Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15402 del 28/06/2010

Cassazione civile sez. III, 28/06/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 28/06/2010), n.15402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6177-2006 proposto da:

D.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CRESCENZIO, 20, presso lo studio dell’avvocato TRALICCI

GINA, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

e contro

NUOVA TIRRENA ASSIC RIASSICURAZIONI CAPITALIZZAZIONI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 21/2005 del TRIBUNALE di ROMA, 4^ Sezione

civile, emessa il 26/09/2005, depositata il 08/10/2005; R.G.N.

17213/2001.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2010 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA RAFFAELE che ha concluso per rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 24 febbraio 2004 D. M. proponeva appello avverso la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Roma in data 29 ottobre 2003 con cui era stata dichiarata l’illegittimità della procedura esecutiva e di conseguenza l’inesistenza del diritto dell’appellante a procedere ad esecuzione forzata.

Premetteva l’appellante che, con ricorso in opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 2, la s.p.a. Nuova Tirrena Assicurazioni aveva proposto opposizione all’atto di pignoramento presso terzi notificato dal deducente; che tale esecuzione traeva origine dalla sentenza del Tribunale civile di Roma n. 26905/99 notificata dallo stesso appellante in forma esecutiva unitamente all’atto di precetto, con intimazione di pagamento della somma di L. 4.639.949, quale distrattario delle spese processuali liquidate nella sentenza; che l’appellata, in sede di opposizione, aveva eccepito il tempestivo adempimento di tutte le passività a suo carico, in data anteriore all’atto di pignoramento; che il G.E., acclarata la tardività e la riluttività dell’offerta di pagamento effettuata dalla s.p.a. Nuova Tirrena, aveva disatteso l’istanza di sospensione dell’esecuzione ed aveva assegnato termine per la riassunzione dinanzi al G.d.P. di Roma, competente per valore; che il giudizio era stato tempestivamente riassunto e l’opposizione era stata accolta.

Proponeva appello il D. e il Tribunale di Roma, costituitasi la Nuova Tirrena, rigettava il gravame.

Ricorre per cassazione il D. con sei motivi; non ha svolto attività difensiva la Nuova Tirrena.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c. in quanto “il Giudice del gravame però non si è avveduto del fatto che in realtà il Giudice di Pace di Roma nulla ha statuito in merito alle voci del precetto che parte opponente sosteneva non dovute”.

Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 91 e 480 c.p.c. là dove il giudice ha ritenuto non dovute le voci, di cui all’atto di precetto, riguardanti “notifica sentenza”, “rimborso spese”, “redazione dell’atto di precetto”, “vacazione”.

Con il terzo motivo si deduce violazione degli artt. 1199 e 2697 c.c. in quanto “altrettanto ingiustificata è la statuizione dei giudici di merito con riferimento al presunto versamento della somma di Euro 300,51, effettuato da parte della Nuova Tirrena a titolo di ritenuta d’acconto”.

Con il quarto motivo si deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 325 in quanto “la sentenza impugnata nel confermare condanna emessa dal Giudice di Pace al rimborso della somma versata dalla Nuova Tirrena a titolo di ritenuta di acconto ha poi completamente omesso di richiamare i principi indicati in materia della Suprema Corte adita. Invero, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9332 del 25.10.96 a Sezioni Unite ha precisato che: “il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 25, a norma del quale i soggetti indicati nell’art. 23, stesso Decreto sono tenuti ad operare una ritenuta d’acconto sulle somme da loro pagate a titolo di compenso per prestazioni di lavoro autonomo è applicabile nel solo caso in cui il pagamento sia eseguito dal terzo debitorie e/o dal pignorato se il credito del procedente verso l’esecutato derivi esclusivamente da rapporto di lavoro autonomo”.

Con il quinto motivo si deduce “difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere la presente controversia” in quanto, come statuito dalla giurisprudenza di legittimità, l’indagine, infatti, sulla legittimità delle ritenute non integra una mera questione pregiudiziale, suscettibile di essere deliberata incidentalmente, ma comporta una causa di natura tributaria avente carattere pregiudiziale, la quale deve essere definita con effetti di giudicato sostanziale dal giudice cui la relativa cognizione spetta per ragioni in tema di litisconsorzio necessario con l’amministrazione finanziaria (Cass. n. 933296).

