Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15398 del 26/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 26/07/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 26/07/2016), n.15398

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11607-2015 proposto da:

Z.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MASSIMILIANO GASPARI giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato FABIO AlBERICI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANCARLO SOAVE

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 602/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO

dell’8/01/2015, depositata il 05/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato Fabio Alberici (delega Soave) difensore della

controricorrente che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

E’ stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c. “1. La Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva negato alla Z. l’indennizzo per il furto della sua autovettura sul rilievo che il quadro probatorio non era tale da consentire di ritenere provata l’effettività del furto.

2. Con l’unico motivo, la Z. deduce “violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 2697 c.c. e all’art. 360 c.p.c., n. 3”, assumendo che la Corte non ha correttamente applicato la norma sul riparto dell’onere probatorio, determinando un’inversione o un aggravamento del tutto ingiustificato.

3. Il motivo è infondato.

La Corte ha rilevato che la mera denuncia del furto non costituiva -di per sè – elemento di prova e che neppure il provvedimento di archiviazione emesso dal Gip (in relazione alla simulazione di reato ipotizzata a carico della Z.) poteva valere a confermare l’effettività del furto, in quanto motivato con riferimento al “carattere frammentario del compendio probatorio raccolto dalla pubblica accusa”; ha osservato che – al contrario – era risultata persistente “tutta una serie di elementi contrastanti… che necessitavano di quell’adeguata prova contraria che invece è del tutto mancata”.

Ciò premesso e rilevato che la Corte non ha effettuato alcuna erronea affermazione in punto di distribuzione dell’onere probatorio (che gravava evidentemente sull’attrice), ma ha osservato che la Z. non aveva fornito elementi sufficienti a superare il dubbio sull’effettività del furto (in tal senso dovendosi intendere il riferimento alla mancanza di prova contraria agli indizi di segno opposto), deve ritenersi che il criterio di cui all’art. 2697 c.c. sia stato correttamente applicato, pervenendosi al rigetto della domanda per effetto della ritenuta insufficienza della prova che fosse ricorsa un’ipotesi di furto.

Va escluso, per altro verso, che possa darsi ingresso – nella presente sede di legittimità e sulla base della deduzione di un vizio ex art. 360 c.p.c. n. 3 – ad una nuova valutazione degli elementi istruttori, in funzione di una lettura opposta a quella compiuta dalla Corte.

4. Si propone pertanto il rigetto del ricorso, con condanna alle spese di lite”.

All’esito della discussione in camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione.

Il ricorso va pertanto rigettato, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite.

Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 5.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso delle spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2016

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