Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15384 del 28/06/2010

Cassazione civile sez. III, 28/06/2010, (ud. 03/05/2010, dep. 28/06/2010), n.15384

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29265-2005 proposto da:

S.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA AUGUSTO RIBOTY 23, presso lo studio dell’avvocato CECCHI

CARLO, rappresentato e difeso dall’avvocato CAVAZZUTI GIORGIO con

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.A.E.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 697/2005 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

Seconda Sezione Civile, emessa il 17/06/2005; depositate il

01/08/2005; R.G.N. 1072/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2010 da Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo, il rigetto del primo, assorbito il terzo motivo di ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.1. Proposte da S.V. domande di determinazione del canone legale e di restituzione delle maggiori somme indebitamente versate a tale titolo, relativamente all’immobile sito in (OMISSIS) di proprietà di F.A.E. e proposte, in via riconvenzionale, dalla F.A. domande di rilascio dello stesso immobile in forza di disdetta in data (OMISSIS), di risarcimento per l’occupazione senza titolo e per i danni arrecati all’immobile, nonchè di pagamento di oneri accessori insoluti, l’adito Tribunale di Piacenza – rilevato che il contratto era stato stipulato per “esigenze abitative temporanee e provvisorie motivate da lavoro” e ritenuto che l’immobile fosse utilizzato in via tendenzialmente stabile – dichiarava che il contratto era soggetto alla disciplina dell’equo canone della L. n. 392 del 1978, ex art. 26, lett. a; vista la non contestazione dei conteggi esposti dal ricorrente, condannava la locatrice alla restituzione di Euro 24.418,00 (già detratto quanto dovuto alla F.A. per oneri accessori) oltre interessi legali dalla messa in mora al saldo, nonchè alla restituzione del deposito cauzionale per la parte eccedente le tre mensilità di fitto previste dalla L. n. 392 del 1978, art. 11; accoglieva, quindi, la domanda riconvenzionale di restituzione dell’immobile, dichiarando la risoluzione del contratto, rinnovatosi di tre mesi in tre mesi, alla prima scadenza successiva alla disdetta del 22-1-2002 e, quindi, alla data del 31-1-2002;

rigettava, invece, perchè sfornite di prova, le domande di risarcimento danni della F.A.; infine compensava interamente le spese processuali tra le parti.

1.2. La decisione, gravata da impugnazione in via principale da parte di F.A.E. e in via incidentale da S.V., era riformata dalla Corte di appello di Piacenza la quale con sentenza in data 1-8-2005, in parziale accoglimento dell’appello principale, rigettava ogni domanda svolta dallo S., compensando le spese del doppio grado.

1.3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Vito S., svolgendo tre motivi.

Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di appello – andando di contrario avviso rispetto al Tribunale – ha rigettato la domanda di restituzione delle somme indebitamente versate rispetto alla misura legale del canone di locazione, sul presupposto dell’assenza di prova circa la conoscenza, o la conoscibilità con l’ordinaria diligenza, da parte della locatrice della circostanza che l’esigenza lavorativa del conduttore indicata nel contratto non rivestisse carattere transitorio. In tale prospettiva la Corte territoriale ha ritenuto che il rilievo svolto dal Tribunale in ordine alla distanza tra il luogo di residenza del conduttore ((OMISSIS)) e quello di ubicazione dell’immobile locato in Piacenza non fosse significativo, ben potendo avvalorare l’ipotesi di “uso transitorio”; mentre l’altro rilievo desumibile dal medesimo contratto, e, cioè, che la locazione fosse stata stipulata per le esigenze abitative dell’intera famiglia, doveva considerarsi insufficiente, trattandosi di un elemento meramente indiziario.

1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione della L. n. 392 del 1978, art. 26, comma 1, lett. a e art. 79. Al riguardo parte ricorrente osserva che alla fattispecie era applicabile l’art. 26 cit. (in virtù della L. n. 431 del 1998, art. 14, u.c.) con la conseguenza che – a prescindere dalla transitorietà delle esigenze abitative – andava applicato l’equo canone, ricorrendo l’eccezione ivi prevista, rappresentata dal fatto che il conduttore abitava stabilmente nell’immobile per motivi di lavoro. L’assunto, da ritenersi implicito nella sentenza di appello – secondo cui il conduttore avrebbe dovuto essere gravato dall’onere di provare la simulazione relativa del contratto di locazione – risulterebbe, dunque, smentito dal comb. disp. degli articoli in rubrica; in particolare la Corte di appello avrebbe erroneamente fatto coincidere il concetto di transitorietà della locazione con quello di non stabilità, in contrasto con il disposto dell’art. 26, lett. a cit., senza considerare che nel presente giudizio, il conduttore non aveva mai inteso contestare la transitorietà della locazione, essendosi limitato a chiedere l’applicazione dell’equo canone, in considerazione della circostanza, pacifica dalle parti ed emergente dal contratto, della stabile occupazione dell’immobile: ciò in quanto dallo stesso contratto risultava che il conduttore risiedeva in provincia di (OMISSIS) e intendeva soddisfare “le sue esigenze abitative temporanee e provvisorie, motivate da lavoro” in (OMISSIS), mentre l’indicazione nel contratto dei componenti della famiglia, che si sarebbero trasferiti nell’immobile con il conduttore, confermava la stabilità delle esigenze abitative.

