Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15410 del 13/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 13/07/2011, (ud. 15/06/2011, dep. 13/07/2011), n.15410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto President – –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15061-2010 proposto da:

S.S. (OMISSIS), S.C., S.

F. (OMISSIS), S.M.T.

(OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, LARGO COLLI

ALBANI 14, presso lo studio dell’avvocato PERRI NATALE, che li

rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo studio dell’avvocato DE MIRO

ROBERTO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

NAVALE ASSICURAZIONI SPA (già FIDUCIARIA ASSICURAZIONI SPA)

(OMISSIS) in persona del Direttore Generale, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA ISTRIA 2, presso lo studio dell’avvocato

TALLARICO LUIGI, rappresentata e difesa dall’avvocato RYLLO

FRANCESCO, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

SC.MA.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1028/2009 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 4.12.09, depositata il 15/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Natale Perri che si riporta ai

motivi del ricorso;

udito per la controricorrente (sig.ra C.E.) l’Avvocato

Roberto de Miro che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

Nella causa indicata in premessa è stata depositata la seguente relazione:

“1. La sentenza impugnata, confermando quella di primo grado, ha rigettato l’appello degli odierni ricorrenti, ribadendone la condanna al risarcimento danni da sinistro stradale proposta dalla C., danneggiata trasportata sull’auto condotta da Sc.Ma. e di proprietà di S.A., dante causa dei ricorrenti.

2. Ricorrono per cassazione i S., con tre motivi, resistono con controricorso; la C. e la compagnia assicuratrice con controricorso; lo Sc. non ho svolto attività difensiva. Questi sono i motivi:

2.1. Nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla richiesta preliminare di dichiarare l’invalidità del giudizio di primo grado per la tardiva costituzione dell’attrice, contenuta nella comparsa di costituzione e risposta in appello e riportata nelle conclusioni nell’epigrafe della sentenza di appello.

2.2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2979 c.c. (recte: art. 2729 c.c.) in rel. all’art. 360 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto il S. ancora proprietario del veicolo sulla base delle sole risultanze del P.R.A., errando nell’applicazione dei principi che regolano la prova per presunzioni, senza tenere conto di altre prove, tra cui la dichiarazione dello stesso Sc., che aveva ammesso l’acquisto;

2.3. Violazione dell’art. 116 c.p.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo per avere escluso il valore confessorio della dichiarazione dello Sc., essendo stata resa da uno solo dei litisconsorti reso l’illegittima; mentre avrebbe valorizzato le dichiarazioni degli eredi dello stesso, relative all’affidamento dell’auto allo Sc. per riparazioni, motivando insufficientemente sulla sussistenza in capo al S. della proprietà di detto veicolo e senza tenere adeguatamente conto dell’efficacia attribuita a ciascun mezzo di prova.

3. Le censure sono manifestamente prive di pregio.

3.1. Il primo motivo è inammissibile perchè formulato in violazione del criterio di autosufficienza del ricorso per cassazione. Si deve ribadire che perchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresi, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, “in primis”, la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi. Ove, infatti, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112, riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di “error in procedendo” per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito, dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca ma solo ad una verifica degli stessi (Cass. 14.10.2010 n. 21226; Cass. 19.3.07 n. 6361, 28.7.05 n. 15781 SS.UU., 23.9.02 n. 13833, 11.1.02 n. 317.

10.5.01 n. 6502).

3.2. Il secondo ed il terzo motivo possono trattarsi congiuntamente.

Essi sono generici e formulati in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, in quanto non specificano quali sarebbero stati gli elementi di prova pretermessi nella valutazione dei giudici di appello. Senza contare che propongono, comunque, un’inammissibile “diversa lettura delle risultanze di causa congruamente e correttamente apprezzate dalla Corte d’Appello. Questa ha proceduto ad una completa e puntuale valutazione degli elementi probatori acquisiti agli atti ed ha verificato che non risultava provato che il S. avesse alienato l’auto che aveva causato il sinistro. Così operando, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei canoni in tema di ripartizione dell’onere probatorio: nella specie, incombeva sugli odierni ricorrenti l’onere di provare la descritta alienazione.

3.3. Deve affermarsi, pertanto, confermando consolidati orientamenti di questa S.C., che i descritti motivi si risolvono in un’inammissibile richiesta di nuova valutazione di fatti ormai definitivamente accertati in sede di merito, dato che la parte ricorrente delineando solo genericamente la violazione di norme sulla valutazione delle presunzioni e dei mezzi di prova, si limita ad invocare una diversa lettura delle risultanze probatorie e dei fatti, come accertati, ricostruiti ed interpretati dalla corte di merito.

Nelle parti in cui prospettano vizi di motivazione, le censure non tengono conto, quanto alla valutazione delle prove adottata dai giudici di merito, il sindacato di legittimità non può investire il risultato ricostruttivo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, (Cass. n. 12690/10, in motivazione; n. 5797/05; 15693/04). Del resto, i vizi motivazionali denunciabili in Cassazione non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. n. 6064/08; nonchè Cass. n. 26886/08 e 21062/09, in motivazione).

3.4. Si ritiene che il ricorso possa trattarsi in Camera di consiglio e rigettarsi”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite.

Le parti non hanno presentato memorie.

Ritenuto che:

a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve perciò essere rigettato, essendo manifestamente infondato;

le spese seguono la soccombenza nei rapporti tra le parti costituite e si liquidano in dispositivo;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, in favore di ciascuna parte costituita, in Euro 3000,00, di cui Euro 2800,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2011

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