Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15383 del 21/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 21/06/2017, (ud. 07/03/2017, dep.21/06/2017),  n. 15383

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17354/2011 proposto da:

P.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DI PIETRALATA 320/D, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA

MAZZA RICCI, rappresentato e difeso dall’avvocato BERARDINO ARENA,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2734/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 19/07/2010 R.G.N. 1304/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2017 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso al Tribunale di Foggia, P.L., dopo aver esposto di essere proprietario di terreni classificati montani ai sensi della L. 25 luglio 1952, n. 991, in quanto ricadenti nel comprensorio di bonifica montana del Gargano delimitato con D.P.R. 27 marzo 1956, n. 632, chiedeva che fosse emesso un decreto ingiuntivo nei confronti dell’Inps avente ad oggetto le somme da lui indebitamente versate a titolo di contributi, per gli anni 1993-2003, giusta sentenza della Corte Costituzionale n. 370/1985, che aveva dichiarato l’illegittimità della L. 25 luglio 1952, n. 991, art. 8 e D.L. 23 dicembre 1977, n. 942, art. 7, convertito in L. 27 febbraio 1978, n. 41, nella parte in cui non prevedevano l’esenzione dal pagamento dei contributi agricoli unificati anche per i terreni compresi in territori montani ubicati ad altitudine inferiore ai 700 metri.

Il decreto ingiuntivo era opposto dall’INPS e il Tribunale, accogliendo l’opposizione, lo revocava. Contro la sentenza il P. proponeva appello e la Corte d’appello di Bari, con sentenza pubblicata il 19/7/2010, lo rigettava.

A fondamento del decisum, la Corte territoriale riteneva che il ricorrente non avesse offerto la prova della inclusione dei territori di sua proprietà tra i comuni montani, così classificati dalla commissione censuaria centrale.

Contro la sentenza, il P. propone ricorso per cassazione articolando tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso l’Inps.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso ha ad oggetto la violazione e falsa applicazione della L. n. 991 del 1952, artt. 1 e 14 (commi 1 e 15) in relazione alla L. n. 142 del 1990 (artt. 28 e 29), della L. n. 1102 del 1971 (art. 3); con lo stesso motivo deduce il vizio di motivazione. In sintesi assume l’erroneità della pronuncia impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’esenzione totale dal pagamento degli oneri previdenziali e dei contributi agricoli unificati spetta ai soli datori di lavoro aventi sede nei comuni inseriti nell’elenco della Commissione Censuaria Centrale, e non anche a quelli aventi sede in terreni inclusi, anche in parte, nel comprensorio del Consorzio di Bonifica Montana.

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione di un complesso normativo (L. n. 97 del 1994, art. 18, come modificato dalla L. n. 513 del 1995, L. n. 142 del 1990, artt. 28 e 29, L.R. Puglia 14 maggio 1975, n. 4, nonchè alla L. n. 1102 del 1971), nonchè ancora il vizio di motivazione. Il ricorrente assume che la Regione Puglia aveva approvato lo statuto della comunità montana del Gargano, di cui fa parte il Comune di Manfredonia, nel cui territorio è compresa la frazione (OMISSIS), dove sono ubicati i suoi terreni. La sentenza aveva disapplicato la della L. n. 97 del 1994, art. 18, come successivamente modificato ed in relazione alle norme indicate, che consentiva alle imprese e ai datori di lavoro aventi sede nei comuni montani di assumere manodopera agricola senza oneri previdenziali e contributivi.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione delle direttive CEE n. 268/1975, n. 273/1975 e 167/1984, anche in relazione alla L. n. 142 del 1990, art. 28, come modificato dalla L. n. 265 del 1999, artt. 7 e 29, nonchè alla L. n. 97 del 1994, art. 18. Censura la sentenza nella parte in cui non ha tenuto conto delle direttive della Comunità Economica Europea che includono nei territori montani i fogli di mappa nn. (OMISSIS) del catasto rustico del Comune di Manfredonia, in cui sono compresi i suoi territori. Il mezzo in esame è proposto anche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4. I tre motivi, che si affrontano congiuntamente, sono infondati.

4.1. E’ opportuno premettere che il beneficio dell’esenzione contributiva di cui si tratta nella presente controversia si riferisce ai contributi che l’imprenditore agricolo è tenuto a versare per i propri lavoratori dipendenti, sicchè esso si differenzia dai contributi previdenziali dovuti dai coltivatori diretti, mezzadri e coloni, situazione disciplinata da una diversa normativa (su tale distinzione, vedi, per tutte: Cass. 24 ottobre 2000, n. 13981; v. pure, Cass. 22/8/2013, n. 19420).

