Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15384 del 21/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 21/06/2017, (ud. 08/03/2017, dep.21/06/2017),  n. 15384

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18271/2012 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS)

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI,

LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ALCATEL – LUCENT ITALIA S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati TIZIANA SERRANI,

GIUSEPPE MANCA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA CENTRO S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 854/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 14/07/2011 R.G.N. 900/09.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

la Corte d’appello di Firenze, con sentenza depositata il 14/7/2011, ha rigettato l’appello proposto dall’Inps contro la sentenza resa dal Tribunale di Firenze che aveva accolto l’opposizione proposta dalla Alcatel Lucent Italia s.p.a. avverso il ruolo esattoriale, con il quale l’Inps aveva ingiunto il pagamento dei contributi previdenziali relativi a contratti di formazione lavoro stipulati nel periodo gennaio 1997-maggio 2001, ritenuti aiuti di Stato non conformi al Trattato CE con decisione della Commissione europea in data 11 maggio 1999, n. 2000/128/CE, poi confermata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee con sentenza 7 marzo 2002, causa C-310/99 e ribadita dalla medesima Corte con pronunzia del 1 aprile 2004, causa C-99/02;

contro la sentenza l’Inps propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, cui resiste la Alcatel Lucent Italia s.p.a. con controricorso, illustrato da memoria;

la Equitalia Centro s.p.a. non svolge attività difensiva.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che:

in ordine alla eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla controricorrente, posto che è ammissibile il ricorso per cassazione il quale cumuli in un unico motivo le censure di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, allorchè esso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 23/04/2013, n. 9793), deve rilevarsi che il ricorso dell’Inps soddisfa questi requisiti di chiarezza e specificità, apparendo chiaramente individuabili le censure mosse alla sentenza impugnata, sia sotto il profilo della violazione delle norme in tema di prescrizione, sia sotto quello inerente al rispetto degli oneri probatori;

la questione posta con il primo motivo concerne l’esatta individuazione del termine di prescrizione da applicare alla fattispecie in esame, in cui si controverte dell’azione di recupero da parte dell’Inps di aiuti di Stato, costituiti dagli sgravi contributivi concessi alle imprese su contratti di formazione e lavoro;

essa è stata già affrontata e risolta da questa Corte con le pronunce 3/5/2012, nn. 6671, 6672 e 6673; Cass. 12/3/2013, n. 6158; e, da ultimo, con le sentenze 21/11/2016, n. 23654, e 5/12/2016, n. 24808, alle quali Collegio intende dare continuità, nonostante le ampie e approfondite argomentazioni esposte nel controricorso, che tuttavia non appaiono tali da indurre ad un ripensamento;

la giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso che, agli effetti del recupero degli sgravi contributivi integranti aiuti di Stato incompatibili col mercato comune, vale il termine ordinario di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., decorrente dalla notifica alla Repubblica Italiana della decisione comunitaria di recupero, atteso che, ai sensi degli artt. 14 e 15 del Regolamento (CE) n. 659/1999, siccome interpretati dalla giurisprudenza comunitaria, le procedure di recupero sono disciplinate dal diritto nazionale, ex art. 14 cit., nel rispetto del principio di equivalenza fra le discipline, comunitaria e interna, nonchè del principio di effettività del rimedio;

per contro, e per le ragioni già esposte nei precedenti citati, non possono ritenersi applicabili nè il termine di prescrizione dell’azione di ripetizione ex art. 2033 c.c., nè il termine di prescrizione quinquennale L. n. 335 del 1995, ex art. 3, commi 9 e 10, riguardando tale disposizione le sole contribuzioni di previdenza e assistenza sociale, laddove l’incompatibilità comunitaria può riguardare qualsiasi tipo di aiuto, sicchè non è possibile assimilare l’azione di recupero dello sgravio da aiuto di Stato illegittimo e l’azione di pagamento di contributi non versati e applicare analogicamente alla prima il termine di prescrizione proprio della seconda (cfr. in termini Cass. nn. 6671 e 6756 del 2012; V. pure Cass. 16/5/2013, n. 11913; Cass. n. 6158/2013, cit., in cui si escludono anche i dubbi di legittimità costituzionale sollevati dalla controricorrente: Cass. del 19/11/2010, n. 23418; Cass. 25 luglio 2016, n. 15312; Cass. ord. 9/2/2016, n. 2555);

a nulla rilevano le modalità utilizzate dall’Inps per il recupero dei contributi in esame, attraverso la procedura di iscrizione a ruolo e la successiva formazione della cartella esattoriale, secondo le previsioni del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, discendendo tale utilizzazione dal mero fatto che l’attività di recupero ha ad oggetto sgravi di natura contributiva, ma non incide sulla qualificazione giuridica dell’azione;

la rilevata differenziazione tra l’azione diretta al pagamento dei contributi omessi o evasi e quella diretta al recupero degli aiuti di Stato illegittimamente concessi comporta la manifesta infondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale in ordine alla corrispondente diversa durata del termine prescrizionale, dovendosi peraltro rilevare, anche con riferimento ai correlati diritti dei lavoratori interessati, che la stessa disciplina di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, non è legislativamente prevista come di esclusiva applicazione in tema di pagamento di contributi omessi od evasi, residuando l’ordinario termine decennale per i contributi relativi a periodi precedenti la data di entrata in vigore della legge, in caso di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente;

