Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15399 del 22/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15399 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Irolli Vincenzo, elettivamente domiciliato in Roma
Via Giovanni Antonelli 49, presso lo studio
dell’Avvocato Sergio Como, che lo rappresenta e
difende in forza di procura speciale a margine del
ricorso
– ricorrente )(O-

(5

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
controricorrente —
e
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona
del Ministro p.t.,
– intimato avverso la sentenza n. 106/45/2009 della
Commissione Tributaria regionale della Campania,
depositata il 14/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 29/04/2015 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;

Data pubblicazione: 22/07/2015

udito l’Avvocato dello Stato, Giancarlo Caselli,
per parte controricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Rita Sanlorenzo, che ha concluso per
rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Irolli Vincenzo propone ricorso per cassazione,
affidato ad un motivo, nei confronti del Ministero

Entrate (che resiste con controricorso), avverso la
sentenza della Commissione Tributaria Regionale
della Campania n. 106/45/2009, depositata in data
14/05/2009, con la quale, in una controversia
concernente l’impugnazione di un diniego di
condono, per insufficiente versamento di una rata,
ai sensi dell’art.9 bis 1.289/2002, è stata
riformata la decisione di primo grado, che aveva
accolto il ricorso del contribuente.
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto
che non era invocabile, come ritenuto dai giudici
della CTP, a giustificazione del mancato versamento
dell’ultima rata di condono, l’errore scusabile.
Considerato in diritto.
Il ricorrente lamenta, con unico motivo,

la

violazione e/o falsa applicazione, ex art.360 n. 3
c.p.c., dell’art. 9 bis 1.289/2002 e dell’art.13
d.lgs. 471/1997, non essendo regolamentata
esplicitamente, dall’art.9 bis citato, a differenza
di altre forme di condono, l’eventualità del
tardivo o mancato pagamento delle rate successive
alla prima.
La censura è infondata.
Il condono previsto alla L. n. 289 del 2002, art. 9
bis ha struttura e funzione diversa rispetto alle
altre forme di sanatoria previste alla L. n. 289

dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle

del 2002 (artt. 7, 8, 9, 15 e 16).
Infatti, mentre le seconde introducono un “condono
tributario premiale”,

riconoscendo al contribuente

il diritto potestativo di chiedere che il suo
rapporto giuridico tributario sia sottoposto ad un
accertamento straordinario, da effettuarsi cioè
secondo regole diverse da quelle ordinarie, l’art.
9 bis riguarda invece un

che, basandosi sul presupposto di un

illecito tributario, elimina o riduce le sanzioni
ed, a determinate condizioni, concede modalità di
lavoro per il loro pagamento, ma senza prevedere
alcuna forma di accertamento tributario
straordinario (sulle due specie di condono
tributario, Cass. 12.3.2004. n. 5077: id. 5 sez.
31.8.2007 n. 18353 ).
Il

condono

“clemenziale”

non

richiede

una

necessaria attività di liquidazione D.P.R. n. 600
del 1973, ex art. 36 bis, non comportando alcuna
incertezza in ordine al

“quantum”

da versarsi da

parte del contribuente per definire favorevolmente
la vicenda fiscale, trattandosi dell’ammontare dal
medesimo indicato nella dichiarazione integrativa
presentata ai sensi del comma 3, con gli interessi
come previsti dal comma 4.
Ne consegue che, in ipotesi di pagamento rateale
previsto dall’art. 9 bis (come modificato dalla L.
n. 350 del 2003, art. 2, comma 45, legge
finanziaria per il 2004), il condono – in quanto
rimesso alla mera attività di liquidazione e
versamento della somma da parte del contribuente produce la definizione della lite pendente soltanto
con l’integrale pagamento delle rate dovute, nei
termini prescritti dalla L. n. 289 del 2002, art. 9
bis, comma l, essendo legittimata l’Amministrazione

3

clemenziale”,

“condono tributario

finanziaria, in difetto del perfezionamento della
definizione della lite, al recupero della
originaria imposta dovuta.
Pertanto, al condono ex art. 9 bis L. n. 289 del
2002 non può ritenersi applicabile il principio da
questa Corte affermato con riferimento alla
chiusura delle liti fiscali pendenti prevista dalla
L. n. 289 del 2002, art. 16, in base al quale, nel

facoltà, prevista dal comma 2 di detta
disposizione, di versare ratealmente l’importo
dovuto, soltanto l’omesso versamento della prima
rata comporta l’inefficacia dell’istanza di
condono,

con

possibilità

la
di

conseguente
avvalersi

perdita

della

della

definizione

agevolata, mentre in caso di mancato versamento
delle rate successive si procede ad iscrizione a
ruolo (a titolo definitivo) dell’importo dovuto, ai
sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 14 con
addebito di una sanzione amministrativa pari al 30
per cento delle somme non versate (ridotta alla
metà in caso di versamento eseguito entro i trenta
giorni successivi alla scadenza della rata), oltre
agli

interessi

legali

(cfr.

Cass.n.22541/2012;

Cass. 6.10.2010 n. 20745; Cass. 23.7.2010 n. 17396;
in motivazione, Cass. 23/10/2006, n. 22788, Cass.
28/5/2007, n. 12410, Cass. 22/3/2006, n. 6370).
Nella specie, risulta, dallo stesso ricorso, il
mancato

integrale

versamento

da

parte

del

contribuente dell’ultima rata.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve
essere respinto.
Le

spese

processuali,

liquidate

dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

4

come

in

caso in cui il contribuente si avvalga della

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente
al rimborso delle spese processuali del presente
giudizio di legittimità, liquidate in complessivi
3.500,00, a titolo di compensi, oltre eventuali
spese prenotate a debito.

Deciso in Roma, il 29/04/2015.

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