Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15398 del 22/07/2015
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15398 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Sesso Gaetano, elettivamente domiciliato in Roma
Piazza Mazzini 8 (scala G int.6), presso lo studio
dell’Avv.to Francesco Precenzano, e rappresentato e
difeso dall’Avv.to Mario A. Inzillo, in forza di
procura speciale a margine del ricorso
– ricorrente contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– controri corrente –
avverso la sentenza n. 221/01/2009 della
Commissione Tributaria regionale della Calabria,
depositata il 5/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 29/04/2015 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
uditi l’Avv.to Giovanni Mosca, su delega, per parte
ricorrente, e l’Avvocato dello Stato, Giancarlo
Caselli, per parte controricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Data pubblicazione: 22/07/2015
generale Dott. Rita Sanlorenzo, che ha concluso per
rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Sesso Gaetano propone ricorso per cassazione,
affidato a tre motivi, nei confronti dell’Agenzia
delle Entrate (che resiste con controricorso),
avverso la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale della Calabria n. 221/01/2009, depositata
controversia concernente l’impugnazione di una
cartella di pagamento recante iscrizione a ruolo, a
titolo definitivo, di maggiore IRPEF, oltre
sanzioni ed interessi, dovuta per l’anno 1974 (in
conseguenza della rettifica del reddito da
partecipazione in società), per effetto del
passaggio in giudicato di una sentenza della C.T.P.
di Cosenza, intervenuta, nel 2003, nel giudizio di
impugnazione dell’avviso di accertamento correlato
a detta maggiore imposta, – è stata confermata la
decisione di primo grado, che aveva respinto il
ricorso del contribuente.
In
particolare,
giudici
d’appello
hanno
sostenuto, anzitutto, che era onere del
contribuente eccepire, nel corso della precedente
controversia tributaria e non dopo l’esaurimento
del processo, l’estinzione del giudizio per
intervenuto condono, in conseguenza della sua
definizione ex legge n. 516/1982, provando di avere
presentato la prescritta dichiarazione integrativa.
Inoltre, i giudici della C.T.R. hanno affermato che
la cartella di pagamento, allorché consegua ad un
accertamento divenuto definitivo, non costituisce
un nuovo ed autonomo atto impositivo, tanto che
resta sindacabile solo per vizi ad essa propri,
cosicché non poteva ritenersi
“pendente”,
ai sensi
in data 5/05/2009, con la quale – in una
dell’art.16 1.289/2002 ed ai fini della richiesta
del contribuente di definizione della stessa per
condono, la controversia introdotta con
l’impugnazione di una cartella di pagamento.
Considerato in diritto.
1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la
violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 4
c.p.c., dell’art.112 c.p.c., avendo i giudici della
concernente l’omessa pronuncia, da parte dei
giudici di primo grado, su
error in procedendo
inerenti il giudizio di impugnazione dell’avviso di
accertamento emesso per l’anno 1974, definito con
sentenza
passata
in
giudicato
(per mancata
sospensione del processo, ai sensi dell’art.16
comma 6 ° 1.289/2002, e mancata comunicazione al
ricorrente dell’avviso di trattazione, ex art.31
d.lgs. 546/1992).
La censura è infondata, in quanto non ricorre il
vizio di omessa pronuncia su motivo di appello,
avendo i giudici comunque pronunciato sull’appello
del contribuente, confermando quanto già affermato
dai giudici di primo grado in ordine alla rilevanza
dell’effetto preclusivo del giudicato formatosi
sulla sentenza “n. 115/1/03 della C.T.P. di Cosenza
… che ha deciso sull’originario avviso di
accertamento”,
eventuali
anche, dunque, in relazione ad
errores in procedendo
verificatisi in
quel giudizio.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la
violazione e falsa applicazione, ex àrt.360 n. 3
c.p.c., dell’art.16 del d.l. 429/1982, convertito
nella 1. 516/1982, e dell’art.2909 c.c., dovendo
ritenersi
efficace
la
domanda
di
condono,
regolarmente presentata nel corso della lite
3
C.T.R. omesso di esaminare il motivo di appello
pendente, ai fini dell’ estinzione del giudizio,
“opponibile in ogni sede processuale e quindi anche
in sede di impugnazione della cartella di pagamento
emessa sulla base della sentenza resa su
controversia già definita con 11 condono e non più
soggetta a gravame per il decorso del termini”
e
prevalente sul giudicato della sentenza.
La censura è infondata, in quanto l’asserita
eccepita nei gradi del giudizio di merito
concernente l’impugnazione dell’avviso di
accertamento,
subisce invece l’effetto preclusivo
del giudicato,
che copre il dedotto ed il
deducibile.
3.
Infine, con il terzo motivo, il ricorrente
lamenta la violazione, ex art.360 n. 3 c.p.c.,
dell’art.67 primo coma DPR 600/1973, avendo i
giudici della C.T.R., con la pronuncia impugnata,
violato il divieto di doppia imposizione.
Anche detta censura è infondata, in quanto il
rispetto del divieto di doppia imposizione non
rileva in sede di impugnazione della cartella di
pagamento recante iscrizione a ruolo di pretesa
fiscale divenuta definitiva e non può che operare,
ormai, in sede di pagamento del tributo.
4. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve
essere respinto.
Le
spese
processuali,
liquidate
come
in
dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente
al rimborso delle spese processuali, liquidate in
complessivi E 7.000,00, a titolo di compensi, oltre
eventuali spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, il 29/04/2015.
definizione per condono, ove non regolarmente