Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15417 del 26/07/2016


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Cassazione civile sez. I, 26/07/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 26/07/2016), n.15417

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5199/2013 proposto da:

I.L., (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in ROMA,

LARGO BRINDISI 18, presso l’avvocato ALESSANDRO FUBELLI, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AS.NO.D.I.M. – ASSOCIAZIONE NOTARIATO ROMANO PER LE DISMISSIONI

IMMOBILIARI, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 267, presso

l’avvocato SALVATORE PUGLIESE, che la rappresenta e difende, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

R.M.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 23287/2012 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 29/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Roma, quale giudice di appello, ha accolto l’impugnazione proposta dalla Associazione del Notariato romano dismissioni immobiliari (AS.NO.D.IM.) e dalla sua associata, notaio R.M.G., contro la sentenza del giudice di pace di quella stessa città, con la quale era stata del pari accolta l’opposizione, proposta dalla signora I.L., avverso il decreto ingiuntivo, rilasciato per il pagamento del corrispettivo dell’attività del predetto notaio R., con riguardo alla vendita, per il tramite di asta pubblica, di uno dei cespiti del patrimonio immobiliare di alcuni enti pubblici.

1.1. Per quello che ancora interessa in questa sede, anche considerato l’avvenuto pagamento parziale delle spettanze oggetto della fase monitoria del giudizio, il Tribunale ha accolto il gravame, anzitutto, nella parte in cui ha censurato la decisione di prime cure, laddove aveva escluso che l’associazione fosse legittimata a stipulare contratti o ad acquisire la titolarità di rapporti giuridici, delegandone l’esecuzione ai suoi aderenti, con la conseguente legittimazione dell’organismo al recupero dei crediti per le prestazioni svolte dai suoi associati.

1.2. In secondo luogo, l’impugnazione è stata altresì accolta nella parte in cui la prima decisione non aveva dichiarato improcedibile l’opposizione spiegata dalla I. nei confronti del notaio R., nonostante che la fase monitoria si fosse svolta e avesse messo capo ad un provvedimento a favore dei due soggetti ricorrenti, onde il mancato rilievo del passaggio in giudicato del provvedimento ingiuntivo, con riferimento al professionista.

2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la soccombente signora I., con cinque mezzi.

3. Il notaio R. e l’associazione AS.NO.D.IM., hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso (Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5) la ricorrente lamenta che i due giudici della fase di merito non avrebbero dato risposta alla sua eccezione con cui aveva fatto rilevare la carenza di mandato, conferito dall’ente titolare dei beni oggetto di dismissione pubblica, sia alla Associazione sia alla notaia R..

1.1. Nè potrebbe aver valore la tesi espressa nella sentenza definitiva della Corte territoriale, con la quale, invocando il precedente di questa Corte n. 6689 del 2012, si è detta vincolata dal giudicato interno costituito dalla sentenza non definitiva pronunciata dallo stesso giudice distrettuale.

2. Con il secondo (Nullità del decreto ingiuntivo per carenza di prova scritta. Violazione e falsa applicazione della L. n. 82 del 1913 e L. n. 1815 del 1939, art. 1) la ricorrente lamenta che il giudice di appello, disattendendo i giusti e corretti principi di diritto cui si era attenuto il giudice di pace (secondo il quale la fattura posta a base del provvedimento monitorio era nulla), abbia capovolto la sua decisione non avvedendosi che, nel caso esaminato, nè l’Associazione nè il singolo notaio poteva emettere la fattura relativa alla prestazione resa.

3. Con il terzo (Violazione e falsa applicazione degli artt. 633, 634, 102 e 331 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente lamenta che il giudice di appello, disattendendo il principio del contraddittorio e violando gli artt. summenzionati, abbia dichiarato l’avvenuta formazione del giudicato del decreto ingiuntivo perchè, l’opponente aveva proposto opposizione notificandola solo all’Associazione e non già al notaio ad essa aderente.

3.1. Secondo la ricorrente, in tal caso, oltre a difettare la validità della fattura, emessa e sottoscritta dalla notaia R., anzichè dal rappresentante legale dell’Associazione (Dr. G.), il giudice di appello – riformando il provvedimento del giudice di pace che, a fronte della costituzione in giudizio della notaia R., aveva ritenuto sanato, con la di lei costituzione in causa, ogni vizio dell’opposizione – aveva omesso di far integrare il contraddittorio che assumeva difettoso rimettendo la causa al giudice di primo grado.

