Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15381 del 03/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 03/06/2021), n.15381

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31632-2019 proposto da:

T.C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

COMANO 95, presso lo studio dell’avvocato GIANMARCO CESARI,

rappresentata e difesa dagli avvocati SERGIO LUCISANO, GIOVANNA

FRAGOMELE;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PATRIZIA

CIACCI, CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 293/2019 del TRIBUNALE di CATANZARO,

depositata il 12/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza depositata il 12.4.2019, il Tribunale di Catanzaro, pronunciando in sede di opposizione ad accertamento tecnico preventivo obbligatorio ex art. 445-bis c.p.c., e previo espletamento di consulenza tecnica, ha dichiarato T.C.C. totalmente inabile con necessità di assistenza continua a decorrere dalla visita effettuata dalla commissione medica, ha disposto il pagamento in favore della stessa della indennità di accompagnamento e, per quanto qui rileva, ha condannato l’INPS alla rifusione delle spese processuali liquidandole in complessivi Euro 900,00, oltre accessori;

avverso tale ultima statuizione ha proposto ricorso T.C.C., deducendo unico motivo di censura;

l’INPS ha resistito con controricorso;

è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

con unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, della L. n. 794 del 1942, art. 24, del D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, art. 4, comma 1, e il D.M. 8 marzo 2018, n. 37, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione, osservando che il Tribunale aveva liquidato le spese di lite unitariamente e non in relazione alle singole fasi processuali e senza tenere conto del valore, della natura e complessità della controversia, oltre che del numero e dell’importanza e complessità delle questioni trattate, nonchè senza indicare il sistema di liquidazione adottato, comunque non rispettoso dei parametri fissati dal citato D.M. n. 55 del 2014, con riferimento allo scaglione compreso tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00;

va premesso che alla presente fattispecie va applicato il D.M. n. 55 del 2014, in vigore dal 3.4.2014, essendo stata operata la liquidazione qui censurata con sentenza del 12.4.2019;

quanto alla determinazione degli scaglioni applicabili, va ribadito che, ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali deve applicarsi il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., comma 1, di talchè, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (Cass. S.U. n. 10455 del 2015);

non sussiste alcun obbligo per il giudice di liquidare il compenso nella misura media, dal momento che il citato D.M. n. 55 del 2014, artt. 1 e 4, gli impongono soltanto di liquidare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, peraltro derogabili con idonea motivazione (Cass. n. 18167 del 2015 e Cass. n. 2386 del 2017);

applicando tali principi al caso in esame, il valore della causa va individuato tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due annualità della prestazione richiesta, ed i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva e quattro per la causa di merito, vanno individuati in Euro 911,00 per la fase di istruzione preventiva (risultanti dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4) e, trattandosi di causa inquadrabile nella tab. 4 (cause di previdenza), in Euro 2.251,00 per il giudizio di merito (risultanti dalla somma di Euro 442,50 per la fase di studio, Euro 370,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 475,50 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed Euro 962,00 per la fase decisionale, dovendosi ridurre le prime due e la fase decisionale del 50% e la fase istruttoria del 70%, ancora ai sensi del citato D.M. n. 55 del 2014, art. 4);

con riguardo alla fase istruttoria e/o di trattazione, la riduzione va operata sottraendo il 70% all’importo del parametro medio, dovendo così interpretarsi il disposto del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, che testualmente prevede un riduzione “fino al 70 per cento” dell’importo liquidato per tale fase;

avuto riguardo all’importo dianzi delineato, balza evidente come la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnata sentenza sia inferiore a detti minimi, nè risulta alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali;

pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata per quanto di ragione e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito liquidando le spese in complessivi Euro 3.162,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%;

le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico dell’INPS e vengono liquidate come da dispositivo, disponendosene la distrazione in favore del difensore antistatario del ricorrente con distrazione;

in considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa per quanto di ragione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida le spese giudiziali in Euro 3.162,00, oltre spese generali i misura pari al 15% e accessori di legge, con distrazione in favore dei difensori.

Condanna l’INPS alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge, con distrazione in favore del difensore del ricorrente, antistatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2021

 

 

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