Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15384 del 13/07/2011

Cassazione civile sez. III, 13/07/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 13/07/2011), n.15384

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14067/2009 proposto da:

COMUNE CAMPOBELLO DI MAZARA (OMISSIS) in persona del suo Sindaco

pro tempore Sig. C.C., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA GIACOMO BONI 15, presso lo studio dell’avvocato ELENA SAMBATARO,

rappresentato e difeso dall’avvocato LENTINI Giovanni giusta delega

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M. (OMISSIS), M.G.

(OMISSIS), M.C. (OMISSIS) nella

qualità di coeredi del defunto M.V.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE CARNARO, 14, presso lo

studio dell’avvocato MARTINA PROVENZANO, rappresentati e difesi

dall’avvocato GENCO Fabrizio giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 792/2008 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 20/2/2008, depositata il 16/06/2008,

R.G.N. 2199/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato GIOVANNI LENTINI;

udito l’Avvocato FABRIZIO GENCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 5 novembre 2003 il Tribunale di Marsala-sezione distaccata di Castelvetrano-rigettava la domanda proposta da A.M., M.C. e M.G. per il risarcimento dei danni, conseguiti alla morte del loro congiunto, marito e padre, avvenuta a seguito di schiacciamento del proprio trattore, mentre percorreva la strada extraurbana (OMISSIS), a causa del cedimento del margine destro della suddetta strada.

Su gravame degli attori la Corte di appello di Palermo il 16 giugno 2008 riformava integralmente la sentenza di prime cure, condannando il Comune al pagamento a favore degli appellanti della somma di Euro 345.000, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al soddisfo e spese del doppio grado.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il Comune di Campobello di Mazara, affidandosi ad otto motivi. Resistono con controricorso gli originari attori ed appellanti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-In punto di fatto è circostanza pacifica che M. V., mentre era alla guida del proprio trattore e percorreva la strada extraurbana sul margine destro, venne schiacciato a causa di una frana e trovò la morte.

In sede penale con sentenza definitiva, perchè non assoggettata al ricorso per cassazione, i due funzionari del Comune di Campobello, D.S.F. e L.G., quest’ultimo all’epoca del fatto dirigente dell’Ufficio tecnico comunale, furono assolti il primo per insussistenza del fatto, il secondo per non aver commesso il fatto.

Il Comune non ebbe a partecipare al giudizio nella quale i resistenti si ebbero a costituire civile.

2.-Ciò posto, con il primo motivo (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – erronea e falsa applicazione dell’art. 2 nuovo C.d.S., comma 6 e dell’art. 2697 c.c. – omessa motivazione su di un fatto decisivo per il giudizio), in buona sostanza, il Comune ricorrente eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto gli attuali resistenti non avrebbero provato che la strada in cui si ebbe a verificare il sinistro apparteneva al demanio comunale, stante anche l’art. 2 nuovo C.d.S., comma 6, che definisce e menziona le strade comunali.

Il motivo è infondato per le seguenti considerazioni.

Infatti, il Comune, vittorioso in primo grado, nelle conclusioni in appello, come si evince dalla intestazione della sentenza impugnata, chiedeva solo 1’integrale conferma della sentenza, senza riproporre la eccezione, in tal senso, sollevata nel primo giudizio espressamente , ovvero in modo sufficiente e preciso, come, invece, previsto dall’art. 346 c.p.c., comma 1 (Cass. n. 4944/98; Cass. n. 13761/99).

E, comunque, in ordine alla deduzione, secondo la quale per la strada ove avvenne il sinistro non fosse stata fornita la prova che essa apparteneva al demanio comunale, da una parte è ben noto che non sia da solo elemento sufficiente l’inclusione della strada o per converso la sua mancata inclusione nell’elenco delle strade comunali, stante la natura dichiarativa e non costitutiva dell’elenco anzidetto (Cass. n. 6377/94 e giurisprudenza costante), dall’altro la norma del Codice della Strada in proposito, come riconosce lo stesso Comune ha solo valore semplificativo e non costitutivo.

2.-Con il secondo motivo (violazione dell’art. 652 c.p.p., esclusione di ogni colpa del Comune; violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) il Comune denuncia violazione dell’art. 652 c.p.c., addebitando alla Corte territoriale di avere erroneamente escluso nella fattispecie l’effetto preclusivo della sentenza penale con cui erano stati assolti i tecnici comunali nel giudizio in cui erano costituite parti civili gli odierni resistenti.

Ma, trattasi, anche in questo caso, di censura non fondata, avendo quei giudici ben chiarito l’assenza di coincidenza, sotto il profilo soggettivo, tra il presente giudizio civile e quello penale precedente, in cui il Comune non era parte, quale responsabile civile, oltre al fatto che la formula assolutoria del responsabile dell’ufficio tecnico comunale non escludeva la sussistenza del fatto, ma solo la responsabilità di quel funzionario, dando per di più per accertato l’inosservanza dell’obbligo dell’ente di sistemazione e consolidamento della strada.

