Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15388 del 13/07/2011

Cassazione civile sez. III, 13/07/2011, (ud. 07/06/2011, dep. 13/07/2011), n.15388

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11651/2006 proposto da:

FAMA CHEMICALS SRL, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ZANARDELLI 20, presso lo studio dell’avvocato LAIS Fabio

Massimo, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZAULI

GIOVANNI giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.L., G.M., L.D., GI.

M.;

– intimati –

sul ricorso 15550-2006 proposto da:

G.L., L.D. (OMISSIS), G.

M., G.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato ALBERICI

RAFFAELE, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE

LERMA ROMITA GIORGIO giusta mandato in calce al controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrenti –

e contro

FAMA CHEMICALS SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 164/2006 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

Sezione Seconda Civile, emessa il 25/11/2005, depositata il

06/02/2006; R.G.N. 1620/2002.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/06/2011 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato MASTROSANTI ROBERTO per delega Avvocato ZAULI

GIOVANNI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Fama Chemicals s.r.l., con atto di citazione notificato in data 30.11-4.12.1995 conveniva dinnanzi all’allora Pretore di Forlì L.D., G.L., G.M. e G. M., assumendo che: in data 20.9.1983, aveva stipulato con proprietario G.A., dante causa degli odierni convenuti, un contratto di locazione di un capannone industriale sito in (OMISSIS); dopo il primo rinnovo (19.9.1989), l’immobile era stato rilasciato alla scadenza del 19.9.1995, a seguito di convalida di licenza per finita locazione, intimato dalla proprietà; nel frattempo, in data 20.5.1990, a seguito di violenti eventi meteorologici, l’immobile era stato invaso da una massa di materiale melmoso che aveva danneggiato strutture, arredi e attrezzature; stata l’urgenza dei lavori di rimozione del materiale di ripristino, il locatore, invitato ad un pronto intervento da parte della conduttrice, l’aveva autorizzata alla esecuzione a proprie spese, impegnandosi al rimborso; di conseguenza essa attrice aveva provveduto, con un esborso di L. 25.254.840 per ripristino e riparazioni, e L. 18.807.012 per manutenzione comunque necessaria, tutto secondo quanto chiarito nella relazione di parte redatta dal geom. M.F.; sennonchè, dopo la morte dell’originario locatore G.A., i suoi eredi, attuali convenuti, disconoscevano gli impegni dal medesimo assunti; su tali basi l’attrice chiedeva la condanna dei convenuti al pagamento dell’importo complessivo di L. 4.061.840 oltre rivalutazione ed interessi, a norma degli artt. 1576 e 1577 c.c..

I convenuti, nel costituirsi, deducevano le seguenti eccezioni:

alcune delle opere eseguite dall’attrice non avevano alcuna attinenza con l’allagamento del 20.5.90; l’attrice non era stata autorizzata ad eseguire direttamente le opere di ripristino eventualmente necessarie, e, anzi, nemmeno aveva dato riscontro alla lettera con la quale la proprietà le aveva chiesto di comunicare i danni eventualmente conseguiti all’evento meteorologico; al momento della riconsegna, il fabbricato presentava gravi danni dipendenti da un uso anomalo e poco diligente; la conduttrice, inoltre, a far data dal 1983 aveva abusivamente occupato parti di fabbricato non comprese nel contratto di locazione.

Il Tribunale di Forlì, subentrato alla soppressa Pretura, con sentenza n. 95/2002, rigettava la domanda attorea, mentre dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale avente ad oggetto il risarcimento del danno per occupazione abusiva di immobile e accoglieva la domanda riconvenzionale diretta al risarcimento dei danni all’immobile (con conseguente condanna di parte attrice a pagare la somma di Euro 17.554,74 con oltre rivalutazione e interessi).

A seguito dell’appello della Fama, in via principale, e dell’appello di L.D., G.L., G.M. e G. M., in via incidentale, la Corte d’Appello di Bologna, con la decisione in esame, depositata in data 8.2.2006, così statuiva:

“in parziale accoglimento dell’appello principale ed in parziale riforma della impugnata sentenza, condanna L.D., G. L., G.M. e Gi.Ma. e pagare alla Fama Chemicals s.r.l., a titolo di rimborso delle spese urgenti ex artt. 1576 e 1577 c.c., l’importo di Euro 13.519,43 oltre la rivalutazione secondo indici Istat e gli interessi legali sulla somma rivalutata di anno in anno, con decorrenza dalla data di deposito della c.t.u. e fino al saldo; in parziale accoglimento dell’appello incidentale e in parziale riforma della impugnata decisione sentenza, condanna Fama Chemicals s.r.l. a pagare a L.D., G. L., G.M. e Gi.Ma. l’importo di Euro 33.466,41 oltre la rivalutazione secondo indici Istat e gli interessi legali sulle somme rivalutate di anno in anno con decorrenza dalla data di deposito della domanda riconvenzionale, a titolo di indennizzo per l’occupazione abusiva del capannone;

dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali del giudizio di primo grado; conferma, nel resto l’impugnata sentenza”.

