Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15376 del 13/07/2011

Cassazione civile sez. III, 13/07/2011, (ud. 18/05/2011, dep. 13/07/2011), n.15376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA – in persona del Ministro

pro tempore, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso gli Uffici dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, da cui è difeso per legge.

– ricorrente –

contro

ASSITALIA LE ASSICURAZIONI D’ITALIA SPA ORA INA ASSITALIA SPA

(OMISSIS), in persona del Procuratore Speciale

dell’Amministratore Delegato pro-tempore Avv. F.M.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA B. ORIANI 32, presso lo studio

dell’avvocato SCIUME’ ALBERTO, che lo rappresenta e difende giusta

delega in calce al controricorso; ASSICURAZIONI GENERALI SPA PARTE

COSTITUITASI CON C/RIC DEL 15/07/09, in persona dei legali

rappresentanti avv. T.G. e dott. C.T.,

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA B. ORIANI 32,

presso lo studio dell’avvocato SCIUME’ ALBERTO, che la rappresenta e

difende giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

C.B., C.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 164/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

Sezione Seconda Civile, emessa il 10/02/2008, depositata il

21/01/2009; R.G.N.3755/2005.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- C.B. e R.F., il primo anche in proprio ed entrambi nella qualità di genitori esercenti la potestà sul figlio minore E., citarono in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, il Ministero della Pubblica Istruzione per sentirlo condannare al risarcimento dei danni derivati dalle lesioni subite dal minore in data 11 marzo 1997, durante la ricreazione scolastica nel cortile interno della scuola elementare da lui frequentata.

Si costituì in giudizio il Ministero e contestò la domanda degli attori, chiedendo comunque che fosse condannata in garanzia la società assicuratrice per la responsabilità civile, Assitalia S.p.A., che chiamò in causa.

Quest’ultima società si costituì ed eccepì la prescrizione del diritto dell’assicurato Ministero; nel merito aderì alle difese del convenuto.

2.- Il Tribunale di Milano accolse la domanda degli attori e condannò il Ministero a pagare la somma di Euro 11.026,96, oltre interessi e spese; rigettò ogni altra domanda, accogliendo, in particolare, l’eccezione di prescrizione di Assitalia S.p.A.;

compensò le spese tra quest’ultima ed il Ministero.

3.- Proposto appello da parte del Ministero ed appello incidentale da parte dei coniugi C.- R., nella qualità di esercenti la potestà di genitori ed il C. anche in proprio, la Corte d’Appello di Milano ha rigettato sia l’appello principale che l’appello incidentale; ha condannato il Ministero a rifondere agli appellati C. e R. i 2/3 delle spese del secondo grado ed ha compensato tra le parti le spese residue.

4.- Avverso la sentenza della Corte d’Appello propone ricorso per cassazione il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, a mezzo di due motivi. Resiste con controricorso Assicurazioni Generali S.p.A., in qualità di cessionaria del ramo d’azienda da Assitalia – Le Assicurazioni d’Italia S.p.A.; ha presentato controricorso anche INA – Assitalia S.p.A. (già Le Assicurazioni d’Italia S.p.A.), al fine di eccepire la propria carenza di legittimazione passiva per avere ceduto ad Assicurazioni Generali S.p.A. (subentrata nel rapporto assicurativo controverso) il ramo d’azienda.

Non si difendono gli altri intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso, il Ministero deduce, con riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2952 cod. civ..

Sostiene il ricorrente l’erroneità della sentenza della Corte d’Appello nella parte in cui, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto essersi verificata la prescrizione del diritto del Ministero ad ottenere il pagamento dell’indennità in forza del contratto di assicurazione per la responsabilità civile per conto altrui stipulato dalla Direzione didattica della scuola in cui accadde l’incidente.

1.1.- Nel presupposto, non contestato dal ricorrente e ritenuto dalla sentenza impugnata, che la richiesta di risarcimento dei danni fosse stata inviata dal legale del danneggiato al Ministero dell’Istruzione in data 17 maggio 2000, il giudice del gravame ha ritenuto che da tale data iniziò a decorrere il termine ex art. 2952 cod. civ., comma 3, e che questo era prescritto quando, in mancanza di atti interruttivi anteriori, venne effettuata la chiamata in causa di Assitalia S.p.A. in data 4 marzo 2002, dopo la scadenza dell’anno.