argomenti in contrario non possono trarsi dalla sentenza della Corte Cost. n. 125 del 2009: la Corte, nel ritenere non plausibile l’individuazione dell’art. 15 del citato regolamento comunitario come norma applicabile nell’ambito dell’azione di recupero proposta dallo Stato membro nei confronti del beneficiario degli aiuti ritenuti incompatibili, ha ritenuto inammissibile la questione di legittimità costituzionale, rilevando il difetto di motivazione nella ordinanza di remissione nella parte in cui ha ritenuto applicabile, alla fattispecie oggetto del giudizio principale, il termine di prescrizione quinquennale stabilito dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, per le obbligazioni contributive, senza approfondire la rilevanza, ai fini dell’individuazione della natura dell’obbligazione, della sua finalità di porre rimedio alla violazione del diritto comunitario, in quanto diretta al recupero di aiuti di Stato accertati in via definitiva come illegittimi da una decisione della Commissione e da due sentenze della Corte di giustizia (ordinanza n. 36 del 2009, con riguardo all’ipotesi di esenzioni fiscali), trascurando altresì di precisare le ragioni che lo avevano indotto ad escludere, in difetto di uno specifico termine breve di prescrizione in ordine al recupero degli aiuti di Stato, il ricorso al termine ordinario decennale;

la Corte costituzionale non compiuto alcuna opzione in ordine al termine di prescrizione applicabile alle fattispecie in esame, ma piuttosto ha ribadito che tanto la decisione della commissione europea quanto il regolamento hanno demandato allo Stato la scelta delle modalità per esercitare il recupero, purchè fondate sui principi di equivalenza e di effettività (vedi pure Cass. 19/11/2010, n. 23418);

circa il dies a quo della prescrizione, esso va ravvisato nel giorno della notifica della decisione della Commissione allo Stato membro (4/6/1999), essendo solo da quel momento l’aiuto erogato qualificabile come illegale (Cass. 22/07/2015, n. 15414);

come risulta dalla impugnata sentenza la prescrizione fu interrotta con lettera dell’Inps del 24/12/2004, recapitata ad Alcatel il 10/1/2005: risalendo i contributi al periodo gennaio 1997-maggio 2001, il termine decennale di prescrizione non era decorso;

anche il secondo motivo, riguardante la violazione degli artt. 87 e 88 del Trattato CE, della decisione della Commissione europea 2000/128/CE, nonchè dell’art. 2697 c.c., artt. 416 e 442 c.p.c., ed il vizio di motivazione, è fondato;

la Commissione ha fissato le condizioni in presenza delle quali può ritenersi che gli sgravi contributivi per contratti di formazione lavoro già fruiti sono da ritenersi compatibili con il mercato comune e con l’accordo SEE;

la giurisprudenza di questa Corte, poi, ha affermato che, nelle controversie relative al recupero dei contributi non corrisposti per applicazione di sgravi contributivi, compete al datore di lavoro opponente l’onere di provare il possesso dei requisiti richiesti dalla legge per poter beneficiare della detrazione (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 5137/2006; 16351/2007; 499/2009; 21898/2010, quest’ultima specificamente in tema di benefici che trovano fondamento nell’avvenuta conclusione di contratti di formazione e lavoro);

la circostanza che, nella specie, le condizioni legittimanti il beneficio (e la conseguente non recuperabilità del medesimo) siano state dettate (anche) da disposizioni comunitarie non altera i termini della questione, spettando pur sempre al beneficiario degli sgravi dimostrare la sussistenza delle condizioni, stabilite dalla Commissione o da quest’ultima presupposte siccome già fissate dalla normativa nazionale, per poter legittimamente usufruire degli sgravi medesimi;

alla luce di questi principi, appare errata l’affermazione della Corte territoriale secondo cui “incombeva all’ente previdenziale di allegare quali fossero i contratti di formazione e lavoro che – avuto riguardo alle specifiche caratteristiche del caso – fossero incompatibili con la normativa comunitaria” (pag. 5 della sentenza impugnata);

è altrettanto non conforme alla giurisprudenza di questa Corte l’ulteriore affermazione dei giudici d’appello secondo cui, a fronte dell’allegazione della parte opponente e del deposito della documentazione (copia dei libri matricola) attestante la stipulazione dei contratti di formazione lavoro nel periodo in esame, era onere dell’Inps prendere specifica posizione e contestare che tali contratti rientrassero nell’ambito di compatibilità segnato dalla decisione della commissione europea;

la prova del diritto ai benefici non può essere limitata al solo nome dei lavoratori, come risultante dai libri paga, ma richiede l’accertamento delle ulteriori condizioni previste dalla decisione della commissione: solo a fronte di una compiuta allegazione da parte della opponente di tutte le condizioni necessarie per il riconoscimento del beneficio può scattare l’onere di specifica contestazione da parte dell’ente previdenziale, idonea ad espungere le questioni dal thema probandum (Cass. 28/12/1996, n. 11537);

la portata assorbente delle considerazioni su svolte rende superfluo l’esame delle altre questioni e conduce all’accoglimento del ricorso e, conseguentemente alla cassazione della sentenza, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà ad esaminare la controversia alla luce dei principi su espressi, nonchè a regolare le spese del presente giudizio.

PQM

 

La corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2017

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