Ricorrono per cassazione, in via principale la Fama con cinque motivi, e in via incidentale L.D., G.L., G.M. e Gi.Ma. con un unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorso principale:

con il primo motivo si deduce violazione, degli artt. 1576 e 1577 c.c., nonchè art. 2041 c.c., e relativo difetto di motivazione. Si censura la decisione impugnata nel punto in cui “il secondo giudice pare dimenticare che il relativo capannone era stato locato per l’esercizio di una attività industriale quale la produzione di prodotti di deumidificazione ed impermeabilizzazione”; inoltre si censura detta decisione nel punto in cui la Corte territoriale da atto che l’azione di arricchimento senza causa può essere proposta per la prima volta in appello purchè prospettata sulla base delle medesime circostanze di fatto fatte valere in primo grado;

con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, e relativo difetto di motivazione nel punto in cui la decisione impugnata ha dichiarato inammissibile la produzione della perizia giurata, non avvedendosi che era indispensabile per la decisione.

Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 1590 c.c., e relativo difetto di motivazione in ordine alla mancata rinnovazione della consulenza di ufficio.

Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 36 c.p.c., e relativo difetto di motivazione, per avere la Corte territoriale accolto l’appello incidentale laddove la Corte territoriale, in modo contraddittorio, ha dapprima affermato che la domanda di indennizzo per occupazione abusiva è una domanda di risarcimento danni per inadempimento contrattuale e, di poi, che è una domanda di risarcimento danni da fatto illecito.

Con il quinto si deduce violazione dell’art. 1224 c.c., e relativo difetto di motivazione in quanto “è evidente come, nel momento in cui il primo Giudice ritenga che l’occupazione abusiva sia un inadempimento contrattuale non possa ritenere che gli odierni contro ricorrenti abbiano diritto al risarcimento del danno da fatto illecito e quindi ad un credito di valore, incrementato, per sua essenza, oltre che degli interessi legali, della rivalutazione monetaria.

Qualora l’inadempimento sia ritenuto di natura contrattuale, la liquidazione della rivalutazione monetaria può competere esclusivamente ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2”.

Ricorso incidentale:

con l’unico motivo di ricorso incidentale si deduce difetto di motivazione. Si afferma che la sentenza della Corte d’Appello deve essere cassata nella parte in cui ha riconosciuto dovuto ex art. 1577 c.c., alla Fama Chemicals s.r.l. il rimborso delle spese sostenute per opere urgenti come tali qualificate quelle della sistemazione della saracinesca in lamiera sul fronte del fabbricato, per la riparazione del tetto e per la rimozione dei detriti all’interno dello stabilimento per un esborso complessivo di L. 26.177.840 e quindi ha ritenuto sussistenti ex art. 92 c.p.c. per effetto della conseguente reciproca soccombenza, giusti motivi per la integrale compensazione delle spese dei due gradi del giudizio.

Preliminarmente si dispone la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Entrambi i ricorsi non meritano accoglimento. Quanto al ricorso principale si osserva: a parte la considerazione che la decisione impugnata è caratterizzata da ampia e logica motivazione (tale da rendere agevolmente individuabile la relativa ratio decidendi), il primo motivo in parte manca di autosufficienza nel punto in cui afferma che le circostanze di fatto prospettate in primo grado hanno subito una modifica in appello, non indicando in base a quali elementi e atti processuali tale presunta modifica sia avvenuta, e in parte prospetta, pur deducendo violazioni degli artt. 1576 e 1567 c.c., valutazione di elementi di fatto (rampa di accesso, cancelli ed altro ancora) non ulteriormente sindacabili nella presente sede; il secondo motivo è privo di pregio in quanto non indica gli elementi di decisività in base ai quali la perizia giurata, ove esaminata, avrebbe comportato una diversa pronuncia, e comunque la Corte di merito ha fatto corretta applicazione del divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello ex art. 345 c.p.c., comma 3, come modificato, e della relativa giurisprudenza di questa Corte (S.U. n. 8203/2005); il terzo motivo è inammissibile rientrando la rinnovazione della consulenza di ufficio nel potere discrezionale del giudice di merito e comunque è inammissibile anche in relazione alla mancata osservanza della disciplina di cui all’art. 366 c.p.c., riguardo alla specificità del contenuto del ricorso e dei documenti sui quali si fonda; il quarto motivo è infondato in quanto non sussiste la dedotta violazione dell’art. 36 c.p.c., per avere la Corte d’Appello correttamente ritenuto ammissibile la domanda riconvenzionale, avendo la stessa ad oggetto il non adempimento di un obbligo stabilito nel contratto per cui è causa e riguardando quindi “il titolo dedotto in giudizio dall’attore”; anche il quinto motivo è palesemente infondato in quanto il risarcimento del danno per inadempimento di operazioni contrattuali costituisce un debito non di valuta ma di valore, sulla base di un ormai più che consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, con conseguente possibilità di incrementare il quantum risarcitorio mediante rivalutazione monetaria.

Anche l’unico motivo del ricorso incidentale non merita accoglimento:

correttamente è stata disposta la compensazione delle spese sulla base del principio della reciproca soccombenza.

Il rigetto di entrambi i ricorsi comporta la compensazione delle spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2011

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