Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15412 del 26/07/2016

Cassazione civile sez. I, 26/07/2016, (ud. 31/05/2016, dep. 26/07/2016), n.15412

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25921-2010 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO

20, presso l’avvocato PIERLUIGI RONZANI, rappresentato e difeso da

se medesimo unitamente all’avvocato ETTORE MARIA NEGRO, giusta

procura a margine della memoria di costituzione di nuovo difensore;

– ricorrente –

contro

ANTONIO MERLONI S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA (C.F./P.I.

(OMISSIS)), in persona dei Commissari Straordinari pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARNABA ORIANI 85, presso

l’avvocato VALERIO DI GRAVIO, che la rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 28/09/2010,

R.G. 4654/09;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/05/2016 dal Consigliere Dott. DIDONE ANTONIO;

uditi, per il ricorrente, gli Avvocati ETTORE MARIA NEGRO e

B.M. che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato FILIPPO AURITI, con

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVATO LUIGI, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.- Con il decreto impugnato il Tribunale di Ancona ha parzialmente accolto l’opposizione allo stato passivo dell’amministrazione straordinaria della s.p.a. Merloni proposta dall’avv. B.M., il quale lamentava l’esclusione del credito insinuato per compensi di attività professionale – stragiudiziale e giudiziale – espletata in favore della società; credito ammesso solo in parte, sia in prededuzione che in privilegio.

Il Tribunale, preso atto della mancata contestazione quanto all’ulteriore somma di Euro 17.500,03 relativa a credito per attività stragiudiziale, ha ammesso il predetto ulteriore importo in privilegio, rigettando nel resto l’opposizione. In particolare, ritenuta inammissibile, perchè tardiva, la produzione di documenti durante la prima udienza e inammissibili o irrilevanti i capitoli della prova testimoniale dedotta, escluso che l’opponente avesse fornito la prova di una consulenza continua ai sensi dell’art. 4 delle tariffe stragiudiziali, ha ritenuto congrua la liquidazione degli onorari per attività stragiudiziale in Euro 120.000,00 al lordo delle ritenute, in prededuzione mentre non ha ritenuto provate le ulteriori attività stragiudiziali per le quali l’opponente aveva chiesto l’ammissione di ulteriori Euro 207.000,00. Infine, erano generiche le doglianze relative alla liquidazione dei compensi per attività giudiziale, confermando l’importo ammesso di Euro 120.000,00 in privilegio e di Euro 23.704,83 in chirografo.

Contro il decreto del tribunale l’avv. B.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste con controricorso l’amministrazione straordinaria intimata.

Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c., le parti hanno depositato memoria.

2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia – in relazione al compenso per attività stragiudiziale di consulenza – vizio di motivazione (nel quale confluisce la denunciata violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.: Sez. 1, n. 26285/2014; Sez. 1, n. 14267/2006) lamentando l’erronea valutazione del materiale probatorio documentale e la mancata ammissione delle prove testimoniali dedotte.

Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c..

La richiesta di provare per testimoni un fatto esige non solo che questo sia dedotto in un capitolo specifico e determinato, ma anche che sia collocato univocamente nel tempo e nello spazio, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova ed alla controparte la preparazione di un’adeguata difesa (Sez. 3, n. 9547/2009).

E’, pertanto, inammissibile il capitolo di prova per testimoni volto a dimostrare il compimento di un atto qualora non siano indicati il luogo in cui l’atto venne compiuto, la data e le relative modalità (cfr. Sez. 3, n. 9547/2009).

L’indagine del giudice di merito, sui requisiti di specificità e rilevanza dei capitoli formulati dalla parte istante, va condotta non solo alla stregua della loro formulazione letterale, ma anche in correlazione all’adeguatezza fattuale e temporale delle circostanze articolate, con l’avvertenza che la facoltà del giudice di chiedere chiarimenti e precisazioni ex art. 253 c.p.c., di natura esclusivamente integrativa, non può tradursi in un’inammissibile sanatoria della genericità e delle deficienze dell’articolazione probatoria (Sez. 3, n. 3280/2008; Sez. 3, n. 4501/2010).

Nella concreta fattispecie il giudice del merito, nel ritenere inammissibile la prova testimoniale dedotta dal ricorrente, ha correttamente applicato tutti i principi giurisprudenziali innanzi enunciati e nel ricorso non sono indicate le ragioni per le quali la consolidata giurisprudenza di questa Corte dovrebbe essere rimeditata. Nel resto il motivo è inammissibile perchè – quanto alla valutazione del materiale probatorio – veicola censure in fatto non deducibili in sede di legittimità, essendo volte a ottenere una diversa lettura degli atti processuali, fermo restando – come eccepito dall’a.s. resistente – che non stata specificamente impugnata la (corretta) declaratoria di inammissibilità della produzione documentale per tardività (in quanto avvenuta in udienza e non con il deposito del ricorso: v. Sez. 1, n. 25174/2015). Quanto, infine, al compenso per attività giudiziale svolta in favore della s.p.a. Merloni (pagg. 16-17 del ricorso), è fondata l’eccezione dell’a.s. resistente, la quale ha evidenziato che in ordine a quelle voci il tribunale ha ritenuto generici i motivi dell’opposizione e tale statuizione non è stata ritualmente impugnata.

2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione nonchè violazione dell’art. 2233 c.c., in relazione alla “individuazione e quantificazione del compenso relativo all’attività stragiudiziale di consulenza nella procedura concorsuale”. Lamenta che la liquidazione di Euro 400.000,00 per tutti e quattro i professionisti incaricati sia stata operata equitativamente.

Il motivo è infondato, sia nella parte in cui denuncia il ricorso all’equità, posto il tribunale ha respinto il relativo motivo di opposizione affermando che la liquidazione operata dal giudice delegato era da ritenere “equa e conforme ai valori tariffari giudiziali” sia nella parte in cui deduce la violazione dei minimi tariffari determinati alla stregua del valore del passivo della procedura.

Infatti, della tariffa stragiudiziale, D.M. n. 127 del 2004, art. 5, comma 3, che prevede che “Per l’assistenza in procedure concorsuali giudiziali o stragiudiziali si ha riguardo al valore del credito del cliente creditore o al valore del passivo del cliente debitore”, mentre il compenso – come ha rilevato il tribunale – è stato liquidato per prestazioni giudiziali. E tali sono le voci indicate nel ricorso a pag. 20: studio della controversia, consultazioni con il cliente e redazione dell’atto introduttivo.

Il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2016

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