Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15397 del 20/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/07/2020, (ud. 05/06/2020, dep. 20/07/2020), n.15397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27057-2018 proposto da:

Z.U., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

BRUNELLO GAUDENZIA;

– ricorrente –

contro

B.B.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato BALIVA MARCO,

rappresentata e difesa dagli avvocati FERRERO GUGLIELMO, NASATO

MICHELA;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il

19/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARULLI

MARCO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Z.U. impugna l’epigrafato provvedimento con il quale la Corte d’Appello di Venezia, definendo i reclami di entrambe le parti avverso la decisione di primo grado, che aveva disposto l’affidamento condiviso della figlia minore Emilia e l’obbligo per il ricorrente della corresponsione di un assegno di mantenimento mensile, ha accolto il reclamo principale della madre della minore, B.B.F., provvedendo ad assegnare alla medesima, già collocataria della minore, la casa coniugale, ed ha respinto il reclamo incidentale dello Z. inteso segnatamente a censurare la predetta decisione nel capo in cui aveva disposto l’emolumento mensile ed aveva rigettato l’eccezione di nullità dell’espletata CTU.

Il mezzo ora proposto, illustrato pure con memoria, si vale di sei motivi di ricorso ai quali replica l’intimata con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il primo ed il terzo motivo di ricorso – esaminabili congiuntamente in quanto aventi ad oggetto il medesimo vizio – deducono la nullità dell’impugnata decisione poichè tanto la determinazione afferente all’assegno di mantenimento, quanto quella con cui è stata disposta l’assegnazione della casa coniugale in favore della B.B. sono affette da motivazione apparente vero, da un lato, che “in una situazione di affido condiviso e di frequentazione paritaria della figlio, con i due genitori, è evidente l’assurdità della motivazione che prevede un assegno perequativo a carico del genitore che guadagna meno e a favore di quello che guadagna di più” e vero, dall’altro, che “nella motivazione si fa riferimento ad una collocazione prevalente di Emilia presso la madre inesistente per stessa ammissione della Corte d’Appello”.

3. Entrambi i motivi – non senza segnatamente osservare riguardo al primo che il minor livello reddituale di uno degli obbligati non elide in ogni caso l’obbligo di mantenimento gravante per legge sul medesimo – non hanno fondamento.

Premesso infatti che il vizio qui denunciato ricorre, secondo lo stabile dettato di questa Corte “allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass., Sez. VI-V, 7/04/2017, n. 9105) nella specie la Corte decidente, assolvendo compiutamente l’ufficio motivazionale, ha spiegato, quanto alla determinazione dell’assegno, che esso “risulta congruo e proporzionato al reddito dei genitori” laddove si consideri, in particolare, che “il padre svolge l’attività di vigilante percespisce circa 1000,00 Euro mensili” e, quanto all’assegnazione della casa coniugale, che “la minore è collocata in via prevalente presso la madre e l’assegnazione a quest’ultima dell’abitazione risponde al criterio preferenziale di cui all’art. 336-sexies c.c., dandosi altresì cura di precisare a maggior conforto del proprio deliberato che “se è vero che l’attuale collocamento della minore è sostanzialmente paritario, tale assetto, peraltro concordato tra i genitori, è destinato ad essere superato non appena la madre, di professione infermiera, cessi di svolgere turni notturni, nel qual caso è fin d’ora previsto un ampliamento dei tempi di permanenza della figlia con la medesima”.

In tal modo la Corte decidente ha chiarito esaustivamente l’iter logico-argomentativo in guisa del quale ha adottato le impugnate statuizioni, di talchè le lagnanze ricorrenti, lungi dal palesare il preteso vulnus cassatorio, prospettano unicamente un mero dissenso motivazionale e manifestano solo l’insoddisfazione del ricorrente per gli esiti della lite.

4. Il secondo ed il quarto motivo di ricorso – esaminabili congiuntamente in quanto aventi ad oggetto il medesimo vizio -deducono la violazione degli artt. 337-bis e 337-sexies c.c., poichè, da un lato, la determinazione afferente all’assegno di mantenimento, tenuto conto dei tempi paritari di permanenza della minore presso ciascun genitore e dei redditi percepiti dal ricorrente, “appare in stridente contrasto con la disposizione codicistica”, tanto più alla luce dell’assegnazione della casa familiare alla B.B.; dall’altro, nell’assumere quest’ultima determinazione il giudice deve, certo, tenere conto dell’interesse del figlio, ma avrebbe dovuto “considerare anche l’eventuale titolo di proprietà”.

