Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15411 del 13/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 13/07/2011, (ud. 15/06/2011, dep. 13/07/2011), n.15411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto President – –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15351-2010 proposto da:

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA 01585570581 (anche RFI SpA) – Società

con socio unico soggetta alla direzione e coordinamento di Ferrovie

dello Stato SpA in persona dell’institore, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA G. NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato FRANCINI

STANISLAO, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CARIGE ASSICURAZIONI SPA in persona del procura speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MAZZINI 6, presso lo studio

dell’avvocato ELIO VITALE, rappresentata e difesa dall’avvocato

TENTINDO FRANCESCO, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 89/2010 del TRIBUNALE di ANCONA del 29.5.09,

depositata il 21/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito per la ricorrente l’Avvocato Stanislao Arancini che si riporta

agli scritti e chiede la compensazione delle spese.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta e si

oppone alla compensazione.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

Nella causa indicata in premessa, è stata depositata la seguente relazione:

“1. La sentenza impugnata, confermando quella del Giudice di pace di Ancona, ha rigettato la domanda di risarcimento danni della R.F.I. in relazione al trattamento economico erogato alla dipendente N. durante l’assenza della stesa nel corso del periodo d’inabilità temporanea permanente che assumeva attribuibile al sinistro stradale causato da auto condotta da M.P., assicurato con la dante causa della compagnia odierna resistente. In particolare, il giudice di appello ha rilevato che il periodo di assenza dal lavoro della N. non era sufficiente in sè a dimostrare che fosse esclusivamente da ricollegare al sinistro, in quanto nel referto di P.S. era formulata, subito dopo il fatto, una prognosi di soli sette giorni e l’incidente si era verificato in epoca in cui la lavoratrice godeva di altro periodo d’invalidità temporanea derivante da precedente sinistro; i documenti prodotti da parte attrice erano del tutto irrilevanti, in quanto privi del crisma della terzietà e, comunque, in essi, pur prescrivendosi riposo e cure, nulla si afferma circa il nesso di causalità tra le patologie della lavoratrice ed il sinistro. Concludevano i giudici di merito che, in assenza di deduzioni istruttorie specifiche in relazione al nesso causale, correttamente il giudice di pace aveva apprezzato le emergenze istruttorie.

2. Ricorre per cassazione R.F.I., con due motivi, resiste la compagnia assicuratrice con controricorso.

Questi sono i motivi:

2.1. Violazione ed errata applicazione dei principi sulla responsabilità di cui all’art. 2043 c.c., non essendo stato correttamente applicato il criterio dell’esclusivo rilievo giuridico della causa sopravvenuta (art. 41.2 c.p.) insufficiente e contraddittoria motivazione sul nesso di causalità tra evento e danno per non avere i giudici tenuto conto che le certificazioni mediche erano il puntuale riscontro del certificato del Pronto Soccorso.

2.2. Violazione dell’art. 116 c.p.c. in tema di valutazione delle prove, perchè nel valutare i certificati medici prodotti il Tribunale avrebbe confuso la provenienza con il contenuto, non valutando adeguatamente quest’ultimo ai fini del rapporto tra le conseguenze dannose e la patologia.

3. Le censure – che possono trattarsi congiuntamente stante l’intima connessione e la sostanziale unitarietà delle relative doglianze – sono manifestamente prive di pregio.

3.1. Come emerge dalla motivazione innanzi riepilogata, il giudice di appello ha proceduto ad una completa e puntuale valutazione degli elementi probatori acquisiti agli atti ed ha verificato che non risultava provato il nesso causale tra il sinistro in lite e l’assenza dal lavoro della dipendente di R.F.I.. Rispetto a tale congrua e corretta ricostruzione delle risultanze di causa, la società ricorrente, lungi dal dedurre un’effettiva violazione di legge, si limita ad opporre, a quella fornita dai giudici di appello, una propria soggettiva e diversa lettura delle emergenze istruttorie e si duole che i giudici ne abbiano privilegiato alcune rispetto ad altre. Va, al riguardo ribadita la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di incidenti stradali, la ricostruzione della loro dinamica, come pure 1’accertamento delle condotte dei veicoli coinvolti e della sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e la loro eventuale graduazione, al pari dell’accertamento della esistenza o esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità, qualora il procedimento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico – giuridico (Cass. 14 luglio 2003, n. 11007; Cass. 10 luglio 2003, n. 10880; Cass. 5 aprile 2003, n. 5375; Cass. 11 novembre 2002, n. 15809).

3.2. Del resto, proprio in base all’orientamento invocato da parte ricorrente, anche l’individuazione dell’efficienza della causa sopravvenuta e la sua idoneità ad escludere il nesso causale con quella preesistente rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito e non è suscettibile di sindacato in questa sede, se sorretto da congrua e corretta motivazione (Cass. n. 26997/05), come avvenuto nella specie in base a quanto sopra specificato.

3.3. Anche la seconda censura è manifestamente priva di pregio, avendo i giudici di merito correttamente preso in considerazione, non solo la provenienza – ai fini dell’attendibilità – ma anche lo specifico contenuto delle certificazioni mediche di parte ed hanno osservato che esse nulla specificavano in ordine alla sussistenza del nesso causale. Tale corretta ratio decidendi non può ritenersi sufficientemente impugnata solo deducendo che dette certificazioni rappresenterebbero il riscontro del certificato del Pronto Soccorso, contenendo questo solo la prognosi di sette giorni d’invalidità, come rilevato propriamente nella sentenza impugnata.

3.4. Si ritiene che il ricorso possa trattarsi in Camera di consiglio e rigettarsi”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite.

Le parti non hanno presentato memorie.

Ritenuto che:

a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato; le spese tra le parti costituite seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nei confronti della CARIGE che liquida in Euro 1200,00, di cui Euro 1000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2011

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