1.2.- Secondo il ricorrente, non appare convincente l’interpretazione letterale dell’art. 2952, comma terzo, cod. civ. seguita dalla Corte di merito, poichè, laddove la norma menziona l'”assicurato” intenderebbe, invece, fare riferimento non al beneficiario del contratto di assicurazione bensì al contraente della polizza relativa. Ne seguirebbe che, essendo stato stipulato nel caso di specie un contratto di assicurazione per conto altrui, ed essendo perciò contraente la Direzione didattica ed assicurato il Ministero, la norma citata dovrebbe essere interpretata nel senso che il termine annuale decorrerebbe dalla richiesta di risarcimento rivolta dal danneggiato al contraente e non all’assicurato; con l’ulteriore conseguenza che, non essendo mai stata inviata alcuna richiesta risarcitoria alla Direzione didattica, nemmeno sarebbe cominciato a decorrere il termine di prescrizione del diritto all’indennizzo alla cui corresponsione era tenuta la società Assitalia S.p.A..

2.- Il motivo non è fondato.

Va premesso che è affermato dalle parti e dalla sentenza che il contratto di assicurazione oggetto della presente controversia è un contratto di assicurazione per conto altrui per la responsabilità civile e che il contratto venne stipulato ai sensi dell’art. 1891 cod. civ. dalla Direzione didattica, in persona del Direttore, per conto del Ministero dell’Istruzione, per assicurare quest’ultimo per la responsabilità civile per i danni subiti dagli allievi ed ascrivibili al personale docente.

Pertanto, con riferimento alla citata norma dell’art. 1891 cod. civ., contraente è la Direzione didattica ed assicurato è il Ministero.

Al Ministero spettano, ai sensi del comma secondo, i diritti derivanti dal contratto. In particolare, spetta al Ministero il diritto ad essere tenuto indenne di quanto lo stesso, in conseguenza del fatto accaduto nella vigenza della polizza, deve pagare ad un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto (nel caso di specie, la responsabilità degli insegnanti ex art. 2048 cod. civ.): così, argomentando dall’art. 1917 cod. civ., oggetto dell’assicurazione è il rischio della responsabilità civile, cioè l’obbligo risarcitorio del danno al soggetto leso, che incombe sull’assicurato. Titolare dell’interesse esposto al rischio è quindi il soggetto assicurato, vale a dire il responsabile civile; il contraente, cioè colui che ha stipulato il contratto di assicurazione, di norma, cioè quando il contratto per conto di altro soggetto determinato è conforme al tipo dell’art. 1891 cod. civ., come nel caso di specie, non è titolare dell’interesse assicurato.

2.1.- Questa ricostruzione spiega la ragione per la quale, ai sensi del comma 2 dello stesso art. 1891 cod. civ., “i diritti derivanti dal contratto spettano all’assicurato, e il contraente anche se in possesso della polizza, non può farli valere senza espresso consenso dell’assicurato medesimo”.

La norma è stata costantemente interpretata da questa Corte nel senso – che qui si ribadisce – per il quale essa è anche in deroga alla previsione dell’art. 1411 cod. civ., comma 3, vale a dire che, anche se l’assicurato non abbia profittato dell’assicurazione, il contraente non può agire contro l’assicuratore senza il consenso dell’assicurato (cfr. 11 gennaio 1993, n. 187 e la copiosa giurisprudenza successiva, fino a Cass. S.U. 18 aprile 2002 n. 5556, che, pur essendosi formata con riferimento alla diversa ipotesi dell’assicurazione contro i danni per conto di chi spetta, esprime un principio applicabile anche in caso di assicurazione della responsabilità civile per conto altrui; cfr. anche Cass. 20 luglio 2004, n. 13456). Infatti, a prescindere dalla controversa riconduzione dell’assicurazione per conto altrui nella categoria dei contratti a favore di terzo, in generale, e comunque dell’altrettanto controversa applicabilità della disciplina degli artt. 1411 e seg.

cod. civ. agli aspetti del rapporto non regolati dall’art. 1891 cod. civ., si esclude che, salvo deroghe contenute nella singola polizza (cfr., per un caso di specie, Cass. 25 novembre 1998, n. 11973, in motivazione), il contraente sia legittimato all’esercizio del diritto all’indennità, (cfr. Cass. S.U. n. 5556/2002 cit.), a meno che non vi sia un consenso espresso dell’assicurato, a sua volta fondato sul diverso rapporto interno (cfr. Cass. 10 novembre 2003, n. 16826), non essendo sufficiente il consenso tacito o presunto (cfr. Cass. 27 novembre 1991, n. 12680; 1 marzo 1994, n. 2018 ed altre).

