Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15397 del 22/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15397 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Hualon International srl in liquidazione,

in

persona del liquidatore p.t., elettivamente
domiciliata in Roma Via Crescenzio 91, presso lo
studio dell’Avv.to Claudio Lucisano, che la
rappresenta e difende unitamente all’Avv.to Lorenzo
Imperato, in forza di procura speciale in calce al
ricorso
je5

t

ricorrente

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege

controricorrente

avverso la sentenza n. 13/31/2008 della Commissione
Tributaria regionale del Piemonte, depositata
1’11/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 29/04/2015 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
udito l’Avvocato dello Stato, Giancarlo Caselli,
per parte resistente;

Data pubblicazione: 22/07/2015

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Rita Sanlorenzo, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Hualon International srl in liquidazione propone
ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi,
nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, avverso
la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

11/06/2008, con la quale – in una controversia
concernente l’impugnazione di un avviso di
accertamento, per IRPEG ed IRAP, relative all’anno
d’imposta 2003, emesso a seguito di ripresa a
tassazione di costi (spese di rappresentanza, costi
di spedizione

di beni, spese per alberghi e
di

pagamento

ristoranti,

per

provvigioni)

indeducibilí, perché

all’attività dell’impresa o non
dell’esercizio 2003 –

stata

acconto

di

non inerenti
di competenza
confermata

la

decisione di primo grado, che aveva respinto il
ricorso della contribuente.
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto
che, avuto riguardo ai principi di competenza ed
inerenza, i vari rilievi sollevati dall’Ufficio
erano corretti, stante la mancanza di corretta
attribuzione all’anno di competenza dei costi (in
particolare, spese di spedizione di merci destinate
alla Hualon ed acconto provvigioni) del conto di
esercizio sopravvenienze passive gestionali, non
utilizzabile per rimediare a

“mancanze contabili”

dell’impresa negli esercizi precedenti, nonché il
difetto di idonea documentazione, relativamente
alle spese per alberghi e ristoranti (mancando
l’indicazione del fruitore e della
riferimento”),

e di ogni

“missione di

“ragione di inserimento

del Piemonte n. 13/31/2008, depositata in data

contabile”

delle spese di rappresentanza, seppure

“di importo ridotto”.
L’intimata Agenzia delle Entrate ha depositato
controricorso.
Considerato in diritto.
l. La ricorrente lamenta: l) con il primo motivo,
la violazione o falsa applicazione, ex art.360 n. 3
c.p.c., dell’art.101 DPR 917/1986, in relazione

“sopravvenienze passive”;

2) con il secondo motivo,

la nullità della sentenza, ex art.360 n. 4 c.p.c.,
per omessa pronuncia, in violazione dell’art.112
c.p.c., su motivi di appello concernenti
l’interpretazione data dal giudici di primo grado
all’art.75 (ora 109) del TUIR con riguardo alle
spese di spedizione e per acconto provvigioni
passive (peraltro indicate dalla società alla voce
“sopravvenienze passive” e non dedotte tra i costi
dell’esercizio 2003),
precedente,

non deducibili nell’anno

per carenza del requisito della

documentabilità; 3) con il terzo motivo, la
violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3
c.p.c., dell’art.109 DPR 917/1986, in relazione al
principio di competenza per gli acconti di
provvigioni passive corrisposte agli agenti,
dovendo, contrariamente a quanto ritenuto dalla
C.T.R., i relativi costi (sostenuti, secondo
l’Amministrazione finanziaria, nell’anno
successivo, il 2004) essere legittimamente dedotti
nel momento di ultimazione delle prestazioni, vale
a dire nell’anno 2003, e non in quello di pagamento
del corrispettivo e quindi a prescindere dall’epoca
della fatturazione (avendo effettivamente l’agente
emesso la fattura relativa solo nell’anno 2004); 4)
con il quarto motivo, la violazione e falsa

