Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15409 del 26/07/2016


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Cassazione civile sez. I, 26/07/2016, (ud. 11/03/2016, dep. 26/07/2016), n.15409

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.G.F., elettivamente domiciliata in Roma, via Archimede

112, presso lo studio dell’avv. Filippo Magno, rappresentato e

difeso dall’avv. Antonio Putignano, per procura speciale a margine

del ricorso, che dichiara di voler ricevere le comunicazioni

relative al processo presso il fax n. 0831/383212 e la p.e.c.

putignano.antonio.coabrindisi.legalmail.it;

– ricorrente –

nei confronti di:

Banca Monte dei Peschi di Siena, elettivamente domiciliata in Roma,

piazza dell’Unità 13 presso lo studio dell’avv. Luisa Ranucci,

rappresentata e difesa dall’avv. Paolo Pepe, per procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 567/2010 della Corte d’appello di Lecce emessa

in data 25 maggio 2010 e depositata il 23 settembre 2010, R.G. n.

770/06;

sentito il Pubblico Ministero in persona del sostituto procuratore

generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. D.G.F. ha convenuto in giudizio MPS Banca Personale s.p.a. deducendo che nel corso dell’anno 2000 aveva sottoscritto con la banca convenuta un piano finanziario denominato “(OMISSIS)” essendole stata rappresentata l’opportunità di conseguire un saggio di interesse confacente e la possibilità di sciogliersi in qualsiasi momento dal contratto. Dopo la sottoscrizione del contratto si era resa conto di aver convenuto non un piano di accumulo ma un contratto di finanziamento collegato all’acquisto di titoli della Banca 121 s.p.a., contratto di cui ha chiesto la dichiarazione di nullità o l’annullamento con condanna della Banca alla restituzione di quanto versato per la sua esecuzione.

2. Il Tribunale di Brindisi, con sentenza n. 656/2006, ha dichiarato la nullità del contratto e condannato la Banca alla restituzione di tutte le somme versate dalla D.G.. Il Tribunale ha qualificato il contratto intercorso fra le parti come contratto atipico di finanziamento e acquisto di prodotti finanziari ad alto rischio, tale da comportare un obbligo di informazione specifico ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 (T.U.F.). Ha ritenuto che il contratto esponesse il risparmiatore-investitore, privo delle cognizioni tecniche per operare in un settore altamente specializzato, al rischio della perdita illimitata delle somme investite mensilmente. Il Tribunale ha rilevato che la banca non aveva provveduto a fornire una informazione adeguata circa la natura del contratto e le conseguenze della sua sottoscrizione ed esecuzione, nè aveva fornito informazioni necessarie relative all’emittente, European Investment Bank, e al fondo comune di investimento “spazio finanza concentrato” che Oltre ad essere emesso da una società collegata da un rapporto di gruppo, presentava una forte composizione azionaria e quindi era palesemente inadatto al profilo di rischio modesto rappresentato dalle condizioni finanziarie della D.G..

3. Ha proposto appello MPS Banca Personale s.p.a. deducendo di aver fornito alla D.G. tutte le informazioni prescritte dal T.U.P. e dalla normativa regolamentare CONSOB e ha contestato che il prodotto finanziario “(OMISSIS)” esponesse il risparmiatore a un rischio elevato e nella specie non commisurato alle esigenze della D.G..

4. La Corte di appello di Lecce con sentenza n. 567/10 ha rilevato che il contratto “(OMISSIS)” sottoscritto dalla D.G. comporta una tipologia di investimento di elevato rischio e assolutamente non commisurato alle esigenze della risparmiatrice e che pertanto la Banca non solo non ha diligentemente curato gli interessi dell’investitore ma li ha sostanzialmente disattesi incorrendo così nella violazione dell’art. 29 del regolamento CONSOB che vieta all’intermediario di compiere operazioni inadeguate se non dopo aver fornito una specifica informativa e aver ottenuto dall’investitore un consenso scritto. Peraltro la Corte di appello ha accolto l’appello della Banca in quanto ha escluso, alla stregua della giurisprudenza di legittimità che ha richiamato (Cass. civ. S.U. n. 26274/2007), la possibilità di dichiarare la nullità del contratto come conseguenza dell’accertata violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni gravanti sugli intermediari finanziari potendo invece tali violazioni costituire il presupposto per una azione di responsabilità precontrattuale o di inadempimento contrattuale attributive anche del diritto al risarcimento dei danni. Azioni che peraltro non erano state esperite dalla D.G.. Inoltre la Corte di appello ha escluso che la nullità del contratto potesse essere dichiarata in relazione allo squilibrio economico delle prestazioni contrattuali atteso che la rischiosità dell’operazione non costituisce un requisito che consente di ritenere il contratto come inteso a realizzare interessi non meritevoli di tutela dato che la concessione di finanziamenti agli investitori in strumenti finanziari è espressamente prevista prevista dal T.U.F. (art. 1, comma 6, lett. c) e dal regolamento CONSOB n. 11522/1998 (art. 47, comma 2). Nè infine secondo la Corte di appello, la nullità del contratto può derivare dalla vessatorietà della clausola di anticipata estinzione del piano finanziario che oltre a realizzare un interesse del risparmiatore al recesso non travolge comunque l’intera validità del contratto.

5. Ricorre per cassazione D.G.F. che si affida a quattro motivi di impugnazione illustrati da memoria difensiva: a) omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, b) violazione e falsa applicazione dell’art. 24 secondo comma della Costituzione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, c) erronea, contraddittoria e carente motivazione sotto altro profilo: la non meritevolezza del contratto; illiceità e mancanza di causa, d) violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3 in relazione all’art. 1418 c.c..