2.2.- Se la norma dell’art. 2952 cod. civ., comma 3, viene interpretata, così come deve essere interpretata, tenendo conto dei principi di cui sopra, risulta del tutto confutato l’assunto del Ministero ricorrente.

La prescrizione di cui al citato articolo riguarda, infatti, il diritto al pagamento dell’indennizzo all’assicurato, al fine di tenerlo indenne di quanto questi deve corrispondere al danneggiato.

Per quanto risulta dalla disciplina dell’art. 1891 cod. civ., come sopra ricostruita, l’esercizio di questo diritto spetta esclusivamente – e salvo le ipotesi tipiche di deroga – al soggetto assicurato; ne consegue che il diritto, che è dell’assicurato e da lui soltanto può essere esercitato, si prescrive in caso di inerzia dell’unico soggetto legittimato al suo esercizio.

Questa conclusione trova riscontro in diversi precedenti di questa Corte che hanno escluso la responsabilità del contraente per il danno sopportato dall’assicurato a causa della prescrizione dei propri diritti seguita al loro mancato tempestivo esercizio (cfr.

Cass. 18 luglio 1996, n. 6482; 19 luglio 2004, n. 13329):

l’affermazione presuppone l’altra, per la quale tale esercizio spetta all’assicurato soltanto (cfr. Cass. n. 16826/2003 cit.), tanto è vero che l’eventuale esercizio del diritto da parte del contraente non vale ad impedire il decorso della prescrizione (cfr. Cass. 7 ottobre 1997, n. 9746).

Poichè la comunicazione all’assicuratore della richiesta di risarcimento del terzo danneggiato è presupposto per l’esercizio di detto diritto, ed in ragione di ciò è atto idoneo ad interrompere la prescrizione, essa va fatta dal soggetto legittimato a tale esercizio, cioè dall’assicurato; pertanto, la richiesta idonea a far decorrere il termine ex art. 2952 cod. civ., comma 3, non può che essere la richiesta che il danneggiato rivolge al responsabile civile, cioè all’assicurato.

Questa interpretazione è del tutto coerente anche con l’equiparazione che la norma fa tra richiesta di risarcimento e promozione dell’azione in giudizio: poichè il danneggiato non può che chiamare in giudizio il soggetto responsabile del danno, è anche a tale soggetto che, in alternativa, va indirizzata la richiesta rilevante ai fini della norma in esame. Sarebbe del tutto incongruo ritenere, come fa il ricorrente, che possa essere rilevante una richiesta rivolta ad un soggetto diverso dal responsabile -quale sarebbe nel caso di specie la Direzione didattica; rispetto a quest’ultima, peraltro, non sarebbe possibile ritenere l’equipollenza con la citazione in giudizio (trattandosi di soggetto non legittimato passivo dell’azione di responsabilità).

2.3.- Quanto detto consente di superare l’argomento del Ministero fondato sull’art. 1891 cod. civ., comma 1, secondo cui l’onere della comunicazione all’assicuratore della richiesta di risarcimento del danno incomberebbe sul contraente, poichè è questi che deve adempiere gli obblighi derivanti dal contratto: non vi è chi non veda che detto onere, proprio perchè connesso all’esercizio del diritto nascente dal contratto, debba essere assolto dall’assicurato, in coerenza con quanto previsto dall’ultimo inciso del citato art. 1891 cod. civ., comma 1, (che fa gravare sull’assicurato gli obblighi contrattuali “che per loro natura non possono essere adempiuti che dall’assicurato”).

2.4.- Infine, all’argomento del ricorrente secondo cui l’interpretazione letterale dell’art. 2952 cod. civ., comma 3, potrebbe rivelarsi lesiva dei diritti dell’assicurato, in quanto questi potrebbe non essere al corrente dell’esistenza della polizza o di oneri da questa imposti, va obiettato che trattasi di profili inerenti i rapporti interni tra contraente ed assicurato; rispetto a questi pare, peraltro, opportuno richiamare la giurisprudenza di questa Corte che fa gravare sul primo obblighi di informazione a natura contrattuale, proprio al fine di meglio tutelare il secondo (cfr. Cass. 1 aprile 2003, n. 4917; 9 aprile 2009, n. 8670).

2.5.- In conclusione, si deve allora affermare il seguente principio di diritto: “In tema di contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato per conto altrui, il termine di prescrizione previsto dall’art. 2952 cod. civ., comma 3, decorre dal giorno in cui il terzo danneggiato rivolge la richiesta di risarcimento al responsabile civile, vale a dire al soggetto assicurato ai sensi dell’art. 1891 cod. civ.”.