4. Con il quarto (Violazione e falsa applicazione degli artt. 633, 634, e 636 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente lamenta che il giudice di appello abbia ritenuta fondata la domanda relativa a prestazioni professionali senza che fosse corredato dal parere professionale dell’ordine di appartenenza.

5. Con il quinto (Violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente lamenta che il giudice di appello abbia regolato le spese processuali senza tener conto del pagamento spontaneo eseguito prima della notificazione del decreto ingiuntivo.

6. Il primo mezzo di ricorso, con il quale si denuncia l’assenza del mandato da parte dell’ente pubblico operante nell’ambito delle dismissioni immobiliari, come sarebbe stato eccepito nei due gradi di giudizio, è inammissibile difettando di autosufficienza, poichè la ricorrente non dice, com’era suo dovere, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “come, quando e dove” tale eccezione sia stata posta.

6.1. Il difetto di tali precisi contesti, infatti, impedisce di apprezzare l’ammissibilità e la rilevanza di tali eccezioni, prima ancora che la loro fondatezza.

7. Il secondo mezzo, con il quale la ricorrente si duole del fatto che nè l’Associazione nè il singolo notaio aveva il potere di emettere la fattura relativa alla prestazione resa è infondato, in ordine all’astratta questione di diritto, in quanto ” l’art. 36 c.c., stabilisce che l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che ben possono attribuire all’associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati. Ne consegue che, ove il giudice del merito accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello studio professionale associato – cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro d’imputazione di rapporti giuridici – rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l’incarico, in quanto il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi” (Sez. 1, Sentenza n. 15694 del 15/07/2011): principio pienamente condivisibile, a cui deve essere data continuità in questa sede, non essendo state svolte osservazioni idonee a farlo ritenere superabile.

8. Infondato è anche il terzo mezzo, con il quale la ricorrente lamenta che il giudice di appello, disattendendo il principio del contraddittorio, abbia dichiarato l’avvenuta formazione del giudicato del decreto ingiuntivo perchè l’opponente aveva proposto opposizione notificandola solo all’Associazione e non già al notaio operante, che ad essa aderiva, perchè la fattura emessa da quest’ultima avrebbe difettato di validità, in quanto sottoscritta dalla notaia anzichè dal rappresentante legale dell’Associazione (Dr. G.), sicchè il giudice di appello – riformando il provvedimento del giudice di pace che, a fronte della costituzione in giudizio della notaia R., aveva ritenuto sanato, con la di lei costituzione in causa, ogni vizio dell’opposizione – errando avrebbe omesso di far integrare il contraddittorio, che assumeva difettoso.

8.1. Infatti, il decreto ingiuntivo era stato rilasciato in favore della Associazione e della R.. Non trattandosi di litisconsorzio necessario la mancata notifica a quest’ultima ha prodotto il passaggio in giudicato del nei suoi confronti.

8.2. In un analogo caso, questa Corte, sia pure con un remoto (ma pienamente condivisibile) precedente (Sez. 1, Sentenza n. 2884 del 1963) ha affermato il principio di diritto secondo cui “l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da uno dei condebitori solidali non impone l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri intimati, condebitori in solido. Contro costoro il decreto ingiuntivo da essi non impugnato, acquista valore di giudicato, senza che essi possano più giovarsi della disposizione di cui all’art. 1306 c.c., che consente agli altri debitori di opporre al creditore la sentenza pronunciata tra quest’ultimo ed uno dei debitori in solido la quale non sia fondata sopra ragioni personali allo stesso”.

9. Il quarto mezzo, con il quale la ricorrente lamenta che il giudice di appello abbia ritenuta fondata la domanda relativa a prestazioni professionali senza che fosse corredato dal parere professionale dell’ordine di appartenenza, è inammissibile in quanto la circostanza non risulta dedotta nel giudizio di appello ed essa appare del tutto nuova.

10. Il quinto ed ultimo, con il quale la ricorrente lamenta che il giudice di appello abbia regolato le spese processuali senza tener conto del pagamento spontaneo eseguito prima della notificazione del decreto ingiuntivo è inammissibile alla luce del diritto vivente secondo cui è vietata al giudice soltanto la condanna della parte totalmente vittoriosa.

11. Le spese di questa fase, ancora una volta, seguono la soccombenza e si liquidano – tenuto conto della tenuità della materia litigiosa – come da dispositivo, ma in uno con il raddoppio del contributo unificato, sussistendo i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis e comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

Respinge il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali di questo giudizio, che liquida in complessivi Euro 400,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 16 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2016

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