Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15402 del 26/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 26/07/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 26/07/2016), n.15402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12399/2015 proposto da:

P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato GREZ STUDIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato UGO MALATESTA, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA MASSA CARRARA, in persona del rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA, 270,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MARIA BAGNARDI, che la

rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 391/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del

12/03/2014, depositata il 21/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato Piero Biasotti per delega dell’Avvocato Roberto

Bagnardi difensore del ricorrente che si riporta e insiste per il

rigetto del ricorso.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

E’ stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c..

“1. La Corte di Appello di Genova ha confermato la sentenza con cui il primo giudice aveva rigettato la domanda proposta nei confronti della Provincia di Massa Carrara da P.R., per il risarcimento dei danni subiti a seguito della caduta dal proprio ciclomotore, che l’attore aveva ascritto alla presenza di un “gradino” (dovuto all’asfaltatura) fra la strada privata ad uso pubblico da cui egli proveniva e la strada provinciale in cui si andava ad immettere.

2. Il giudice di appello ha rilevato che il dislivello era notevole e dunque – ben visibile e percepibile da parte dell’attore (che peraltro era già transitato sul tratto interessato dal “gradino”) in tempo utile ad adottare le doverose cautele nella guida; ha ritenuto, pertanto, che la condotta imprudente del P. escludesse “il necessario nesso di causalità tra la res e l’evento dannoso e, quindi, la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.”.

3. L’unico motivo del ricorso (che deduce la violazione o falsa applicazione dell’artt. 2051 c.c.) censura la Corte per avere individuato nella condotta imprudente del P. gli estremi del caso fortuito sulla base di due presupposti (la facile avvistabilità del dislivello e la circostanza che l’attore fosse già transitato sul punto di intersezione fra le due strade) che non risultavano “sorretti da alcun elemento di prova”.

3.1. Il motivo è inammissibile.

Premesso che la Corte, dopo avere inquadrato la fattispecie nel paradigma dell’art. 2051 c.c., ha correttamente ritenuto che la ricorrenza del caso fortuito (individuato nella condotta imprudente del conducente) escludesse la responsabilità del custode, non risulta censurabile (tanto più ex art. 360 c.p.c., n. 3) l’accertamento circa la sussistenza degli estremi del caso fortuito; infatti, involgendo valutazioni di merito, tale “apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici” (Cass. n. 6753/2004 e Cass. n. 472/2003).

4. Si propone pertanto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con condanna alle spese”.

All’esito della discussione in Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, ritenendoli non superati dalle argomentazioni svolte nella memoria del ricorrente.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite.

Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso delle spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2016

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