3.- Col secondo motivo di ricorso il Ministero denuncia, con riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 345 cod. proc. civ..

Sostiene il ricorrente che è errata la sentenza della Corte d’Appello con la quale è stata dichiarata l’inammissibilità dell’eccezione proposta dall’appellante ai sensi dell’art. 1227 cod. civ.,, comma 1, perchè avanzata per la prima volta in appello.

In proposito richiama la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’eccezione di concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227 cod. civ., comma 1, è rilevabile d’ufficio e quindi il relativo accertamento è autonomamente esperibile dal giudice, purchè risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente.

Quanto a questi ultimi, il ricorrente evidenzia come già con l’atto di appello avesse dedotto in merito alla rilevanza del contegno tenuto dal minore infortunato, che “disattendendo le prescrizioni impartite si allontanava repentinamente dal luogo deputato alla ricreazione” ed avesse altresì richiesto che la condotta dell’allievo fosse valutata dal giudice per “escludere una responsabilità esclusiva dell’Amministrazione”.

3.1.- La censura è fondata, ma, essendo il dispositivo della sentenza comunque conforme al diritto, è sufficiente procedere correggendo la motivazione, ai sensi dell’art. 384 cod. civ., u.c..

In punto di rilevabilità d’ufficio del concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 cod. civ., comma 1, (richiamato dall’art. 2056 cod. civ.), va data conferma della giurisprudenza di questa Corte, pure richiamata dal ricorrente (cfr., oltre a Cass. 4799/2001, tra le più recenti, Cass. 25 settembre 2008, n. 24080; 10 novembre 2009, n. 23734).

Va quindi ribadito che il giudice di merito avrebbe dovuto apprezzare, sul piano causale, il fatto del danneggiato che l’appellante aveva dedotto come idoneo a concorrere nella determinazione del danno, o meglio dell’evento dannoso.

3.2.- Il criterio di selezione della condotta del creditore/danneggiato rilevante ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., comma 1, è dato dalla colpa. Infatti, la colpa, in questa previsione, non può certo individuare un criterio di imputazione del fatto (perchè il soggetto che danneggia se stesso non compie un atto illecito), ma si configura come requisito legale della rilevanza causale del fatto del danneggiato. La colpevolezza del comportamento del creditore-danneggiato, pur richiesta dall’art. 1227 cod. civ., comma 1, è l’unico elemento di selezione dei vari possibili comportamenti – eziologicamente idonei – del danneggiato e sussiste non solo in ipotesi di violazione da parte del creditore-danneggiato di un obbligo giuridico, ma anche nella violazione della norma comportamentale di diligenza.

Orbene, nel caso di specie, la colpa dell’allievo si dovrebbe rinvenire, secondo il Ministero, nel fatto che il bambino si sarebbe “allontanato repentinamente dal luogo deputato alla ricreazione”: si tratta di un elemento di fatto che, così come dedotto, non è affatto idoneo a far configurare quella violazione dell’obbligo generico di diligenza che sarebbe significativo ex art. 1227 cod. civ., comma 1. Questo, infatti, pur configurabile nei confronti dell’incapace, in quanto rilevante non sotto il profilo soggettivo, ma quale comportamento che si ponga oggettivamente in contrasto con una regola di condotta (cfr., da ultimo, Cass. 10 febbraio 2005, n. 2704; 22 giugno 2009, n. 14548), deve tuttavia essere dotato di efficacia causale, tale cioè da porsi come una delle concause dell’evento. Siffatta efficacia non è data desumersi dagli elementi di fatto prospettati in giudizio dal Ministero (sul quale incombeva l’onere relativo) poichè il fatto, come sopra dedotto, consente di spiegare perchè l’evento dannoso si sia verificato in quel determinato momento e in quel determinato luogo, coinvolgendo il minore che aveva disubbidito alle prescrizioni delle maestre, ma non consente di attribuire ad esso portata più ampia di quella di una mera occasione, piuttosto che di concausa, del danno.

Va perciò ritenuta corretta la statuizione del giudice di merito, che ha ascritto la responsabilità esclusiva dell’evento alla parte convenuta.

4 – Sussistono i presupposti per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, nei confronti delle uniche parti che si sono in questo difese, per le quali, essendo assistite dal medesimo procuratore, ed in analogia di situazione processuale, si può procedere ad unica liquidazione come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il Ministero ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate nei confronti delle società assicuratrici, complessivamente in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2011

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