4.2. La questione posta con il presente ricorso è stata già oggetto di precedenti decisioni di questa Corte, la quale ha avuto modo di affermare che la qualifica del territorio come montano, quale elemento costitutivo del diritto, suppone necessariamente il parere della commissione censuaria che non può essere sostituito dalle disposizioni delle leggi regionali (Cass. 13/07/20001 n. 9298).

Ancor più chiaramente si è espressa Cass. 6/6/2001, n. 7650 (che richiama Cass. 17/5/1993 n. 5581; 18/3/1992 n. 3378), secondo cui la legge considera montani i terreni compresi nell’apposito elenco predisposto dalla Commissione censuaria centrale, contro il cui accertamento non è ammissibile alcun sindacato da parte del giudice ordinario.

E anche Cass. 18/7/2002, n. 10471, ha ribadito che, ai fini della individuazione e della classificazione dei territori montani, oggetto dell’esenzione dal versamento dei contributi agricoli unificati, deve farsi riferimento, ai sensi della L. 3 dicembre 1971, n. 1102, art. 3, comma 1, alle disposizioni contenute nella L. 25 luglio 1952, n. 991, art. 1 che, da un lato, qualificano i territori montani in base al duplice criterio dell’altimetria (specificato ora nella sua portata da Corte Cost. n. 370 del 1985) e del reddito imponibile medio per ettaro (comma 1) e, dall’altro, attribuiscono alle commissioni censuarie centrali l’individuazione e determinazione dei terreni predetti, con facoltà di includere nel relativo elenco, oltre ai comuni, anche porzioni di comune che non siano limitrofi a quelli già indicati e che, pur non riconducibili alla previsione del primo comma, presentino pari condizioni economico – agrarie (commi 2 e 3); ne consegue che l’ulteriore previsione di cui alla L. n. 1102 del 1971, art. 3, comma 3, che affida alla legislazione regionale il compito di ripartire i territori montani, così individuati e qualificati, in zone omogenee, in base a criteri di unità territoriale economica e sociale, non comporta l’attribuzione alle Regioni di alcun potere di definizione e classificazione (salvo il caso della L.R. Trentino Alto Adige 8 febbraio 1956, n. 4, art. 2), essendo la competenza regionale limitata alle suddette operazioni di raggruppamento (in tal senso da ultimo, Cass. 10/4/2013, n. 8764; v. pure Cass. 30/05/1997, n. 4793).

Il riferimento contenuto di leggi regionali, ai sensi della L. 3 dicembre 1971, n. 1102, art. 3, comma 3, a determinati comuni deve infatti ritenersi irrilevante sia perchè i singoli comuni possono essere inclusi nelle comunità montane anche in riferimento ad una sola parte del loro territorio, sia perchè della normativa regionale va preferita l’interpretazione compatibile con il rispetto dei principi posti dalla legge nazionale, soprattutto nelle materie attinenti alle assicurazioni obbligatorie, nelle quali le regioni, anche a statuto speciale, sono prive di potere legislativo, atteso il carattere nazionale del sistema previdenziale (Cass. 10/4/2013, n. 8764, cit.).

Anche l’assunto del ricorrente, secondo cui l’abrogazione ad opera della L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 29, comma 7, della L. n. 991 del 1952, art. 1, avrebbe comportato l’abrogazione della Commissione censuaria centrale, è frutto di una conclusione errata, dal momento che le commissioni censuarie sono disciplinate dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650, il quale prevede composizione e compiti di tale organismo, e tali norme (artt. 16, 24 e 32) sono rimaste vigenti fino a tutto il 27/1/2015, ossia fino all’entrata in vigore del D.Lgs. 17 dicembre 2014, n. 198, che ha ridisciplinato la composizione, le attribuzioni e il funzionamento delle commissioni censuarie.

7. Alla luce di queste considerazioni l’assunto del ricorrente secondo cui sussisterebbe il suo diritto agli sgravi contributi in forza dell’intervento della Corte costituzionale n. 370/1985 e, quindi, della vis espansiva che essa avrebbe impresso alla L. n. 991 del 1952, art. 8, con l’eliminazione del vincolo altimetrico, e sulla base dell’unico presupposto di fatto che i terreni di sua proprietà ricadono nel perimetro del comprensorio di bonifica montana del Gargano, appare infondato.

8. In definitiva il ricorso va rigettato; il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, in applicazione del principio della soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% di rimborso delle spese generali e agli altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2017

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