Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15405 del 22/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15405 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FEDERICO GUIDO

SENTENZA

sul ricorso 8550-2010 proposto da:
LATORRE GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA DI MONTE FIORE 22, presso lo studio dell’avvocato
RENZO CUONZO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato STEFANO GATTAMELATA giusta delega a
margine;
– ricorrente –

2015
1707

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 22/07/2015

- controricorrente
avverso la sentenza n.

22/2009 della COMM.TRIB.REG. di

BARI, depositata il 27/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

30/04/2015

dal Consigliere Dott. GUIDO

udito per il ricorrente l’Avvocato CUONZO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato DE SOCIO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

FEDERICO;

Svolgimento del processo
Il contribuente Giuseppe Latorre, propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la
sentenza della CTR della Puglia che, in parziale riforma della sentenza della CTP di Bari, ha
affermato la legittimità del provvedimento di diniego di condono impugnato dal contribuente, per i
,

soli anni d’imposta 2000,2001, 2002, con la sola esclusione dell’anno d’imposta 1999, per il quale

La CTR, per quanto qui ancora rileva, ha affermato che il condono previsto all’art. 9 bis della legge
n. 289 del 2002, costituiva una forma di condono clemenziale e non premiale onde il
perfezionamento dello stesso doveva ritenersi condizionato dall’integrale pagamento di quanto
dovuto. Il che risultava verificatosi per il solo anno 1999.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Il contribuente ha altresì depositato memoria ex art. 378 cpc.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso, il contribuente deduce congiuntamente il vizio di omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 n.5) cpc e la violazione dell’art. 9 bis
1.289/2002, dell’art. 13 Dlgs. 471/1997, nonché dei principi generali in tema di interpretazione
delle norme giuridiche, degli artt. 3, 53 e 97 Cost., del generale principio del favor rei e della Circ.
Min. n.22/E del 28 aprile 2003 in relazione all’art. 360 n.3) cpc.
Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis cpc, applicabile ratione temporis, posto
che la sentenza impugnata risulta depositata il 27 febbraio 2009.
Orbene, nella fattispecie in esame l’unico motivo di ricorso è privo della formale enunciazione
del quesito di diritto ex art. 360 n.3 cpc e del momento di sintesi ex art. 360 n.5) cpc.
Avuto riguardo al c.d. quesito di diritto ex art. 360 n.3) risulta omessa una pur sintetica
indicazione della regola di diritto applicata dal giudice e di quella, diversa , che ad avviso del
ricorrente si sarebbe dovuta applicare.
Con riferimento al difetto di motivazione ex art. art. 360 n.5) cpc il motivo risulta privo di un
1

il condono risultava perfezionato.

apposito momento sintesi, vale a dire un’indicazione riassuntiva e sintetica che circoscriva
puntualmente i limiti della questione e costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del
motivo, consentendo alla Corte di valutare immediatamente, mediante la sola lettura del quesito,
l’ ammissibilità del ricorso (Cass. Ss.Uu. 12339/2010).

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, cui il Collegio intende senz’altro dare
continuità, infatti il condono previsto all’art. 9 bis della legge n. 289 del 2002, relativo alla
possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle
dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi od, in caso di
mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di condono
“clemenziale” e non “premiale” come, invece deve ritenersi per le fattispecie regolate dagli artt. 7,
8, 9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo
di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello
ordinario.
Da ciò consegue che, nell’ipotesi di cui all’art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di
liquidazione ex art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973, in ordine alla determinazione del “quantum”,
esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del
terzo comma, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è condizionato dall’integrale pagamento di
quanto dovuto ed il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo se integrale,
essendo insufficiente il solo pagamento della prima rata cui non segua l’adempimento delle
successive. (v. tra le altre Cass. 20745/10 e 10650/13)
Pertanto, in assenza di disposizioni quali quelle previste dalla L.289/2002 agli artt. 8, 9 e 15
(secondo cui “l’omesso versamento delle eccedenze entro le date indicate non determina l’inefficacia
della definizione”) ovvero art. 16, comma 2 (in forza del quale “l’omesso versamento delle rate
successive alla prima entro le date indicate non determina l’inefficacia della definizione”) deve

2

Anche nel merito il ricorso è peraltro infondato.

ritenersi che, nell’ipotesi in esame l’efficacia della definizione si verifica solo se si provvede al
pagamento (in soluzione unica o rateale) delle imposte nei termini e nei modi di cui alla medesima
disposizione, con la conseguenza che tale effetto non si verifica (neppure parzialmente) se il
pagamento non interviene nei suddetti termini e modi.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

La Corte respinge il ricorso.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in 3.100,00 € per
Compensi, oltre a spese prenotate a debito.

Cosi deciso in Roma il 30 aprile 2015

P.Q.M.

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