5. Entrambi i motivi sono affetti da pregiudiziale inammissibilità

Premesso invero che è stabile opinione di questa Corte che anche in materia di affido condiviso ciascun genitore deve provvedere alla soddisfazione dei bisogni degli stessi in misura proporzionale al proprio reddito e il giudice può disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico (Cass., Sez. I, 4/11/2009, n. 23411), sicchè è inconferente, ai fini della cogenza dell’obbligo, il fatto che un genitore goda di un livello reddituale più basso dell’altro, nella specie la Corte d’Appello ha motivato le proprie determinazioni annotando che, in considerazione del fatto che la madre avrebbe mutato il proprio regime lavorativo, è fin d’ora previsto un ampliamento dei tempi di permanenza della figlia con la medesima, anche al fine di evitare il disagio inevitabilmente connesso agli spostamenti”.

A fronte di siffatta motivazione la censura declinata con entrambi i motivi non evidenzia alcuna criticità in diritto in capo alla decisione impugnata, tanto infatti che il ricorrente, obliterando lo statuto di censurabilità per cassazione del relativo errore, non si mostra in grado di indicare quale affermazione della sentenza impugnata collida con l’interpretazione appena ricordata delle richiamate norme regolatrice. Essa recede, perciò, più propriamente ad espressione di un mero dissenso motivazionale in nome del quale reclamare un’inammissibile rinnovazione del sindacato di merito.

6. Il quinto ed il sesto motivo di ricorso – esaminabili anch’essi congiuntamente in quanto aventi ad oggetto il medesimo vizio -lamentano rispettivamente la violazione degli artt. 61 e 62 c.p.c. e degli art. 342 e 101 c.p.c., poichè la Corte d’Appello ha respinto l’eccezione di nullità della CTU sulla considerazione che il ricorrente si sarebbe limitato a rappresentare solo alcune lacune metodologiche nell’operato del consulente, sebbene esse fossero “tante e talmente gravi da ridurre il lavoro svolto dal CTU ad un semplice parere personale” e da imporre ai decidenti, dell’avviso che si rendesse necessario nella specie avvalersi del parere di un tecnico, di “prendere atto che questo parere non c’è perchè nullo”.

7. Anche i predetti motivi sono inammissibili.

Ed invero, da un lato, la prospettazione ricorrente si limita a riprodurre il lungo elenco di lagnanze esternate in merito alla CTU ed intese, segnatamente, a sollecitarne la rinnovazione, già sottoposte al giudizio della Corte d’Appello e da questa disattese, tra l’altro, osservando che il ricorrente non si era dato cura “in alcun modo di specificare la ragione per la quale la CTU dovrebbe essere rinnovata, posto che non è oggetto di reclamo nè l’affido condiviso, che postula necessariamente l’idoneità di entrambi i genitori e neppure i tempi di frequentazione della bambina ivi proposti””; onde la doglianza reitera, a ben vedere il medesimo vizio che inficia l’analoga prospettazione già avvenuta in sede di gravame e si risolve, per evidente difetto di specificità, in un “non motivo” inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, (Cass., Sez. I, 24/09/2018, n. 22478).

Dall’altro, proprio perchè privi di un contenuto specifico atto ad evidenziare, in spregio alle richiamate regole di capitolazione dell’errore di diritto, il quomodo delle dedotte violazioni di legge ed in quanto prospettante le medesime critiche già rappresentate nelle pregresse fasi di merito, la doglianze che trova espressione in entrambi i motivi mette capo ad una generica istanza di rivisitazione del sindacato di merito che non è ovviamente esperibile in questa sede.

8. Il ricorso va dunque respinto.

9. Spese alla soccombenza. Non è dovuto il raddoppio del contributo trattandosi di procedimento esente.

P.Q.M.

Respinge il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1500,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Dispone omettersi in caso di pubblicazione della presente ordinanza ogni riferimento ai nominativi e agli altri elementi identificativi delle parti.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto disposto d’ufficio.

Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 5 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2020

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