6. Si difende con controricorso la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a..

Ritenuto che:

7. Con il primo motivo di ricorso si deduce omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. La ricorrente lamenta la mancata valutazione delle richieste istruttorie ribadite in appello e che sarebbero state necessarie per consentirgli di provare compiutamente i motivi di nullità/annullabilità del contratto (non ultime l’esistenza di vizi della volontà e la conclusione del contratto, fuori dei locali commerciali, comportante l’ingiusta inibizione del diritto di recesso e della applicazione della normativa di riferimento). Tutto ciò a fronte di una esplicita volontà devolutiva espressa dalla banca appellante e del corrispondente diritto dell’appellata di confutare le tesi difensive avverse e di provare i presupposti a fondamento delle sue domande.

8. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Con riferimento alle censure di cui al precedente motivo la ricorrente prospetta l’avvenuta violazione della norma costituzionale.

9. Con il terzo motivo di ricorso si deduce l’erronea, contraddittoria e carente motivazione sotto altro profilo: a) la non meritevolezza del contratto; b) l’illiceità/mancanza di causa. La ricorrente ritiene non adeguatamente motivata in questa prospettiva sia il carattere unilaterale dell’alea derivante dal contratto, sia l’evidente squilibrio sinallagmatico a favore della banca.

10. Con il motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3 in relazione all’art. 1418 c.c. La ricorrente ritiene che le conclamate violazioni delle norme comportamentali prescritte dal T.U.F. agli intermediari finanziari debbano essere ricondotte alle previsioni normative di cui all’art. 1418 c.c. in quanto lesive delle norme costituzionali riguardanti la tutela del risparmio e dell’integrità dei mercati.

11. L’esame del terzo motivo e del quarto motivo appare pregiudiziale e deve essere pertanto anteposto a quello dei precedenti.

12.Questa Corte, infatti, ha già avuto modo di esaminare il contratto denominato (OMISSIS) ed è pervenuta alle seguenti conclusioni (fra le altre, di recente, con la sentenza di questa sezione n. 22950 del 10 novembre 2015). il contratto (OMISSIS), fondato su operazioni tra loro collegate, consistenti nell’erogazione, da parte della banca al cliente, di un mutuo trentennale a tasso fisso, da estinguersi in rate mensili, per l’acquisto immediato di strumenti finanziari gestiti o emessi dalla stessa banca, o da sue controllate, e contestualmente costituiti in pegno in favore della mutuante a garanzia del rimborso del finanziamento, non è riconducibile alla nozione di “servizio accessorio” previsto dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 1, comma 6, lett. c), ma rientra tra i “servizi di investimento”, di cui all’art. 1, comma 5, del menzionato decreto. Esso costituisce un contratto atipico unitario, attesa la indissolubile connessione tra varie operazioni (finanziamento, investimento, mandato, pegno, deposito titoli, conto corrente bancario, assicurazioni a garanzia del rimborso del finanziamento) nelle quali formalmente si scompone, onde unica ne è la causa, che va autonomamente vagliata in quanto derivante dalla combinazione originale di più tipi negoziali, idonea a produrre un unitario regolamento di interessi. Tale struttura negoziale (che prevede l’acquisto di prodotti finanziari mediante un mutuo erogato dalla stessa banca che gestisce o emette quegli strumenti, poi costituiti in pegno a garanzia dell’eventuale mancato rimborso del finanziamento) non è meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., comma 2, perchè pone l’alea della operazione in capo al solo risparmiatore, il quale, a fronte dell’obbligo di restituire le somme mutuate ad un saggio d’interesse non tenue, non ha una certa prospettiva di lucro, laddove invece la banca consegue vantaggi certi e garantiti. Nè il rischio dell’inadempimento del risparmiatore può farsi rientrare nell’alea contrattuale, così incidendo nel meccanismo funzionale del rapporto, atteso che l’interesse al corretto adempimento del proprio debitore è circostanza comune ad ogni contratto.

13. La Corte di appello non ha valutato tali profili essenziali ai fini del riconoscimento della meritevolezza della causa ritenendo erroneamente ostativa la previsione normativa (art. 1 comma 6, lett. c) del T.U.F. e art. 47, comma 2, del regolamento CONSOB n. 11522/1998) della possibilità di concedere finanziamenti agli investitori al fine di consentirgli il compimento di operazioni relative a strumenti finanziari. Così come non condivisibile, alla luce della giurisprudenza citata, è l’aver ritenuto che il carattere sicuramente rischioso, per il cliente, dell’intera operazione non costituisca un requisito di per sè sufficiente per poter considerare il contratto non idoneo a realizzare interessi meritevoli di tutela. Infine, anche con riferimento ai profili di nullità/annullabilità riproposti con il primo motivo di ricorso, va rilevato che appare insufficiente e contraddittoria la motivazione della Corte di appello quanto alla vessatorietà/nullità della clausola di anticipata estinzione del piano finanziario perchè tale motivazione non tiene affatto in considerazione le modalità con cui il contratto e la specifica clausola venne stipulata come non prende in considerazione le conseguenze assolutamente sfavorevoli per l’investitore nel caso di recesso anticipato. Conseguenze pure evidenziate nella prima parte della motivazione e che assumono una rilevanza centrale nella valutazione della meritevolezza degli interessi posti in essere con il contratto.

14. Il ricorso va pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di appello di Lecce che, in diversa composizione, rivaluterà il contratto intercorso fra le parti alla stregua della giurisprudenza citata.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2016

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