Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15410 del 22/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15410 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FEDERICO GUIDO

SENTENZA

sul ricorso 19391-2010 proposto da:
CASALE

IGNAZIO

MARIO

MICHELE,

elettivamente

domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso lo
studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo
rappresenta e difende giusta delega in calce;
– ricorrente 2015
1712

contro
AGENZIA FISCALE DELLE ENTRATE in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 22/07/2015

avverso fa sentenza n. 28/2009 della COMM.TRIB.REG.
di TORINO, depositata il 2g/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/04/2015 dal Consigliere Dott. GUIDO
FEDERICO;

Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Svolgimento del processo
A seguito di controllo formale ex art. 36 ter Dpr 600/73 veniva emessa cartella esattoriale a carico
di Casale Ignazio Mario Michele, con la quale venivano recuperati a tassazione oneri non
riconosciuti per l’anno d’imposta 2002, con conseguente liquidazione di maggiore imposta Irpef per
945,15 euro.

previdenziali integrativi versati alla cassa geometri e degli interessi passivi di un mutuo stipulato
nell’anno successivo all’acquisto di un immobile.
La CTR del Piemonte, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva invece l’appello
dell’Agenzia ed affermava la legittimità della cartella esattoriale.
La CTR, in particolare, disattese le eccezioni preliminari di carattere formale del contribuente,
relative alla mancanza dell’ autorizzazione preventiva alla proposizione del ricorso, alla violazione
dell’art. 7 L.212/2000, ed alla mancata sottoscrizione del ruolo da parte del Direttore dell’Agenzia
delle Entrate, rilevava, nel merito, la fondatezza dei rilievi dell’Ufficio in quanto:
– i contributi previdenziali in oggetto non rientravano nella categoria dei contribuiti
obbligatori deducibili ex art. 10 TUIR;
non sussistevano i presupposti per la detraibilità degli interessi passivi sul mutuo ipotecario,
in quanto esso era stato stipulato oltre il termine annuale dalla data di acquisto
dell’immobile.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a 6 motivi, il contribuente.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso il contribuente denunzia la violazione e mancata applicazione
dell’art. 3 comma 3 L.241/1990 e dell’art.7 1.212/00, degli artt. 52 e 62 d.lgs. n.546/1992, e 360 n.5)
cpc, chiedendo alla Corte di dire se l’autorizzazione alla proposizione del ricorso in appello
dell’Agenzia delle Entrate debba o meno essere motivata.
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La CTP di Torino accoglieva il ricorso del contribuente, affermando la deducibilità dei contributi

Con il secondo e terzo motivo si denunzia la violazione e mancata applicazione dell’art. 1 comma 2
D.Igs. 546/1992, dell’art. 125 cpc, la violazione e applicazione degli artt. 52 comma 2 e 62
D.Igs.546/92, nonché dell’art. 360 n.5) cpc, chiedendo alla Corte di dire se l’autorizzazione alla
proposizione del ricorso in appello debba essere sottoscritto in originale e non essere prodotto in
fotocopia, avuto riguardo in particolare al fatto che nel caso di specie il ricorso in appello era stato

quella successivamente depositata presso la CTR.
I motivi che in ragione della loro intima connessione possono unitariamente esaminarsi, sono
destituiti di fondamento.
Considerato che l’appello è stato proposto dall’Agenzia in data 13.11.2008, non è applicabile alla
fattispecie in esame la disposizione di cui all’art. 52, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546,
secondo la quale gli uffici periferici del dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze e gli
uffici del territorio devono essere previamente autorizzati alla proposizione dell’appello principale,
rispettivamente, dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione generale
delle entrate e dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione
compartimentale del territorio.
Come questa Corte ha già affermato, infatti, tale disposizione non è più applicabile una volta
divenuta operativa – in forza del d.m. 28 dicembre 2000 del Ministero dell’economia – la disciplina
recata dall’art. 57 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, che ha istituito le Agenzie fiscali, attribuendo ad
esse la gestione della generalità delle funzioni in precedenza esercitate dai dipartimenti e dagli uffici
del Ministero delle finanze, e trasferendo alle medesime i relativi rapporti giuridici, poteri e
competenze, spettando a ciascuna agenzia appellare le sentenze ad esse sfavorevoli delle
commissioni tributarie provinciali (Cass. 10736/2014).
In ogni caso, l’autorizzazione alla proposizione dell’appello, con sottoscrizione del capo
dell’Ufficio legale risulta ritualmente prodotta in giudizio, • mentre è del tutto irrilevante,
consideratane la natura di atto meramente interno, la mancanza di un’espressa motivazione
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inviato a mezzo del servizio postale ed era privo dell’attestazione di conformità tra la copia inviata e

