Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15417 del 22/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15417 Anno 2015
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Lucini Piercarlo Enea, in proprio, quale socio
della SI-CAR di Lucini Piercarlo & C. sas,
elettivamente domiciliato in Roma Via E.Gianturco
6, presso lo studio dell’Avv.to Giovanni Meliadò, e
rappresentato e difeso dall’Avv.to Ferdinando
Pietropaolo, in forza di procura speciale in calce
al ricorso
– ricorrente contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., elettivamente domiciliata in Roma Via dei
Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello
Stato, che la rappresenta e difende ex lege
controricorrente

avverso la sentenza n. 30/15/2008 della Commissione
Tributaria regionale della Lombardia, depositata il
29/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 15/05/2015 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
udito l’Avvocato dello Stato, Maria Pia Camassa,
per parte controricorrente;

Data pubblicazione: 22/07/2015

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Maurizio Velardi, che ha concluso
per l’accoglimento per quanto di ragione del
ricorso.
Ritenuto in fatto
Lucini Piercarlo Enea, in proprio, quale socio
della SI-CAR di Lucini Piercarlo & C. sas, propone
ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, nei

con controricorso), avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n.
30/15/2008, depositata in data 29/05/2008,

con la

quale in una controversia concernente

l’impugnazione di due avvisi di accertamento,
relativi a maggiore IRPEF dovuta per gli anni 1997
e 1998, e di una cartella di pagamento, recante
iscrizione a titolo provvisorio di metà della
imposte e degli interessi evidenziati nell’avviso
di accertamento emesso per l’anno 1998, in
dipendenza della rettifica del reddito da
partecipazione nella società SI-CAR e della
parallela rettifica del reddito sociale (a seguito
di procedimento penale a carico di tale Bizzozzero
Daniele, ritenuto “gestore di fatto” della SI-CAR,
ed altri per acquisto all’estero di autovetture in

dell’IVA,

regime sospensione

utilizzando

dichiarazioni d’intenti ideologicamente false, e
successiva rivendita a clienti finali, con addebito
dell’IVA, senza dichiararne il ricavo e versare
l’IVA all’erario) – è stata riformata la decisione
di primo grado (n. 119/23/2006 della Commissione
Tributaria Provinciale di Milano), che aveva
accolto i ricorsi riuniti del contribuente, stante
la sua estraneità ai fatti accertati in sede
penale.

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confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto
che, in sede penale, era stato accertato che tale
Bizzozzero era l’amministratore di fatto della SICAR sas e, non essendo “spiegabile il comportamento
del sig. Lucini, che risulta

essere socio

accomandatario ed amministratore della società,” né
chiare le ragioni per le quali la società, se
effettivamente inattiva dal 1994, come sostenuto

che la SI-CAR, formalmente attiva, non aveva
rispettato gli obblighi di tenuta della contabilità
e di presentazione delle dichiarazioni e
ragionevolmente era stata tenuta in vita al solo
scopo di funzionare come

“cartiera”.

Dovendo

pertanto ricadere, ad avviso della Commissione
Tributaria Regionale, sulla società e sul socio
Lucini, per la sua quota di partecipazione, gli
effetti dei comportamenti illeciti tenuti, tramite
l’amministratore di fatto, meritava accoglimento
l’appello dell’Agenzia delle Entrate.
All’udienza del 16/01/2015, il ricorso è stato
rinviato a N.R. per mancata notifica dell’avviso di
udienza, e quindi lo stesso è stato discusso
all’udienza pubblica del 15/05/2015.
Considerato in diritto.
1. Il ricorrente lamenta, con il primo, il secondo
ed il terzo motivo, l’insufficiente motivazione
della sentenza, ex art.360 n. 5 c.p.c., su fatti
decisivi e controversi, nelle parti in cui il
Bizzozzero viene definito amministratore di fatto
della SI-CAR, vengono esplicitate le possibili
spiegazioni sul

“mantenimento in vita”

della

società per scopi delittuosi e vengono ricollegate
la mancata tenuta delle scritture contabili e
l’omissione delle dichiarazioni di legge alla

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dal Lucini, non era stata sciolta, doveva rilevarsi

necessaria ricaduta degli illeciti commessi dal
Bizzozzero sulla società. Lo stesso ricorrente, con
il quarto motivo, denuncia un vizio, ex art.360 n.
3 c.p.c., di violazione e falsa applicazione
dell’art.42 DPR 600/1973, in relazione alla
determinazione del reddito d’impresa attraverso
l’utilizzo di dati e presunzioni attribuibili a
soggetto diverso dalla società, e con il quinto

applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.11
comma l e 2 d.lgs. 472/1997, per avere i giudici
della Commissione Tributaria Regionale ritenuto
solidalmente responsabili la SI-CAR e
l’amministratore

