Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15411 del 22/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15411 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Bullo Renzo, elettivamente domiciliato in Roma
presso la Cancelleria della Corte Suprema di
Cassazione e rappresentato e difeso dall’Avv.to
Giuseppe Bersani, in forza di procura speciale a
margine del ricorso
– ricorrente –

M3
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– resistente –

avverso la sentenza n. 16/01/2010 della Commissione
Tributaria regionale della Lombardia, depositata il
20/01/2010;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 30/04/2015 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Riccardo Fuzio, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto

Data pubblicazione: 22/07/2015

Bullo Renzo propone ricorso per cassazione,
affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia
delle Entrate (che si costituisce al solo fine di
partecipazione all’udienza pubblica di
discussione), avverso la sentenza della Commissione
Tributaria Regionale della Lombardia n. 16/01/2010,
depositata in data 20/01/2010, con la quale – in
una controversia concernente l’impugnazione del

finanziaria ad un’istanza del contribuente di
rimborso dell’IRPEF versata, nell’anno 2003, a
titolo di maggiore ritenuta operata sulla somma
erogatagli, nell’aprile di quell’anno, quale
incentivazione straordinaria all’esodo, alla
cessazione del rapporto di lavoro (sostenendo il
medesimo contribuente che anche agli uomini, di età
compresa tra i 50 anni ed i 55 anni, e non solo
alle donne, secondo il disposto dell’art.19 comma
IV bis DPR 917/1986-TUIR, dovesse essere applicata,
sulle somme erogate, a titolo di incentivazione
all’esodo, un’aliquota ridotta)- è stata confermata
la decisione di primo grado, che aveva respinto il
ricorso del contribuente.
I giudici di primo grado avevano ritenuto
inapplicabile l’art.19 del TUIR nella sua totalità,
in virtù della sentenza della Corte di Giustizia UE
n. 2007/2004, non essendo estensibile agli uomini
la posizione di vantaggio prevista per le donne.
giudici

d’appello,

nel

confermare

detta

statuizione, hanno sostenuto che, come già
affermato dai giudici di primo grado, l’art.19
comma 4 bis del TUIR deve essere disatteso nella
sua interezza, non avendo la Corte di Giustizia,
nel ritenere la norma in oggetto discriminatoria,
precisato se il legislatore avrebbe dovuto

2

silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione

estendere agli uomini la posizione di vantaggio
originariamente prevista per le sole donne;
inoltre, gli stessi hanno evidenziato che il
rapporto di lavoro è cessato prima dell’entrata in
vigore del d.l. n. 223/2006, emanato in esecuzione
della sentenza della Corte di Giustizia citata, e
che detta normativa, pur avendo eliminato la
disparità di trattamento per le indennità di

cessazioni di rapporti di lavoro, ha mantenuto tale
disparità per i rapporti cessati prima della sua
entrata in vigore.
Considerato in diritto.
1.11 ricorrente lamenta, con il primo motivo, la
violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3
c.p.c.„ dell’art.19 comma 4 bis del TUIR, in
relazione alla Direttiva comunitaria n. 76/207/CEE
del 9/02/1976, all’art.141 del Trattato UE ed alla
sentenza della Corte di Giustizia Europea C- 207/04
del 21/07/2005, nonché dell’ordinanza della stessa
Corte di Giustizia Europea del 16/01/2008, nelle
cause riunite C-128/2007 e C-131/2007, in quanto i
giudici della C.T.R. avrebbero dovuto disapplicare
la normativa discriminatoria, senza attendere la
previa rimozione da parte del legislatore,
estendendo l’aliquota agevolata IRPEF, prevista per
lavoratori di sesso femminile, anche ai
lavoratori di sesso maschile di pari età.
Con il secondo motivo, il ricorrente invoca poi la
violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3
c.p.c., degli artt. 36 comma 23 (seconda parte)
d.1.223/2006, convertito in 1.248/2006, in
relazione alla Direttiva comunitaria n. 76/207/CEE
del 9/02/1976, all’art.141 del Trattato UE ed alla
sentenza della Corte di Giustizia Europea C- 207/04

