 02/03/2021, dep. 03/06/2021), n.15420

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18666-2017 proposto da:

P.T. elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato RUGGIERI FAZZI PAOLA giusta procura speciale estesa a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ABACO S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato ZAMPESE MASSIMO

giusta procura speciale estesa in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1417/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA, depositata l’8/6/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 2/3/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

DELL’ORFANO ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

P.T. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Puglia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 106/2009 della Commissione Tributaria Provinciale di Brindisi, che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente avverso avviso di accertamento ICI annualità 2003, emesso dal concessionario dell’accertamento e della riscossione tributi del Comune di Brindisi;

il Concessionario resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. con il primo mezzo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 4, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, art. 118 disp. att. c.p.c. in quanto la sentenza impugnata sarebbe sorretta da una motivazione apparente;

1.2. la doglianza è infondata;

1.3. è ormai noto come le Sezioni Unite (sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014) abbiano fornito una chiave di lettura della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, nel senso di una riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con conseguente denunciabilità in cassazione della sola “anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella “motivazione apparente”, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabilì e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza della motivazione”;

1.4. i Giudici di seconde cure così argomentano la propria decisione di conferma della sentenza di primo grado: “Relativamente alla censura formulata dall’appellante riguardante il difetto del presupposto oggettivo assumendo che l’area edificabile censita al foglio (OMISSIS) particella (OMISSIS) era stata soppressa in Catasto con frazionamento n. 861 del 27-10-2009, il Collegio ritiene che sia priva di pregio giuridico. Infatti, innanzitutto, la documentazione prodotta non è sufficientemente idonea a provare l’assunto del contribuente e comunque in materia d’imposta comunale sugli immobili (ICI) il valore della base imponibile si trasferisce dall’area stessa alle eventuali nuove unità immobiliari”;

1.5. si tratta, all’evidenza, di una motivazione che, sia pur sintetica, non risulta nè apparente, nè apodittica od incomprensibile, ma tale a rendere percepibile il ragionamento seguito dalla CTR per la formazione del proprio convincimento circa la debenza dell’imposta per mancata prova, da parte del contribuente, circa la soppressione catastale dell’area edificabile in questione stante l’inidoneità allo scopo della documentazione (consulenza tecnica di parte, richiamata nelle premesse della sentenza impugnata) ed il trasferimento dell’imposta sulle eventuali nuove unità immobiliari;

2.1. con il secondo motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dalla perizia tecnica redatta dal consulente di parte ricorrente, attestante la soppressione della particella catastale relativa all’area edificabile sottoposta ad imposta, e la sua sostituzione con nuove particelle catastali, cedute a terzi;

2.2. con il terzo motivo si denuncia violazione di norme di diritto (D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1,2,3 e 5) per avere la CTR omesso di rilevare “l’inesistenza del presupposto impositivo ai fini ICI per il ricorrente” stante la soppressione della particella catastale dianzi richiamata e della vendita a terzi dei terreni relativi alle nuove particelle catastali risultanti dal relativo frazionamento dell’originaria particella;

2.3. va premesso che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), al che consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. S.0 n. 8053/2014;

2.4. è innegabile che, a fronte delle allegazioni operate dal contribuente – che ha trascritto in ricorso in parte qua il contenuto della perizia di parte laddove si attesta l’intervenuto frazionamento della particella catastale relativa all’area edificabile oggetto di imposta e la successiva vendita a terzi dei terreni insistenti sulle particelle derivate dal suddetto frazionamento -, la motivazione adottata dalla CTR per negare ogni rilevanza all’assunto del procedente si rivela manifestamente lacunosa, limitandosi invero ad affermare l’inidoneità della “documentazione prodotta” dal ricorrente, e si fonda su mere e generiche affermazioni, avendo il giudice di appello stilato il proprio giudizio mostrando di prescindere totalmente dalle allegate circostanze fattuali, in tal modo privando il discorso motivazionale della necessaria unità argomentativa, che ne mina l’interna sostenibilità logica ed lo espone al rilievo del vizio denunciato;

2.5. peraltro, in merito alla titolarità passiva dell’imposta, va evidenziato che, anche laddove il contribuente non avesse tempestivamente presentato domanda di voltura catastale, le risultanze catastali, se possono essere legittimamente utilizzate dall’ente impositore per attribuire ad un soggetto la titolarità di un immobile, al fine di chiedere ad esso l’assolvimento dell’imposta, non escludono tuttavia che il proprietario, o titolare di altri diritti reali, possa fornire la prova diretta all’esenzione dal pagamento dell’imposta, ovvero la carenza del possesso che ne costituisce la condizione di fatto, avendo questa Corte già precisato che “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la proprietà o altro diritto reale sul bene, che rappresentano, D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 3, il presupposto impositivo del tributo, possono essere provati dall’ente impositore anche tramite le annotazioni risultanti dai registri catastali, che, pur non costituendo prova dei predetti diritti, in quanto preordinati a fini squisitamente fiscali, fanno sorgere una presunzione “de facto” di veridicità delle loro risultanze, ponendo a carico del contribuente l’onere di fornire la prova contraria” (cfr. Cass. nn. 16775/2017; 13061/2017; 14420/2010);

3. sulla scorta di quanto precede, il ricorso va dunque accolto in relazione al secondo ed al terzo motivo, respinto il primo, e la sentenza cassata con rinvio alla CTR della Puglia in diversa composizione che esaminerà anche le ulteriori eventuali questioni di merito rimaste assorbite e parimenti provvederà in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso in relazione al secondo motivo, assorbito il terzo e respinto il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla CTR della Puglia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 2 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2021

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