dell’autorizzazione e la mancata attestazione di conformità tra la copia del ricorso inviata e quella
depositata presso la CTR.
Con il quarto motivo si denunzia la violazione e mancata applicazione dell’art. 7 L.212/00, dell’art.
62 Dlgs. 546/1992, in relazione all’art. 360 n.3) e 5) cpc, chiedendo alla Corte di dire se, in caso di
invio dell’atto concernente il controllo formale della dichiarazione dei redditi, la mera contestazione

relationem nella motivazione del ruolo , senza l’indicazione dei presupposti di fatto e della
motivazione di diritto, comporti la nullità del ruolo per difetto di motivazione.
La censura è infondata.
Risulta infatti dallo stesso contenuto del ricorso proposto dal contribuente che l’Ufficio, dopo
avergli inviato ex art. 36 ter Dpr 600/73 comma 3 richiesta di esibizione della documentazione
relativa ai dati esposti nella dichiarazione dei redditi per l’anno 2002, comunicò, ai sensi del comma
4 della medesima disposizione, l’esito del controllo formale, vale a dire il mancato riconoscimento
della deducibilità dei contributi previdenziali e degli interessi passivi sul mutuo ipotecario.
L’Agenzia ha dunque osservato le regole procedimentali poste dall’art. 36 ter commi 3 e 4 , posto
che la cartella esattoriale fu notificata solo all’esito dell’invito preventivo di cui al comma 3 ed alla
successiva comunicazione di cui al comma 4 , con cui venivano specificamente indicati gli oneri
non riconosciuti in detrazione per il contribuente e gli veniva formulato l’ invito ad esibire ulteriore
dati o elementi non in possesso dell’Ufficio.
Appare dunque assolta la funzione di garanzia della comunicazione, posto che, a seguito della
specifica indicazione degli oneri non riconosciuti, il contribuente era stato messo in condizione di
valutare la fondatezza della pretesa, e dunque di scegliere se fruire del beneficio della riduzione
delle sanzioni , ovvero se indicare ulteriori dati o elementi a sostegno della propria posizione.
Solo successivamente venne iscritta a ruolo la maggiore imposta Irpef e la relativa cartella notificata
al contribuente rinviava, quanto alla causale, alla pregressa comunicazione ex art. 36 ter comma 4,
dovendo con ciò ritenersi rispettato il diritto di informazione e di difesa del contribuente,
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della indeducibilità degli interessi passivi e dei contributi integrativi previdenziali, ripresa per

pienamente in grado di conoscere le ragioni della pretesa erariale e di esercitare il proprio diritto di
difesa in sede contenziosa.
La specifica indicazione delle spese in ordine alle quali non era stata riconosciuta al contribuente la
deducibilità, per carenza dei relativi presupposti, era infatti idonea a consentirgli l’esercizio del
diritto di difesa già in fase precontenziosa, mediante integrazione dei documenti originari con la

ter comma 4, aventi specificamente ad oggetto gli oneri non riconosciuti.
Il contribuente non ritenne peraltro di esercitare tale facoltà, impugnando direttamente la cartella
successivamente emessa.
Non è dunque ravvisabile la dedotta nullità della cartella per difetto di motivazione.
Con il quinto motivo si denunzia violazione e mancata applicazione dell’art. 10 comma 1 lett e)
TUIR , in relazione all’art. 360 nn. 3) e 5) cpc, sotto diversi profili.
Il contribuente lamenta anzitutto che la CTR abbia omesso di esaminare la censura di
inammissibilità dell’appello dell’Agenzia per genericità e novità dello stesso.
In particolare, secondo il contribuente l’appello dell’Ufficio sarebbe del tutto generico, in quanto la
richiesta di esclusione della deducibilità dei contributi, in riforma della sentenza di primo grado,
veniva fondata sulla sola circostanza che essi non concorrevano alla formazione della base
imponibile ai fini Irpef, rilevando al solo fine Iva.
Tale censura, inoltre, sarebbe stata sollevata solo nel giudizio di appello.
Quanto al profilo della novità del motivo di impugnazione il ricorso difetta di autosufficienza.
Ed invero, premesso che la sentenza della CTR dà atto che l’Agenzia costituendosi nel giudizio di
primo grado ebbe a contestare tutte le eccezioni del contribuente, non risulta riportato nel corpo del
ricorso l’atto di costituzione dell’Agenzia nel giudizio di primo grado, onde non è possibile
verificare la circostanza che il profilo( esclusione dalla base imponibile Irpef) in forza del quale era
stata esclusa la deducibilità dei contributi fosse stata sollevata dall’Agenzia solo in sede di appello.