3

all’interpretazione della componente del reddito

applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.3
comma l DPR 696/1996, in relazione al rispetto del
principio di inerenza con riguardo ai costi
sostenuti per alberghi e ristoranti, avendo i
giudici della C.T.R. ritenuto non adeguata la
relativa documentazione, costituita invece dal
“mezzo di pagamento utilizzato e dalla nota spese”,
con allegati scontrini e ricevute fiscali ; 5) con

applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt.36
d.lgs. 546/1992, 132 e 161 c.p.c., stante l’omessa
motivazione con riferimento al motivo di appello
concernente la legittima deduzione delle spese di
rappresentanza.
2. La prima censura è infondata.
Invero, la Commissione Tributaria, pur rilevando
che le fatture (relative al pagamento di
provvigioni del 2002 e di costi per spedizioni di
merci, non pervenute nella disponibilità della
contribuente nell’anno 2003) non erano state
ricevute dalla società al termine degli esercizi di
competenza, ha affermato che i costi dovevano
essere ugualmente imputati ai rispettivi esercizi
di competenza, utilizzando i conti
ricevere”

“fatture da

e che invece la società aveva

erroneamente utilizzato, per il 2003, il conto
sopravvenienze passive, relativo invece a
tutt’altra fattispecie.
In effetti

la sopravvenienza passiva è un

componente negativo del reddito, legato al
verificarsi di particolari fatti aziendali che lo
rendono imprevedibile nel precedente esercizio di
competenza.
Questa

Corte

ha

precisato

di

recente

(Cass.27482/2014) che le sopravvenienze passive, di

4

il quinto motivo, la violazione e falsa

cui all’art. 101, quarto comma (già art. 66,
secondo comma), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n.
917, trovano una corrispondenza attiva in un
precedente esercizio e conseguono al mutamento
ontologico di una voce contabile che, in esercizi
diversi, da attiva si trasforma in passiva.
Al contrario, i componenti di reddito (positivi o
negativi) disciplinati dall’art. 75 (ora 109) del

via generale, vanno imputati all’esercizio di
competenza, a meno che ciò non sia possibile perché
non è ancora certa l’esistenza della spesa o
determinabile in modo obiettivo il suo ammontare:
in questi ultimi casi, la legge non stabilisce un
esercizio diverso, ma solo una specifica deroga
all’obbligo di osservare il principio della
“competenza”,

consentendo la deducibilità di detti

particolari “ricavi”, “spese” ed “altri componenti”
non

già

in

“nell’esercizio”

quello

di

competenza,

ma

(evidentemente diverso da quello

di competenza) in cui si verifica la certezza della
loro esistenza ovvero la determinabilità,

“in modo

obiettivo”,

dell’ammontare relativo (cfr. Cass.

sent.

1431/2006

nn.

e

10988/2007,

ord.

n.

18237/2012).
La ricorrente, invece, assume che una spesa può
essere dedotta in esercizio diverso da quello di
competenza come sopravvenienza passiva, solo perché
nell’esercizio di competenza non poteva essere
documentata.
Il che non corrisponde al dettato normativo.
3. La seconda censura è infondata, in quanto non
ricorre il vizio di omessa pronuncia, avendo la
Commissione ritenuto, pur nella sinteticità della
motivazione,

che

i

costi

5

in

oggetto,

non

TUIR mantengono inalterata la loro essenza ed, in

correttamente, erano stati inseriti nel

“conto

sopravvenienze” nell’anno 2003, essendo imputabili
all’anno 2002.
4. La terza censura è inammissibile.
Invero, l’Ufficio ha ripreso a tassazione costi
relativi a prestazioni di terzi
provvigioni

passive),

in

quanto,

(acconto di
ai

sensi

dell’art.109 comma 2 lett.b) del TUIR, essi non

essendo la relativa fattura datata anno 2004.
La ricorrente assume che in realtà dette spese
sarebbero

“giunte a compimento”

ed ultimate nel

2003, ma l’affermazione implica, inammissibilmente,
un accertamento su questione di fatto,

non

pacifica, perché smentita già in primo grado.
5. Il quarto motivo è infondato.
La Commissione Tributaria Regionale ha accertato
che dette spese erano documentate da ricevute o da
scontrini prive dei dati identificativi necessari
dei fruitori e della operazione. La ricorrente
assume di avere documentato che i pagamenti
sarebbero avvenuti con carta di credito, ma tale
circostanza, in ogni caso, non rileva, non essendo
sufficiente a dimostrare l’inerenza della spesa
all’attività dell’impresa.
Va ribadito che (Cass. 12330/2001; Cass.1709/2007;
Cass.11949/2012) che