Di qui l’assorbimento del quarto motivo (erronea e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., con riferimento all’accertata colpa del M. nella causazione dell’evento – art. 360 c.p.c., n. 3) perchè fondato sulle circostanze che il giudice civile ha attinto, argomentando il suo convincimento, sulla base delle consulenza svolta in sede penale, e che sono state utilizzate come elementi liberamente apprezzati al fine del convincimento sulla verità del fatto di ci si è dinanzi a un discusso (giurisprudenza costante).

3.-Il terzo motivo (erronea e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., con riferimento agli elementi identificativi del pericolo occulto (insidia o trabocchetto) e difetto ed illogicità della motivazione su lenti decisivi ai fini del giudizio – art. 360 c.p.c., n. 5) ed il quinto (omessa motivazione su fatti decisivi ai fini del giudizio con riferimento all’accertamento della condotta colposa del M. e il suo rapporto causale con l’evento dannoso in riferimento alla previsione di cui all’art. 104 C.d.S., comma 7, lett. f e art. 106 C.d.S., comma 1, art. 143 C.d.S., comma 1 ed alle norme di sicurezza del veicolo – art. 360 c.p.c., n. 5), in buona sostanza, contengono censure alla sentenza impugnata laddove il Comune ricorrente è stato riconosciuto in via esclusiva responsabile ed è stata esclusa la responsabilità della vittima in virtù della CTU espletata in sede penale.

In merito a queste doglianze, contrariamente a quanto assume il Comune ricorrente, osserva il Collegio che il giudice dell’appello ha valutato come contraddittoria la argomentazione del Tribunale, che era andato in senso opposto, pur dopo aver condiviso le conclusioni dell’indagine peritale circa la difficile visibilità dello stato dei luoghi.

Ha, quindi, ritenuto il giudice dell’appello che il margine e persino la “c.d. banchina”, ossia la zona posta a livello tra il margine della strada e i limiti della sede stradale fanno comunque parte della struttura della strada e sono utilizzabili anche per manovre saltuarie di breve durata. Il fatto che il M. circolasse sul margine destro e che non si fosse accorto di nulla perchè l’apparenza esteriore non lo consentiva sono gli argomenti che hanno portato il giudice dell’appello ad escludere la esclusiva responsabilità della vittima.

Si tratta di accertamenti in fatto che essendo valutati in modo logico ed aderente alla realtà dei luoghi sfuggono al sindacato di legittimità, senza trascurare che non sembrano chiaramente evidenziati i relativi e necessari momenti di sintesi.

Del resto, è pacifico che il M. circolava su strada rettilinea e pianeggiante, non procedeva a lavorazioni su terreni scoscesi o con notevole pendenza, per cui non aveva nessun obbligo di azionare il dispositivo di sicurezza. (p.6 sentenza impugnata).

4.-Con il sesto motivo (natura del danno-violazione dell’art. 112 c.p.c. – art. 360 c.p.c., n. 3), in estrema sintesi, il Comune ricorrente lamenta che gli attori si sarebbero limitati a richiedere il risarcimento dei danni morali senza mai dedurre e precisare la natura e la consistenza del danno, che avrebbe fatto, sostituendosi ad essi il giudice dell’appello.

La censura è inammissibile perchè formulata ex art. 360 c.p.c., n. 3 e non come andava fatto ex art. 360 c.p.c., n. 4 (Cass. n. 1170/04, oltre Cass. n. 14003/04, come richiamata dai resistenti), ma è anche infondata in quanto, per il giudice dell’appello (p. 7 sentenza impugnata) la richiesta di “danni” è “significativa”, per cui andava risarcito anche il danno di perdita del rapporto parentale, del rapporto di convivenza con la vittima, che fa presumere la esistenza di un legame familiare in atto con rapporti di quotidianità (p. 8 sentenza impugnata), per cui l’illecito certamente ha avuto ripercussioni negative interne ed esterne al rapporto familiare in atto al momento del sinistro.

4.-Con il settimo motivo (omessa motivazione sulla liquidazione del danno – art. 360 c.p.c., n. 5) il Comune lamenta che il giudice dell’appello non avrebbe indicato gli elementi per giungere alla liquidazione equitativa.

Il motivo va disatteso perchè il giudice dell’appello ha considerato la situazione familiare, la tutela costituzionale del vincolo di solidarietà sociale, l’età della vittima, deceduta a quasi 48 anni con figli di cui un minore, e i criteri elaborati dall’Osservatorio sul giudizio civile del Tribunale i Milano” che sono quelli che offrono al giudice una maggiore elasticità nella valutazione, per determinare i danni nelle misure di importo di poco superiore ai minimi suggeriti (p. 9 sentenza impugnata).

5. L’ottavo motivo ( misura della liquidazione del danno-violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 360 c.p.c., n. 3) non è fondato, perchè gli interessi sono stati determinati all’attualità senza alcuna rivalutazione.

In conclusione il ricorso, va respinto, e il ricorrente Comune va condannato alle spese come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in Euro 5.700,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2011

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