Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15378 del 21/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 21/06/2017, (ud. 07/02/2017, dep.21/06/2017),  n. 15378

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4543/2015 proposto da:

M.P., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA PIETRO MEROLLI 2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO

ROSATI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO

BACCHELLI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

HERA S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 17,

presso lo studio dell’avvocato FULVIO ZARDO, rappresentata e difesa

dall’avvocato MICHELE MISCIONE, giusta delega in atti;

HERAMBIENTE S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CARLO MIRABELLO 17, presso lo studio dell’avvocato FULVIO ZARDO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELE MISCIONE, giusta delega

in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 215/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 06/03/2014 R.G.N. 834/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MICHELE MISCIONE;

udito l’Avvocato GIORGIO BACCHELLI.

Fatto

FATTI DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Bologna del 20.4.2009 M.P., dipendente di HERA spa, impugnava il licenziamento disciplinare intimatogli in data 11 luglio 2008, deducendo la insussistenza dell’addebito e, comunque, la mancanza di rilievo disciplinare del fatto extralavorativo; in subordine, assumeva la mancanza di proporzionalità della sanzione.

Esponeva che la mancanza attribuitagli consisteva nell’avere tentato di scaricare, in concorso con il signor Z.M., il giorno 14.6.2008, non lavorativo, rifiuti speciali nella discarica di (OMISSIS) della HERA spa, non autorizzata per tali rifiuti.

Interveniva volontariamente in causa HERAMBIENTE srl, cessionaria del ramo di azienda comprendente il rapporto di causa.

Il giudice del lavoro, con sentenza del 4.4.2012, rigettava la domanda. La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 13.2-17.6.2014 (nr. 215/2014), respingeva l’appello del lavoratore.

La Corte territoriale riteneva provato l’addebito all’esito delle acquisizioni testimoniali (testi O. e MA.) e sulla base della dichiarazione resa dal signor V.Z., essendo invece irrilevante la circostanza che l’automezzo utilizzato per lo scarico fosse poi destinato ad un trasloco di mobili nell’interesse del M..

Quanto alla sanzione, le previsioni del codice disciplinare in tema di licenziamento senza preavviso erano meramente esemplificative, come si ricavava dalla lettera dell’ art. 65, comma 3 CCNL.

L’addebito, valutato soggettivamente ed oggettivamente (mansioni, grado di fiducia richiesto, affidamento circa la successiva corretta esecuzione del rapporto), giustificava il recesso datoriale.

Non rilevava il fatto che la condotta fosse stata posta in essere in giorno extralavorativo, atteso l’intimo collegamento con il rapporto di lavoro, posto che il M. operava nella discarica come dipendente della HERA spa, benchè non continuativamente.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza M.P., articolato in quattro motivi.

Hanno resistito con controricorso FIERA spa ed HERAMBIENTE spa.

Le parti hanno depositato memoria.

Il Collegio ha autorizzato l’estensore a redigere motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunziato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 188 c.p.c..

Ha censurato la sentenza per avere utilizzato come elemento di prova la dichiarazione del signor V.Z., che, come il teste MA., aveva sottoscritto un documento predisposto dall’ ufficio legale di HERA spa; il documento non era utilizzabile nella decisione in quanto non confermato attraverso l’esame testimoniale (per parte resistente era stato escusso unicamente il teste MA.).

Il motivo è infondato.

La violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., è deducibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, solo in caso di violazione delle regole di formazione della prova ovvero rispettivamente:

– quando il giudice utilizzi prove non acquisite in atti (art. 115 c.p.c.) ovvero:

– se valuti le prove secondo un criterio di diverso da quello indicato dall’art. 116 c.p.c., ad esempio valutando secondo prudente apprezzamento una prova legale o attribuendo valore di prova legale ad un elemento di prova liberamente valutabile.

La utilizzazione di una dichiarazione resa da terzi, contenuta in un

documento, rientra, invece, nel potere di libero apprezzamento del giudice, non vigendo nel nostro sistema processuale un regime di tipicità della prova (ex plurimis: Cassazione civile, sez. 1, 01/09/2015, n. 17392).

Peraltro la Corte di merito ha valutato la dichiarazione sottoscritta come mero elemento di conferma delle dichiarazioni testimoniali acquisite e non come fonte esclusiva di prova.

