Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15395 del 20/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/07/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 20/07/2020), n.15395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4138-2019 proposto da:

M.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MEDAGLIE D’ORO,

199, presso lo studio dell’avvocato MASUCCI ALESSANDRO MARIA,

rappresentato e difeso dagli avvocati SILIPO MARCO, GUGLIELMO GIAN

PAOLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 52939/2017 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 15/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI

ALBERTO.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. il Tribunale di Roma, con ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. in data 15 dicembre 2018, respingeva il ricorso proposto da M.T., cittadino del Bangladesh, avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla Commissione territoriale di Roma al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 e diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

2. per la cassazione di tale ordinanza ha proposto ricorso M.T. prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il Ministero dell’Interno;

parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

3. occorre preliminarmente rilevare l’inammissibilità del ricorso presentato;

3.1 il provvedimento impugnato (al pari della memoria di parte da ultimo depositata) dà conto del fatto che l’originario ricorso introduttivo del giudizio era stato depositato in data 28 luglio 2017;

una simile domanda giudiziale rimaneva regolata dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19: difatti il D.L. n. 13 del 2017, nell’introdurre -all’art. 6, comma 1, lett. g) – il nuovo D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, regolante le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, ha previsto – al suo art. 21, comma 1 – che il nuovo procedimento trovasse applicazione alle cause sorte dopo il centottantesimo giorno dalla data della sua entrata in vigore, mentre ai procedimenti giudiziari introdotti anteriormente alla scadenza di tale termine “si continuano ad applicare le diiposkioni vigenti prima dell’entrata in vigore del presente decreto”;

dunque la disciplina introdotta con il D.L. n. 13 del 2017, conv. con modif. dalla L. n. 46 del 2017, si applica, ai sensi dell’art. 21, comma 1, del citato decreto, alle controversie instaurate successivamente al 18 agosto 2017 (Cass. 18295/2018), fra cui non rientra il procedimento in esame, introdotto in data anteriore;

3.2 la controversia, regolata dal rito sommario di cognizione ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, e art. 702-bis c.p.c. e ss., è stata quindi correttamente decisa con ordinanza ex art. 702-ter c.p.c., provvedimento che era impugnabile avanti alla Corte d’appello nel senso previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 9;

ne discende l’inammissibilità del ricorso in esame, perchè il mezzo di gravame prescelto non coincide con quello previsto dalla legge per impugnare la statuizione resa;

3.3 nè è possibile procedere a una conversione del ricorso presentato in appello, poichè il contenuto dell’atto di impugnazione, ove si fa espresso rinvio ai canoni di impugnazione previsti dall’art. 360 c.p.c., evidenzia come lo stesso fosse volto non ad appellare, sebbene avanti a un’autorità giudiziaria erroneamente individuata, l’ordinanza impugnata, ma a criticare la stessa in punto di legittimità onde provocarne la cassazione da parte di questa Corte;

si tratta dunque non di appello erroneamente proposto in questa sede, ma di impugnazione intenzionalmente presentata avanti alla Corte di legittimità nella precisa convinzione (ribadita nella memoria da ultimo depositata) che non fosse esperibile altro grado di merito; rimane perciò preclusa l’applicazione di qualsiasi meccanismo di conversione, il quale presuppone la volontà della parte di presentare un’impugnazione che, seppur rivolta a un organo giudiziale diverso da quello indicato per legge, abbia i requisiti formali e sostanziali caratteristici di quella nella quale dovrebbe convertirsi;

3.4 tanto meno è possibile fare applicazione della giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’appello proposto davanti ad un giudice diverso, per territorio o grado, da quello indicato dall’art. 341 c.p.c. non determina l’inammissibilità dell’impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della frani-lati iudicii (Cass., Sez. U., 18121/2016);

l’effetto conservativo e la traslatio iudicii presuppongono infatti che il mezzo di impugnazione sia quello ammesso dalla legge, rimanendo gli stessi esclusi quando sia stato esperito un rimedio diverso da quello concesso dalla legge, quale il ricorso per cassazione invece che l’appello (Cass. 5666/1984);

3.5 il rilievo ha carattere assorbente e rende superfluo l’esame, nel merito, dei motivi di doglianza sollevati;

4. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.100 oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2020

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