“in tema di imposte sul

redditi e con riguardo alla determinazione del
reddito d’impresa, l’esistenza di una regolare
contabilità impedisce soltanto il ricorso ad
accertamento sintetico (art. 39 del d.P.R. n.
600/73), ma non impone all’amministrazione
finanziaria di riconoscere l’esistenza di costi
registrati nelle scritture contabili o la loro
inerenza, atteso che l’onere della prova circa

6

risultavano di competenza dell’esercizio 2003,

l’esistenza dei fatti che danno luogo a oneri e
costi deducibili, ivi compresi i requisiti della
inerenza e dell’imputazione ad attività produttive
di ricavi, non incombe all’amministrazione
finanziaria, ma al contribuente che invoca la
deducibilità”.
6.

Il quinto motivo difetta,

anzitutto,

di

autosufficienza.

specificità, idonea a consentire a questa Corte di
valutare compiutamente la fondatezza della
doglianza, in quanto non chiarisce in quali termini
la legittimità della deduzione delle spese di
rappresentanza era stata sostenuta e su quale
profilo decisivo la C.T.R. avrebbe omesso di
motivare.
Il motivo è altresì infondato.
Il vizio di carenza di motivazione, sia sotto forma
di difetto assoluto di motivazione che di
motivazione apparente, ricorre quando il giudice
omette di indicare nella sentenza gli elementi da
cui ha tratto il proprio convincimento ovvero
indica tali elementi senza un’approfondita disamina
logica e giuridica, mentre resta escluso nel caso
di valutazione delle circostanze probatorie in
senso difforme da quello preteso dalla parte.
Questa Corte a Sezioni Unite ha, anche di recente,
ribadito (Cass. S.U. 8053/2014) che tale

“mancanza

di motivazione o motivazione apparente”

si

configura quando la motivazione “manchi del tutto nel senso che alla premessa dell’oggetto del
decidere risultante dallo svolgimento del processo
segue l’enunciazione della decisione senza alcuna
argomentazione – ovvero… essa formalmente esista
come parte del documento, ma le sue argomentazioni

7

Invero, la censura si rivela priva della necessaria

siano svolte in modo talmente contraddittorio da
non

permettere

di

individuarla,

cioè

di

riconoscerla come giustificazione del decisum”.
Il

vizio

deve

emergere

immediatamente

e

direttamente dal testo della sentenza impugnata.
Ora, la pronuncia della C.T.R., a fronte della
sentenza di primo grado contenente la statuizione
circa la non inerenza delle spese di rappresentanza

sentenza, pag. 3, di

“euro 2.140,00 relative a

quote di iscrizione alla Associazione Malaspina
Sportin

Club

amministratore”)

di

familiari

del

socio

ed in risposta ad uno specifico

motivo d’appello della contribuente,

che ne

invocava la legittimità della deduzione nella
misura di un terzo, ha affermato che le spese di
rappresentanza
contabile”,

“non hanno ragione di inserimento

così implicitamente ribadendo quanto

statuito dai giudici di prime cure in ordine alla
non inerenza.
Occorre, infatti, pur sempre verificare, quanto
alla deducibilità delle spese di rappresentanza,
che sussista, in concreto, l’inerenza, cioè, in
sostanza, che le spese siano effettivamente
rappresentanza”,
ossia che

“di

nel senso voluto dal legislatore,

siano state sostenute in quanto

pertinenti e funzionali all’attività della società,
anziché, ad esempio, nell’interesse personale dei
soci o degli amministratori (Cass.21450/2014) .
7. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve
essere respinto.
Le

spese

processuali,

liquidate

come

in

dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte

8

(da rilevare che si trattava, come esposto in

ricorrente al rimborso delle spese processuali del
presente giudizio di legittimità, liquidate in
complessivi C 4.000,00, a titolo di compensi, oltre
eventuali spese prenotate a debito.

Deciso in Roma, il 29/04/2015.

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