Lucini

per

l’operato

del

Bizzozzero, ai fini dell’applicazione delle
sanzioni, pur non avendo la società beneficiato
dell’attività dell’autore delle violazioni. In
ultimo, con il sesto motivo, il ricorrente lamenta
sia l’insufficiente motivazione, ex art.360 n. 5
c.p.c., sia la violazione e falsa applicazione, ex
art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.41 bis DPR 600/1973,
in relazione alla rideterminazione del proprio
reddito da partecipazione nella SI-CAR.
2. Tanto premesso, si deve rilevare, in via
pregiudiziale, la nullità dell’intero giudizio, per
difetto in integrità del contraddittorio.
Invero, in materia tributaria ed in tema di imposte
sui redditi, in particolare, attesa l’unitarietà
dell’accertamento che è alla base della rettifica
della dichiarazione dei redditi delle società di
persone e delle associazioni, ai sensi dell’art.5
DPR 917/1986, e dei soci delle stesse e
l’automatica attribuzione dei redditi a ciascun
socio, proporzionalmente alla quota di
partecipazione agli utili ed indipendentemente

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motivo, un ulteriore vizio di violazione e falsa

dalla percezione degli stessi, il ricorso proposto,
anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno
dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente
sia la società sia tutti i soci, salvo che questi
prospettino soltanto questioni personali, avendo ad
oggetto non le singole posizioni debitorie, ma la
fattispecie costitutiva dell’obbligazione
tributaria, composta da elementi comuni.

l’unitarietà dell’accertamento, che è alla base
delle determinazioni sui redditi delle società di
persone e delle associazioni di cui al D.P.R. n.
917 del 1986 (art. 5) e dei soci delle stesse, e la
conseguente automatica imputazione dei redditi a
ciascun socio, proporzionalmente alla quota di
partecipazione agli utili e indipendentemente dalla
percezione degli stessi, comporta che il ricorso
tributario proposto, anche avverso un solo avviso
di rettifica, da uno dei soci riguarda
inscindibilmente sia la società che tutti i soci,
salvo il caso in cui si prospettino questioni
personali (sent. n. 14815 del 2008).
Pertanto tutti detti soggetti devono essere parte
dello stesso procedimento e la controversia non può
essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di
essi, essendo configurabile un caso di
litisconsorzio necessario originario con relativa
necessità d’integrazione. Conseguentemente

il

giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti
i litisconsorti necessari è affetto da nullità
assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del
procedimento, anche d’ufficio (Cass.S.U.14815/2008;
Cass.11459/2009; Cass.Trib. 16661/2011).
Questa Corte ritiene che il rilievo del difetto
d’integrità del contraddittorio,

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nel giudizio

Le Sezioni Unite hanno infatti affermato che

inerente

l’impugnazione

degli

avvisi

di

accertamento del reddito da partecipazione e di una
correlata cartella esattoriale del socio Lucini,
per mancata presenza della società di persone, di
cui il medesimo era socio, al 5%, e degli altri
soci, debba prevalere e che tale rilievo, omesso da
parte dei giudici di merito, debba essere compiuto
pertanto in questa sede, essendo la Corte medesima

tutte le ipotesi in cui il processo non poteva
essere iniziato o proseguito (Sez. 5, nn. 25954,
25931, 25929 del 2010).
3. La sentenza impugnata, pronunciando sul ricorso,
va dunque cassata, con declaratoria di nullità
dell’intero giudizio, così travolta anche la
sentenza di primo grado, e rinvio alla Commissione
Tributaria Provinciale di Milano, in diversa
composizione, affinché decida la controversia
previa integrazione del contraddittorio.
Sussistono giusti motivi, atteso l’iter processuale
ed il mancato rilievo d’ufficio della non integrità
del contraddittorio, per compensare tra le parti le
spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa la
sentenza impugnata, dichiara la nullità dell’intero
giudizio, con rinvio alla Commissione Tributaria

dotata di poteri anche d’ufficio in tal senso, in

Provinciale di Milano, in diversa composizione; DEPOSITATOINCANCELLERIA
nL 2 21,2. 2015
dichiara integralmente compensate tra le parti le
spese processuali dell’intero giudizio.
Deciso in Roma, il 15/05/2015.

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