Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15415 del 20/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/07/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 20/07/2020), n.15415

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33312-2018 proposto da:

V.D., che agisce per se e quale esercente la potestà

sul figlio minore L.M.A., e nell’interesse della signora

L.M.V., tutti congiunti ed aventi diritto del Sig.

L.M.G., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato SALVATORE ROMEO;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI ARGENTA, SOELIA SPA, SARA ASSICURAZIONI SPA,

G.R.;

– intimati –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il

31/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

GRAZIOSI CHIARA.

Fatto

RILEVATO

che:

V.D. conveniva davanti al Tribunale di Ferrara il Comune di Argenta e SOELIA S.p.A. – concessionaria per la manutenzione delle strade – per ottenere il risarcimento dei danni derivati dalla morte di L.M.G., precipitato con l’automobile in una scarpata, il che sarebbe avvenuto anche per mancanza del guardrail e per la scarsa illuminazione.

I convenuti resistevano e la concessionaria veniva pure autorizzata a chiamare la sua compagnia assicuratrice, Sara Assicurazioni S.p.A., la quale si costituiva, anch’essa resistendo. Interveniva G.R., che pure aveva chiesto risarcimento.

Il Tribunale rigettava ogni domanda con sentenza del 14 giugno 2017, escludendo che sussistesse in capo ai convenuti la responsabilità ex art. 2051 c.c..

La Corte d’appello di Bologna, con provvedimento da essa qualificato “ordinanza ex art. 348 bis c.p.c.”, emesso a seguito di appello principale di V.D. e appello incidentale di G.R. avverso la sentenza del Tribunale di Ferrara, ha dichiarato inammissibili entrambi i gravami.

Ha proposto ricorso – articolato in due motivi – V.D., per sè e per il figlio minorenne L.M.A. e “nell’interesse” di L.M.V., tutti congiunti di Giovanni L.M.. Nessuno degli intimati – Comune di Argenta, SOELIA S.p.A., Sara Assicurazioni S.p.A., G.R. – si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

In primo luogo deve rilevarsi che, in quella che ha definito ordinanza ex art. 348 bis c.p.c., la corte territoriale ha dapprima osservato che l’appello principale aveva avanzato due motivi, l’uno adducente che il primo giudice non avrebbe correttamente valutato la sussistenza dei presupposti dell’art. 2051 c.c., e l’altro asserente che non avrebbe il Comune dimostrato la sussistenza del caso fortuito, censurando sulla base di omessa disposizione di una consulenza tecnica d’ufficio; la corte ha osservato altresì che l’appellante incidentale aveva insistito sull’obbligo di collocare un guardrail o comunque strumenti idonei da parte della concessionaria della manutenzione delle strade. A questo punto la corte territoriale enuncia il difetto di ragionevole probabilità di accoglimento, ma svolge poi una motivazione tale da attribuire al provvedimento la natura sostanziale di vera e propria sentenza di rigetto d’appello.

Il ricorso ciò non rileva, ma dichiara di venire proposto avverso “ordinanza ex art. 348 bis c.p.c.”: per cui, se si prescinde dall’effettivo contenuto motivazionale – tale da attribuire una sostanza di sentenza al provvedimento che, come si è detto, la corte territoriale definisce ordinanza di inammissibilità -, è inammissibile il ricorso perchè non rispetta i limiti individuati dal giudice nomofilattico (S.U. 2 febbraio 2016 n. 1914) quanto all’ammissibilità dell’impugnazione di siffatta ordinanza.

Peraltro, anche qualora, seguendo la prevalenza della sostanza sulla forma, il ricorso potesse essere vagliato nei suoi motivi, esso non può risultare ammissibile.

I motivi, infatti, denunciano/il primo, violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. “e delle norme funzionali e geometriche di adeguamento delle strade esistenti” ai sensi del D.M. 22 aprile 2004, n. 67/S – scendendo in realtà su un piano direttamente fattuale, in relazione alla condizione del luogo dove avvenne l’incidente; e peraltro si tratta di questioni esaminate in modo specifico nella motivazione del provvedimento impugnato, sempre appunto che lo si consideri, in realtà, sentenza – e,il secondo, violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.) per cattivo uso da parte del giudice di merito dell’apprezzamento delle prove – doglianza, questa, parimenti fattualer e comunque del tutto avulsa dal paradigma che la denuncia di tali norme esige (v. Cass. sez. 3, 10 giugno 2016 n. 11892, la quale, a proposito dell’art. 115 c.p.c., indica che la violazione “può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre”, e, a proposito dell’art. 116 c.p.c. – norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale -, qualifica denunciabile vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ma “solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime”; insegnamento, questo, ribadito, in motivazione, dalle Sezioni Unite nella sentenza 5 agosto 2016 n. 16598) -.

Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile, non essendovi luogo a pronuncia sulle spese in quanto non si sono difesi gli intimati.

La ricorrente, ove ne sussistano i presupposti D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, è tenuta al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e non luogo a provvedere sulle spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della debenza, ove sussistano i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 20 luglio 2020

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