1.2. Il motivo risulta fondato nei termini che si preciseranno di seguito.

In via di principio si rammenta – in conformità a principi acquisiti dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte (Cass. 31/01/2006, n. 2147; 03/08/2004, n. 14815) – che nel sistema della legge n. 392/1978 il tipo legale della locazione ad uso abitativo risulta articolato in tre sottotipi: a) locazioni per esigenze abitative stabili e primarie; b) locazioni per esigenze abitative transitorie determinate da motivi di studio o di lavoro; c) locazioni per esigenze abitative non stabili nè primarie ma genericamente transitorie. Il primo sottotipo è completamente soggetto all’applicazione della L. n. 392 del 1978, il terzo ne è totalmente esonerato, mentre il secondo sottotipo è soggetto all’applicazione della L. n. 392 del 1978, fatta esclusione per la durata legale.

Merita puntualizzare che per concretizzare tale ultimo sottotipo (previsto dalla L. n. 392 cit., art. 26, lett. a, ultima parte e qui invocato da parte ricorrente) sono necessari due requisiti, che devono sussistere congiuntamente: la stabile abitazione dell’immobile da parte del conduttore e il motivo di studio o di lavoro per la cui realizzazione si deve intendere stipulata la locazione, con la conseguenza che – ferma restando la transitorietà delle esigenze abitative – la sola stabile occupazione dell’immobile, non giustificata da motivi di lavoro o di studio, ovvero la sola sussistenza di questi motivi, non accompagnata dalla stabile occupazione dell’immobile, non valgono ad attrarre la locazione nel regime della legge sull’equo canone (Cass. 16/01/1992, n. 741).

1.2. Ciò premesso, ritiene il Collegio che la Corte di appello – come osservato da parte ricorrente – si è mossa evidentemente nell’ottica che nella fattispecie fosse in discussione la simulazione del contratto, confondendo il requisito della transitorietà della locazione, quale risultante dal contratto (che sottraeva lo stesso contratto al regime di durata previsto dalla L. n. 392 del 1978) con quello della stabilità dell’occupazione, che, in quanto qualificata da ragioni di lavoro, era idoneo a fondare la pretesa di determinazione del canone legale ai sensi dell’art. 26, lett. a, ult.

parte della stessa Legge.

E’ ben vero che, a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale dell’art. 80 della medesima Legge (Corte cost., sent. n. 185 del 1988) il principio della corrispondenza tra effettiva destinazione dell’immobile e regime giuridico applicabile al rapporto locatizio dettato dalla stessa norma non può trovare applicazione in contrasto con la volontà negoziale del locatore relativa alla determinazione del tipo di locazione; il che significa che a tal fine occorre che venga positivamente dimostrata la consapevolezza condivisa di entrambi i contraenti in ordine alla effettiva destinazione dell’immobile ad un uso diverso da quello indicato dal contratto (mentre, nel caso di variazione unilaterale ad opera del conduttore, occorre dimostrare la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 80 cit. nella consapevole tolleranza del locatore, che abbia omesso di opporsi nei modi e nel termine previsto dalla stessa norma decorrente dalla effettiva conoscenza della variazione stessa).

Senonchè, nel caso di specie, i giudici di appello -muovendo dall’erronea ricognizione della fattispecie legale invocata nel caso concreto – hanno finito per svalutare due dati emergenti dal contratto di locazione, che appaiono, invece, rilevanti ai fini dell’individuazione della consapevole determinazione delle parti in ordine alla destinazione dell’immobile, posto che hanno ritenuto che la notevole distanza tra il luogo di residenza del conduttore e quello dove lo stesso svolgeva la propria attività lavorativa (alle cui esigenze era funzionale la locazione) costituisse elemento “neutro” o al più deponesse per la transitorietà delle esigenze lavorative (senza considerare se la circostanza fosse, piuttosto, indicativa della condivisa consapevolezza delle parti in ordine alla stabilità dell’occupazione dell’immobile) e hanno, quindi, finito per ritenere insufficiente l’altro dato testuale, rappresentato dalla indicazione nello stesso contratto del numero dei componenti della famiglia del conduttore (che non sembra possa avere altro significato, se non che le parti si erano rappresentate che il conduttore avrebbe abitato nell’immobile con tutta la famiglia).

1.4. Chiudendo le fila del discorso, ritiene il Collegio che i giudici di merito, verificando i fatti costitutivi della pretesa di determinazione del canone legale, avrebbero dovuto accertare, da un lato, il requisito obiettivo della reale situazione di fatto desunta dall’effettiva destinazione dell’immobile locato – verificando, in concreto, se, pur avuto riguardo alla transitorietà delle esigenze abitative enunciate nel contratto, l’immobile locato fosse stabilmente occupato dal conduttore per i dedotti motivi di lavoro – e, dall’altro, il requisito soggettivo, valutando la consapevolezza del locatore di tale effettiva destinazione nei termini sopra precisati.

1.5. In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, l’impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio per nuovo esame siila Corte d’appello di Bologna in diversa composizione. Il giudice del rinvio – accertata l’effettiva destinazione d’uso dell’immobile locato e, nel contempo, la consapevolezza da parte della locatrice in ordine a tale destinazione – farà applicazione del seguente principio: la locazione stipulata per esigenze abitative transitorie determinate da motivi di studio o di lavoro è soggetta all’applicazione della L. n. 392 del 1978 fatta esclusione per la durata legale, allorchè – ferma restando la transitorietà delle esigenze abitative – concorra il requisito della stabile abitazione dell’immobile da parte del conduttore e il motivo di studio o di lavoro per la cui realizzazione si deve intendere stipulata la locazione.

Restano assorbiti il secondo motivo di ricorso relativo alla domanda del conduttore avente ad oggetto il pagamento di interessi legali sul deposito cauzionale e il terzo, concernente le spese.

Il giudice del rinvio provvederà alla regolazione delle spese anche del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; assorbito il resto;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2010

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