Con il sesto motivo si deduce “violazione degli artt. 101 e 102 c.p.c. in quanto il giudice di seconde cure data l’acritica adesione alle conclusioni del Giudice di Pace di Roma ha omesso di constatare che nel corso del giudizio di primo grado il Giudice ha omesso di ordinare all’opponente di integrare il contraddittorio nei confronti del Ministero delle Finanze. Il Supremo Collegio (Cass. Sez. Unite n. 9332/96) ha ritenuto che: “seppure si svolge tra sostituto e sostituito, la controversia sul se il sostituto sia tenuto a pagare una certa somma a titolo di imposta da luogo ad un processo in cui l’amministrazione finanziaria è lisconsorte necessario”.

Alla luce della suestesa massima non è possibile non vedere come il presente procedimento non potrà che essere cassato dall’Eco.mo Collegio ai sensi dell’art. 383 c.p.c., u.c., e, per l’effetto, rimesso al primo Giudice con condanna alle spese della Nuova Tirrena s.p.a..

Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte doglianze.

Preliminarmente deve rilevarsi che inammissibile è il quinto motivo sulla giurisdizione in quanto la relativa questione è proposta per la prima volta nella presente sede di legittimità. Come infatti già statuito da questa Corte a Sezioni Unite (n. 24883/2008), l’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, per cui, all’esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l’ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, il giudice può rilevare anche d’ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, come, nella fattispecie in esame.

Inoltre, del tutto privo di pregio è il sesto motivo in ordine alla prospettata esigenza di integrare il contraddittorio nella presente controversia nei confronti dell’amministrazione finanziaria; in proposito questa Corte (S.U. n. 15032/2009) ha statuito che nelle controversie tra sostituto d’imposta e sostituito, aventi ad oggetto il legittimo e corretto esercizio del diritto di rivalsa in riferimento alle ritenute alla fonte versate direttamente dal primo, volontariamente o coattivamente, l’Amministrazione finanziaria non assume la veste di litisconsorte necessario.

Del pari non meritevoli di accoglimento sono gli altri motivi.

Quanto al primo e al secondo motivo si rileva che non sussiste la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. avendo il Tribunale di Roma inquadrato il thema decidendum della controversia in esame e ritenuto conforme a quanto chiesto il decisum del giudice di primo grado; in particolare, immune da vizi logici e giuridici è la motivazione cella sentenza impugnata là dove afferma che: “la decisione del Giudice di Pace oggetto della presente impugnazione è integralmente fondata sulle seguenti affermazioni contenute in motivazione: quanto alle voci contestate dell’atto di precetto, che le somme in esso indicate per vacazioni, per notifica sentenza, per spese redazione atto di precetto, per ritiro e disamina sentenza notificata e per rimborso spese generali non sono dovute come da ordinanza del G.E. del 22.3.2001 nel giudizio di esecuzione che si conferma, essendo pacifico che le spese per vacazioni debbono risultare da un titolo che nella fattispecie manca, che la sentenza è stata notificata unitamente all’atto di precetto per cui la notifica è unica, che non sono stati opposti ulteriori bolli per il precetto in quanto sufficienti quelli della sentenza, che il ritiro della sentenza notificata è stato effettuato unitamente all’atto di precetto e dunque le competenze non sono duplicabili e che inoltre il rimborso del 10% sulle spese generali non risultando attribuito in sentenza non è dovuto; quanto al pagamento della ritenuta d’acconto da parte della Nuova Tirrena, che questa ha provato di avere adempiuto, quale sostituto di imposta, a tale obbligo mediante l’allegazione di documentazione dalla quale risulta che, conformemente al disposto di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 25, essa società ha provveduto a versare L. 581.860 a titolo di ritenuta d’acconto per le somme percepite dall’avv. D.. Gli argomenti di cui sopra sono condivisibili e vanno perciò posti a base anche della presente decisione”. Ancora, ogni censura riguardante la decisione di primo grado è ovviamente inammissibile nella presente sede.

Inammissibili sono infine il terzo e quarto motivo in quanto, pur deducendo violazione di norme, prospettano questioni in fatto (il versamento effettuato da parte della Nuova Tirrena a titolo di ritenuta di acconto e il rapporto intercorso tra il D. e l’impresa assicuratrice).

Il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata assicurazione comporta il non doversi provvedere in ordine alle spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2010

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