Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15414 del 13/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 13/07/2011, (ud. 15/06/2011, dep. 13/07/2011), n.15414

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto President – –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 17252-2010 proposto da:

S.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA E.M. TORRIGIO 107, presso lo studio dell’avvocato DE

MARTINO VINCENZO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DIAMANTE VINCENZO, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

N.M., GENERALI ASSICURAZIONI SPA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1119/2009 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del

6.10.09, depositata il 28/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

Nella causa indicata in premessa è stata depositata la seguente relazione:

“1. La sentenza impugnata ha rigettato l’appello principale della S. ritenendo non provato il danno da perdita della capacità lavorativa specifica, non essendo stato in alcun modo documentato nè la frequenza del Conservatorio nè che fosse destinata all’attività di pianista; ha accolto l’appello incidentale ella compagnia assicuratrice riliquidando il danno e, in particolare comprendendo il danno permanente da lesione della capacità lavorativa generica nel danno biologico e ritenuto, questo incluso nella categoria del danno non patrimoniale, non ha dato luogo ad autonomo risarcimento del danno morale.

2. La censure articolate nell’unico motivo dalla ricorrente – con cui deduce violazione degli artt. 1223 e 2043 c.c. in ordine ai descritti punti della sentenza di appello – sono manifestamente prive di pregio, perchè:

2.1. quanto alla perdita della capacità lavorativa specifica, la questione della mancata prova non è prospettabile sotto il profilo della violazione di legge (art. 360, n. 3), trattandosi di censura volta a contestare la valutazione delle risultanze di causa (art. 360 c.p.c., n. 5) congruamente e correttamente apprezzate nella specie dal giudice di appello; peraltro la questione della presenza della relativa documentazione in primo grado, solo genericamente dedotta, è insuscettibile di ricorso per cassazione in quanto avrebbe dovuto formare oggetto di motivo di revocazione avverso la sentenza di prime cure;

2.2. quanto all’inclusione del danno alla capacità lavorativa generica nel danno biologico ed alla mancata autonoma risarcibilità del danno morale, la sentenza impugnata ha fatto buon governo dei principi enunciati da questa S.C. nelle sentenze delle Sezioni Unite da 26972 a 26975 del 2008 che hanno innanzitutto ribadito che il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, i quali si dividono in due gruppi: le ipotesi in cui la risarcibilità è prevista in modo espresso (ad es., nel caso in cui il fatto illecito integri gli estremi di un reato); e quella in cui la risarcibilità del danno in esame, pur non essendo espressamente prevista da una norma di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., per avere il fatto illecito vulnerato in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla Costituzione. Le sentenze quindi esaminano il contenuto della nozione di danno non patrimoniale, stabilendo che quest’ultimo costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, all’interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva.

Il danno biologico, all’interno del quale vanno posti anche il danno alla vita di relazione ed il danno estetico, comprende anche il danno cd. morale (v. anche Cass. n. 10123/09).

4. Si ritiene che il ricorso possa trattarsi in Camera di consiglio e rigettato”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite.

Le parti non hanno presentato memorie.

Ritenuto che:

a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, il ricorso deve essere rigettato essendo manifestamente infondato;

nulla per le spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2011

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