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segnalazione di ulteriori dati ed elementi, come indicato nella comunicazione inviatagli ex art. 36

Va del pari esclusa le genericità dell’impugnazione, in quanto, secondo quanto risulta dallo stesso
ricorso, nell’impugnazione erano specificamente indicate le ragioni della ritenuta indeducibilità del
contributo, relative alla circostanza che detti contributi non concorrevano alla formazione della base
imponibile Irpef.
Appare altresì infondato l’ulteriore profilo di illegittimità della sentenza della CTR denunziato dal

La CTR ha infatti confermato la prospettazione dell’Ufficio escludendo la deducibilità dei
contributi in oggetto in quanto non rientranti nella previsione dell’art. 10 TUIR, precisando altresí
che detti contributi non erano soggetti ad Irpef e non concorrevano alla formazione del reddito
professionale.
Con il sesto motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 comma 4 Dpr 602/73
in relazione all’art. 360 nn. 3) e 5) cpc.
Anche in questo caso il contribuente censura la statuizione della CTR che ha respinto l’eccezione di
nullità del ruolo per carenza di sottoscrizione sotto diversi profili.
Si deduce anzitutto la omessa motivazione della sentenza della CTR, rilevandosi altresì il mancato
deposito del ruolo cartaceo e della ricevuta dell’avvenuto invio telematico del ruolo.
La censura è infondata.
La motivazione della CTR, che ha affermato la regolare sottoscrizione del ruolo mediante firma
digitale da parte del titolare dell’Ufficio, in forza del D.Igs 46/99( e DM Ministero Finanze 29.11.99
n.280) appare infatti esaustiva, logicamente argomentata e costituisce accertamento di fatto non
sindacabile nel presente giudizio.
Con il settimo motivo si denunzia violazione e mancata applicazione dell’art. 12 Dpr 602/73 dePart.
2 DM 321/99, nonché violazione e mancata applicazione dell’art. 4 Dlgs. n.165/2001; la violazione
e mancata applicazione dell’art. 19 e dell’art. 53 Dlgs. 300/1999; la violazione e mancata
applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n.3) cpc, chiedendo alla Corte di dire se: ”
assodato che gli incarichi dirigenziali possano essere affidati anche a soggetti non appartenenti ai
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contribuente, riconducibile al vizio di ultra-petizione.

ruoli dirigenziali, risulti essere legittimo quell’atto per il quale, a fronte della specifica censura , non
sia stata fornita prova documentale da parte convenuta dell’effettivo “affidamento di incarico”
dirigenziale.
Pure tale motivo, per la verità scarsamente intellegibile, è infondato.
La CTR ha infatti affermato, con accertamento di merito che in quanto correttamente ed

ritualmente sottoscritto dal legale rappresentante dell’Ufficio locale, e che, sulla base dell’art. 19
D.lgs. 165/01, come modificato dalla L.145/02, era altresí infondata la censura sollevata dal
contribuente in ordine alla carenza di qualifica dirigenziale del soggetto che aveva sottoscritto il
ruolo.
Il ricorso va dunque respinto ed il contribuente va condannato alla refusione all’Agenzia delle spese
del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna il contribuente alla refusione all’Agenzia delle spese del presente giudizio, che liquida in
650,00 euro per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Cosí deciso in Roma, il 30 aprile 2015
Il Presidente

esaustivamente motivata si sottrae ad ogni sindacato nel presente giudizio, che il ruolo risultava

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