Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15413 del 22/07/2015
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15413 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
)P S
(5
Buffa Maria,
– ricorrente –
contro
Chiappero Marcello e Chiappero
Claudia, in qualità di eredi di Chiappero Antonino,
– Intimati avverso la sentenza n. 37/02/2009 della Commissione
Tributaria regionale del Piemonte, depositata il
4/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 30/04/2015 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Riccardo Fuzio, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per
cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di
Buffa Maria, Chiappero Marcello e Chiappero
Data pubblicazione: 22/07/2015
Claudio, in qualità di eredi di Chiappero Antonino,
deceduto nelle more del giudizio, avverso la
sentenza della Commissione Tributaria Regionale del
Piemonte n. 37/02/2009, depositata in data
4/05/2009, con la quale – in una controversia
concernente l’impugnazione di una cartella di
pagamento, emessa, a carico del de cuius, ex art.36
bis DPR 600/1973, per IRPEF nell’anno 2002, a
dichiarazione Modello Unico 2003 e di recupero a
tassazione di indebite compensazioni di un credito
di imposta (stante la tardiva trasmissione
telematica del Modello Unico) – è stata confermata
la decisione di primo grado, che aveva accolto il
ricorso del contribuente Chiappero.
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto
che l’irregolarità formale posta in essere dal
contribuente, dovuta anche
“all’applicazione di
nuovi strumenti ed all’imposizione di nuovi oneri,
quali l’invio telematico delle dichiarazioni”, non
“può giungere a negare al contribuente il credito
vantato”.
Gli intimati non resistono.
Considerato in diritto.
1.L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con
il primo motivo, la violazione, ex art.360 n. 3
c.p.c., dell’art.2 comma 7 DPR
322/1998,
a norma
del quale le dichiarazioni dei redditi presentate
oltre
il
termine di 90 giorni (quale quella in
oggetto, presentata dal contribuente per il 2001,
Modello Unico 2002, oltre i 90 giorni dalla
scadenza, precisamente il 19/01/2005), dalla
scadenza
“si considerano omesse”,
con conseguente
non spettanza del credito d’imposta ivi riportato.
Con il secondo motivo, la stessa ricorrente censura
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seguito di controllo automatizzato della
la sentenza, sempre ex art.360 n. 3 c.p.c., per
violazione e falsa applicazione dell’art.2 comma 7
DPR 322/1998, in combinato disposto all’art.5
d.lgs. 472/1997, non potendo l’errore scusabile
invocato dai giudici d’appello implicare la non
debenza dell’imposta, al più rilevando in relazione
alla non applicazione delle sanzioni.
Infine, con il terzo motivo, la ricorrente invoca
ordine al fatto decisivo e controverso
“dalla base normativa utilizzata
rappresentato
dalla CTR per respingere l’appello dell’Ufficio”,
avendo i giudici utilizzato essenzialmente ragioni
extragiuridiche.
2.
Le
prime
due
censure,
da
trattare
congiuntamente, sono fondate.
Invero,
il coma 7 dell’art.2 DPR 322/1998
prescrive che
“sono considerate valide le
dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla
scadenza del termine, salva restando l’applicazione
delle sanzioni amministrative per il ritardo.
presentate con
dichiarazioni
Le
ritardo superiore a
novanta giorni si considerano omesse, ma
costituiscono, comunque,
delle
imposte
esse
indicati e
titolo per la riscossione
base agli imponibili in
dovute in
delle ritenute
indicate dal
sostituti d’imposta”.
E’
stato
accertato,
in
sentenza,
che
la
dichiarazione UNICO 2002, nella quale era stato
indicato il credito IRPEF di cui è causa, portato
dal contribuente Chiappero Antonino in
compensazione, è stata presentata ampiamente oltre
il termine di legge di 90 gg (in data 19/01/2005),
per via telematica, tramite intermediario.
La omessa presentazione (in quanto tardiva) della
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l’omessa motivazione, ex art.360 n. 5 c.p.c., in
dichiarazione dei redditi, nella quale era stato
utilizzato in compensazione il credito d’imposta,
ne comportava il disconoscimento con conseguente
debenza dell’imposta portata in cartella
esattoriale ex art.36 bis DPR 600/1973.
E’ fondato anche il secondo motivo, in quanto
l’elemento soggettivo rileva solo in tema di
sanzioni amministrative per violazioni di norme
del 1997, occorrendo, ai fini dell’affermazione
della responsabilità del contribuente, che l’azione
o l’omissione causativa della violazione sia
volontaria, ossia compiuta con coscienza e volontà,
e colpevole, ossia compiuta con dolo o con
negligenza, ma esso non può implicare anche la non
debenza dell’imposta.
3. Il terzo motivo è assorbito.
4. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve
essere accolto e la sentenza impugnata deve essere
cassata; decidendo nel merito, non essendovi
necessità di ulteriori accertamenti in fatto, va
respinto il ricorso introduttivo del contribuente
Chiappero Antonino.
Le spese processuali del giudizio di merito, attese
tutte le peculiarità della fattispecie, vanno
integralmente compensate tra le parti, mentre le
spese processuali del presente giudizio di
legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono
la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, quanto ai primi due
motivi, assorbito il terzo; cassa la sentenza
impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il
ricorso introduttivo del contribuente Chiappero
Antonino; dichiara integralmente compensate tra le
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tributarie, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 472
parti le spese del giudizio di merito; condanna gli
intimati, in solido, al rimborso delle spese
processuali del presente giudizio di legittimità,
liquidate in complessivi e 2.500,00,
a titolo di
compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, il 30/04/2015.