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha lamentato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., L. n. 300 del 1970, art. 18, art. 2697 c.c., L. n. 604 del 1966, art. 5, art. 1218 c.c..

Ha assunto la mancanza di motivazione della ritenuta proporzionalità della sanzione massima. Al riguardo ha lamentato che non erano state considerate la anzianità di servizio di 28 anni, il fatto che il tentativo di scarico era stato compiuto dal signor Z., la circostanza che i rifiuti erano stati immediatamente ricaricati sul camion.

Il motivo è infondato.

La sentenza non è incorsa in falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., avendo adeguatamente evidenziato la gravità della condotta e la sua idoneità a ledere il vincolo fiduciario, ancorchè extra lavorativa, per il diretto collegamento tra il tentativo di scarico non autorizzato dei rifiuti speciali e la qualità di dipendente della società titolare della discarica in cui i rifiuti venivano sversati. L’atto costituisce grave violazione dei doveri di fedeltà del lavoratore perchè esponeva direttamente il datore di lavoro, non autorizzato al trattamento di rifiuti speciali, alle responsabilità per lo sversamento.

Sempre sotto il profilo oggettivo è rilevante, altresì, il ragguardevole quantitativo di materiale scaricato (trenta sacchi di lana di roccia) nonchè l’approfittamento della conoscenza dei luoghi derivante dalla qualità di dipendente; dal punto di vista soggettivo la Corte di merito ha ritenuto provata la volontarietà della condotta.

3. Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.

La denunzia attiene alla mancata valutazione della deposizione del teste C.S., escusso nel primo grado, il quale aveva riferito di avere ricevuto più telefonate dal M. nella mattina dei fatti, sin dalle ore 6,30, per ritardare un trasloco di mobili programmato nella stessa mattina.

Il ricorrente ha assunto che tale deposizione era decisiva ad escludere la sua consapevolezza in ordine allo scarico dei rifiuti, che era stato programmato unicamente dal signor Z., autista del camion.

Il motivo è inammissibile.

Il vizio della motivazione è deducibile in questa sede soltanto in termini di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

L’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo, previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti.

Il vizio dedotto in ricorso concerne l’omesso esame di un elemento di prova (la testimonianza resa dal teste Conti) relativo ad un fatto esaminato in sentenza – (ovvero la consapevolezza e volontà da parte del M. dello scarico abusivo della merce) – sulla base di altre fonti di prova (testi O. e MA.).

4. Con il quarto motivo il ricorrente ha denunziato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 70 CCNL 5.4.20008, della L. n. 300 del 1970, art. 18, art. 2119 c.c. e della L. n. 604 del 1966, art. 5.

Ha dedotto che erroneamente la sentenza aveva fatto riferimento all’articolo 65 del CCNL 30.4.2003 laddove il contratto applicabile nel periodo di causa era il CCNL del 5.4.2008, con decorrenza retroattiva dall’1.1.2007.

L’art. 70, prevedeva come fattispecie esemplificative di mancanze determinanti il licenziamento senza preavviso condotte gravissime, quali la insubordinazione seguita da vie di fatto, il furto, le condanne per reati infamanti, non comparabili all’addebito contestato.

Dovevano sul punto considerarsi la anzianità di servizio, la assenza di precedenti disciplinari (ed anzi il rilascio di una menzione positiva appena quattro mesi prima del fatto contestato), i dubbi circa la sua consapevolezza dell’oggetto del trasporto, la sua qualifica di operaio di secondo livello, il fatto che i rifiuti non erano stati abbandonati nella discarica ma ricaricati sul camion.

Il motivo è infondato.

Come dedotto dalla stessa parte ricorrente, la elencazione delle ipotesi di licenziamento per giusta causa contenuta nel contratto collettivo, tanto nel testo sottoscritto nell’anno 2003 che nel testo successivo, ha valore soltanto esemplificativo; le definizioni contrattuali non derogano invece al concetto legale di giusta causa definito dall’art. 2119 c.c., correttamente ritenuto sussistente nella fattispecie concreta dal giudice del merito.

Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida per ciascuno dei controricorrente in Euro 200 per spese ed Euro 3.500 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2017

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