Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15399 del 21/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/06/2017, (ud. 03/03/2017, dep.21/06/2017),  n. 15399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21700-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.M.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 268/38/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di TORINO, depositata il 06/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’01/03/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. con la sentenza impugnata, la C.T.R. ha confermato l’accoglimento del ricorso proposto dalla contribuente G.M.M. contro l’avviso di accertamento scaturito dalla determinazione sintetica del reddito complessivo netto nell’anno 2006, valorizzando le dichiarazioni rese dalla parte con riguardo alle contestate spese per il mutuo prima casa e l’acquisto di un’autovettura;

2. con il primo motivo di ricorso, l’amministrazione lamenta la violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2, in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, e art. 2697 c.c., per avere il giudice d’appello fondato la decisione su “proprie personali opinioni”, segnatamente il rilievo che alla mancata prova delle “elargizioni da parte dei familiari” potesse sopperire il rilievo che “esse possono essere state donate in contante (o magari con altri beni di consumo) e non con un assegno o un bonifico perchè di modesto e ridotto valore”;

3. con il secondo deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4, 5 e 6, e art. 2697 c.c., per avere il giudice d’appello invertito l’onere della prova, volendo verificare “se l’avviso di accertamento contenesse elementi di prova idonei a confutare” le dichiarazioni della contribuente e concludendo che costei, “essendo sola, è possibile che conduca delle spese di gestione della casa molto accorte, e che pertanto possa vivere con quanto dichiarato”;

4. all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha disposto l’adozione della motivazione in forma semplificata.

Considerato che:

5. a differenza del primo motivo – che può essere disatteso in quanto la C.T.R. ha fondato la propria decisione non tanto su proprie opinioni, quanto sulle allegazioni della contribuente – il secondo merita accoglimento, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte in base al quale l’accertamento con metodo sintetico, fondato su parametri e calcoli statistici qualificati (cosiddetto redditometro) “dispensa l’amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei corrispondenti fattori-indice della capacità contributiva individuati in appositi decreti ministeriali, restando a carico del contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore” (Cass. n. 9539/13);

6. pertanto, a fronte della corretta (e non contestata) applicazione dei fattori-indice, l’Amministrazione non ha ulteriori oneri, gravando “sul contribuente l’onere di dimostrare, attraverso idonea documentaione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta”, e la prova documentale sulla entità degli ulteriori redditi e sulla durata del loro possesso “ha la finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi, per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi” (Cass. sez. 6-5 22092/16, 1332/16; conf. Cass. sez. 5 nn. 14855/15, 25104/14, 6396/14).

7. la sentenza impugnata va quindi cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa con il rigetto dell’originario ricorso della contribuente e la sua condanna alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo; le peculiarità processuali della vicenda giustificano invece la compensazione delle spese relative ai gradi di merito, definita con esito positivo per la contribuente.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente e la condanna a rifondere all’amministrazione ricorrente le spese processuali di legittimità, liquidate in Euro 2.300,00 oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2017

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