3

incentivo all’esodo correlate alle future

del 21/07/2005, nonché dell’ordinanza della stessa
Corte di Giustizia Europea del 16/01/2008, nelle
cause riunite C-128/2007 e C-131/2007, assumendo
che i giudici d’appello avrebbero dovuto anche
disapplicare

la

norma

transitoria

contenuta

nell’art.36 comma 23 del d.l. 223/2006, laddove la
stessa, abrogando il regime agevolato, ha disposto
che la precedente legislazione discriminatoria
a

spiegare

efficacia

per

le

liquidazioni effettuate prima del luglio 2006.
2. I due motivi, da trattare unitariamente perché
connessi, sono fondati.
Il comma 4 bis dell’ art. 19 del d.p.r.22/12/1986,
n. 917, nel testo vigente fino al 3 luglio 2006,
prevedeva l’applicazione di un’aliquota agevolata
sulle somme percepite come incentivo all’esodo
volontario, pari alla metà di quella ordinariamente
applicabile per le indennità di trattamento di fine
rapporto e per tutte le altre indennità
equipollenti, individuando l’età come elemento
caratterizzante.
In particolare, la norma era applicabile agli
uomini che, al momento dell’esodo, avessero
compiuto 55 anni ed alle donne che ne avessero
compiuti 50.
La Corte di Giustizia delle Comunità Europee, con
sentenza del 21 luglio 2005, emessa nella causa C207/2004, ha ritenuto tale norma in contrasto con i
principi comunitari di parità di trattamento tra
uomini e donne dettati dalla direttiva del
Consiglio 9 febbraio 1976, n. 76/207/CEE.
Al fine di eliminare i profili di incompatibilità
della normativa nazionale con la normativa
comunitaria, evidenziati dalla Corte di Giustizia
delle Comunità Europee, il legislatore, con d.1.4

4

continuasse

luglio 2006, n.223, convertito, con modificazioni,
dalla legge 4 agosto 2006, n.248, ha ritenuto
opportuno abrogare il coma 4-bis dell’art. 19 del
Tuir, mantenendone però l’applicazione

“alle somme

corrisposte in relazione a rapporti di lavoro
cessati prima della data di entrata in vigore del
presente decreto nonché con riferimento alle somme
corrisposte in relazione a rapporti di lavoro

data certa, anteriori alla data di entrata in
vigore del presente decreto”.
E’ rimasta quindi aperta, pur dopo l’abrogazione
dell’art. 19, comma 4 bis, TUIR, la questione della
portata da attribuire a tale disposizione, alla
luce della pronuncia della Corte di Giustizia UE,
nei rapporti ai quali essa continuava ad
applicarsi, ratione temporis.
La

Corte

di

Giustizia

dell’Unione

Europea,

investita nuovamente, con ordinanza del 16 gennaio
2008, nelle cause riunite da C-128/07 a C-I31/07,
ha definitivamente statuito che: “qualora sia stata
accertata una discriminazione incompatibile con il
diritto comunitario, finché non siano adottate
misure volte a ripristinare la parità di
trattamento, il giudice nazionale è tenuto a
disapplicare qualsiasi disposizione
discriminatoria, senza doverne chiedere o attendere
la previa rimozione da parte del legislatore, e
deve applicare ai componenti della categoria
sfavorita lo stesso regime che viene riservato alle
persone dell’altra categoria”.
Con detta pronuncia, dunque, la Corte di Giustizia
europea ha ulteriormente chiarito che il giudice
nazionale “è

tenuto a disapplicare qualsiasi

disposizione discriminatoria” .

5

Az&.

cessati in attuazione di atti o di accordi, aventi

Nella specie, la Commissione tributaria regionale
lombarda, ha invece ritenuto pienamente operante e
legittima anche la successiva normativa interna
nella parte in cui, mantenendo l’applicabilità
della normativa abrogata alla cessazione dei
rapporti di lavoro in data pregressa, disattendeva
tuttavia il divieto di discriminazione.
3. Alla luce di quanto sopra esposto, il ricorso va

e, decidendo nel merito, non essendo necessari
ulteriori accertamenti in fatto, va accolto il
ricorso introduttivo del contribuente.
Le spese processuali dell’intero giudizio vanno
integralmente compensate tra le parti, atteso
l’evolversi della giurisprudenza di questo giudice
di legittimità, successivamente alla proposizione
del ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza
impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il
ricorso introduttivo del contribuente; dichiara le
spese processuali dell’intero giudizio
integralmente compensate tra le parti.
Deciso in Roma, il 30/04/2015.

accolto, con cassazione della sentenza impugnata,

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