Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15386 del 28/06/2010

Cassazione civile sez. III, 28/06/2010, (ud. 04/05/2010, dep. 28/06/2010), n.15386

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA TOSCANA 10, presso lo studio PERSIANI, rappresentato e

difeso dall’avvocato CONTINI LAZZARO giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

LLOYD ADRIATICO ASSICURAZIONI S.P.A., M.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 824/2005 del TRIBUNALE di LECCE, 1^ SEZIONE

CIVILE, omessa il 25/2/2005, depositata il 26/04/2005, R.G.N.

2219/2001;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/05/2010 dai Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott.

AURELIO GOLIA che ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 25 febbraio-26 aprile 2005 il Tribunale di Lecce rigettava la domanda di revocazione proposta da G.V. avverso la sentenza dello stesso Tribunale n. 3140 del 2000 che aveva rigettato il suo appello avverso la decisione del Pretore di Casarano- Lecce (con la quale era stata rigettata la domanda del G., intesa ad ottenere il risarcimento dei danni da parte del convenuto, M.L., e della sua compagnia di assicurazione).

Rilevava il Tribunale che sia il giudice di primo grado che quello di secondo grado avevano basato la propria decisione su una valutazione complessiva che aveva tenuto conto di tutti gli elementi prospettati dalle parti.

In particolare, con i motivi di appello il G. aveva dedotto che erroneamente il primo giudice aveva ritenuto che l’auto del M. fosse parcheggiata ad almeno 30 metri dalla curva, sostenendo che il Pretore avrebbe dovuto disporre una consulenza tecnica per accertare la reale distanza della vettura del M. dalla curva (circostanza questa che aveva contribuito al verificarsi dell’incidente) e non ritenere sufficienti le prove già raccolte.

Le censure riguardavano dunque solo la ricostruzione de fatti, come accertata dal primo giudice.

Con la richiesta di revocazione, ha sottolineato il Tribunale con la decisione del 2005, in effetti, il G. aveva censurato l’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice di appello con la sentenza del 2000.

Avverso tale decisione il G. ha proposto ricorso per Cassazione, sorretto da tre motivi.

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso, per iscritto, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., per il rigetto del ricorso.

Ha osservato il P.G. che con la istanza revocatoria, in realtà, il ricorrente sollecita, inammissibilmente, una rivisitazione dei fatti, lamentando una errata valutazione degli stessi.

Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., confermando che il ricorso è stato presentato contro il rigetto della decisione della sentenza di secondo grado.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dei commi 3 e 4 dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

La sentenza impugnata, ad avviso del ricorrente, non conterrebbe una esposizione fedele dello svolgimento del processo.

In particolare i giudici di appello non avevano tenuto conto delle puntualizzazioni, formulate dal G., in ordine alla posizione dell’auto in sosta, di proprietà del M..

Nella stessa decisione non erano riportate le conclusioni precisate dalle parti, alla udienza del 5 giugno 2003.

La censura è priva di ogni fondamento.

L’omessa, inesatta o incompleta trascrizione delle conclusioni delle parti nell’epigrafe della sentenza importa nullità della sentenza soltanto quando le suddette conclusioni non siano state esaminate, di guisa che sia mancata in concreto una decisione sulle domande ed eccezioni ritualmente proposte, mentre quando dalla motivazione – come nel caso di specie – risulti che le conclusioni sono state effettivamente esaminate, il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della validità’ della sentenza.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Secondo questa disposizione è ammessa la impugnazione per revocazione se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa.

Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare.

Nel caso di specie, dall’esame degli atti istruttori era emerso, in modo inoppugnabile, che l’autovettura del M. era stata parcheggiata a distanza di un metro dalla sua abitazione.

Di tale circostanza, tuttavia, non era stato alcun tenuto conto da parte di entrambi i giudici di merito.

Il Pretore ed il Tribunale avrebbero dovuto, partendo da questo dato inoppugnabile, disporre un accertamento tecnico al fine di stabilire se il M. avesse violato la norma che vieta la sosta in prossimità di una curva.

Il Tribunale adito, in sede di revocazione, aveva escluso – senza adeguata motivazione – che si vertesse nell’ambito di un errore di fatto.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 163, 164 e 115 c.p.c., nonchè vizi di motivazione (omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia) in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Sia in primo che in secondo grado, era stata più volte richiesta la nomina di un consulente tecnico di ufficio, come mezzo al fine di accertare se effettivamente l’autovettura in questione fosse stata parcheggiata in prossimità della curva.

Era stata persino prodotta una consulenza di parte, i cui risultati non erano mai stati contestati dal M. e dalla compagnia di assicurazione.

Ma il Pretore, prima, e dopo il Tribunale, con la sentenza del 2000, non avevano preso in considerazione le conclusioni cui era pervenuto il consulente di parte, limitandosi a richiamare le dichiarazioni rese dallo stesso attore, il quale aveva indicato il luogo in cui era parcheggiata la vettura del M. “a circa 20 o 30 metri” senza peraltro indicare il punto di inizio e di fine della curva.

Osserva il Collegio:

il secondo e terzo motivo di ricorso per Cassazione sono inammissibili, ancor prima che infondati.

Il ricorso per cassazione è stato proposto formalmente nei confronti della sentenza n. 824 del 2005.

Tuttavia le censure formulate con il terzo motivo di ricorso riguardano, piuttosto, la decisione del Tribunale del 2000 (quando non addirittura la sentenza del Pretore).

In effetti, solo il secondo motivo di ricorso riguarda direttamente la sentenza del 2005.

Esso propone, tuttavia, esclusivamente denunce di violazione dell’art. 395, comma 1, n. 4, inammissibili in questa sede.

Stabilisce l’art. 403 c.p.c., che non può essere impugnata per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione.

Contro di essa sono ammessi – ove previsti – i mezzi d’ impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.

Nel caso di specie, nessuna censura ammissibile è diretta contro la sentenza che ha pronunciato sul giudizio di revocazione.

Si tratta, come si è già rilevato in premessa, di censura inammissibile, prospettando la stessa una ulteriore ipotesi di revocazione, questa volta, della sentenza che ha pronunciato nel giudizio di revocazione.

Nel ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza emessa nel giudizio di revocazione non sono deducibili censure diverse da quelle previste dall’art. 360 cod. proc. civ., e, in particolare, non sono denunciabili ipotesi di revocazione ex art. 395 cod. proc. civ., non rilevando in contrario la circostanza che la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione non possa essere a sua volta impugnata per revocazione (Cass. 19 marzo 2007 n. 6441).

L’art. 403 c.p.c., detta, infatti, un principio generale mirante ad evitare che la definizione di una lite sia oggetto di ripetute contestazioni che impediscono la formazione di una statuizione idonea a concludere definitivamente la controversia.(Cass. S.U. 20 aprile 2004 n. 7584).

Il mancato esercizio del potere officioso del Pretore (e successivamente del Tribunale) con riferimento agli accertamenti tecnici richiesti dall’originario attore non può riguardare, evidentemente, la sentenza del 2005 (l’unica censurata con il presente ricorso).

Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.

Nessuna pronuncia in ordine alle spese del presente giudizio, non avendo gli intimati svolto difese in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2010

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