Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15374 del 20/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 20/07/2020), n.15374

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO Donati Viscido di Nocera M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpao – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20448/2013 proposto da:

A.D., con domicilio eletto in Roma via degli Scipioni n.

110, presso l’avv. Marco Machetta, rappresentato e difeso dall’avv.

Francesco Gaviraghi;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente

domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura

Generale Dello Stato che la rappresenta e difende, costituita con

comparsa ai soli fini della eventuale partecipazione all’udienza.

Avverso la sentenza n. 12/30/2013 della COMM. TRIB. REG. TOSCANA,

depositata il 28/01/2013, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/1/2020 dal consigliere Gori Pierpaolo.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 12/30/12 depositata in data 28 gennaio 2013 la Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava l’appello proposto avverso la sentenza n. 180/22/10 della Commissione tributaria provinciale di Firenze, la quale a sua volta aveva rigettato il ricorso di A.D., avverso un avviso di accertamento per IVA, IRPEF e IRAP 2004.

– La CTR condivideva gli esiti la decisione di primo grado, in particolare l’accoglimento di eccezione articolata dall’appellata Agenzia di efficacia anche nel presente giudizio del giudicato esterno conseguente al passaggio in giudicato formale della sentenza della CTP n. 197/20/10 resa inter parte in relazione all’anno di imposta 2005.

– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la contribuente deducendo tre motivi. L’Agenzia delle Entrate ha depositato comparsa di mera costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo di ricorso – senza indicazione del pertinente paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, comunque identificabile nel n. 3 – la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c..

– Con il secondo motivo di ricorso – anch’esso senza indicazione del pertinente paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1 – la contribuente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 267 del TFUE, dell’art. 47 CDFUE e dell’art. 6 CEDU, oltre che dell’art. 19 par. 1 comma 2 FUE, in particolare nell’interpretazione datane dalle pronunce della Corte di Giustizia 3 settembre 2009, C-2/08, Olimpiclub e 20 ottobre 2011, C-396/09, Interedil.

– I motivi possono essere affrontati congiuntamente, in quanto entrambi diretti a censurare la ratio decidendi della CTR incentrata sull’effetto spiegato nel presente processo dal giudicato esterno conseguente al passaggio in giudicato formale della sentenza della CTP n. 197/20/10, e sono infondati.

– Va premesso che una delle due decisioni della CGUE invocate, la Interedil, non è in termini dal momento che in tale controversia civilistica la questione del giudicato era letta congiuntamente alla questione dell’efficacia della decisione di un giudice superiore non conforme al diritto dell’Unione. Ciò detto, la sentenza della Corte del Lussemburgo Olimpiclub ha statuito che il diritto comunitario osta all’applicazione di una disposizione del diritto nazionale, come l’art. 2909 c.c., in una causa vertente sull’imposta sul valore aggiunto concernente un’annualità fiscale per la quale non si è ancora avuta una decisione giurisdizionale definitiva, in quanto essa impedirebbe al giudice nazionale investito di tale causa di prendere in considerazione le norme comunitarie in materia di pratiche abusive legate a detta imposta.

– La giurisprudenza di questa Corte ha fatto applicazione di tale insegnamento, affermando che “In materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata; nè il diritto dell’Unione Europea, così come costantemente interpretato dalla Corte di Giustizia, impone al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne da cui deriva l’autorità di cosa giudicata di una decisione, con riguardo al medesimo tributo, in relazione ad un diverso periodo di imposta, nemmeno quando ciò permetterebbe di porre rimedio ad una violazione del diritto comunitario da parte di tale decisione, salvo le ipotesi, assolutamente eccezionali, di discriminazione tra situazioni di diritto comunitario e situazioni di diritto interno, ovvero di pratica impossibilità o eccessiva difficoltà di esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento comunitario ovvero di contrasto con una decisione definitiva della Commissione Europea emessa prima della formazione del giudicato.” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 31084 del 28/11/2019, Rv. 656084 – 01; conforme Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 25516 del 10/10/2019, Rv. 655438 – 01 e Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 21824 del 07/09/2018, Rv. 650505 01).

-Orbene, nel processo che ha generato il rinvio pregiudiziale Olimpi-club il giudice del rinvio si chiedeva se la giurisprudenza della Corte esigesse non fosse riconosciuto carattere vincolante ad una sentenza nazionale che aveva acquisito, in virtù del diritto interno, autorità di cosa giudicata (Olimpiclub, p. 17). La Corte di Giustizia ha osservato al proposito che il diritto comunitario non impone ad un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata ad una decisione, anche quando ciò permetterebbe di porre rimedio ad una violazione del diritto comunitario da parte di tale decisione. Piuttosto, il caso esigeva di decidere se, in presenza di un punto fondamentale comune tra le cause, il giudicato maturato in una di esse avesse, su tale punto, una portata vincolante, anche se gli accertamenti operati in tale occasione si riferivano ad un periodo d’imposta diverso, alla luce del principio di effettività. Infatti, l’interpretazione estensiva avrebbe impedito di rimettere in questione tale punto fondamentale comune, concernente il medesimo contribuente per un esercizio fiscale diverso in una fattispecie in cui la decisione giurisdizionale divenuta definitiva era fondata su un’interpretazione delle norme comunitarie relative a pratiche abusive in materia di IVA in contrasto con il diritto comunitario.

– Diverso è il caso di specie in cui, innanzitutto non si discute solo del tributo armonizzato e, dunque, il richiamo al diritto Eurounitario innanzitutto non è pertinente quanto alla ripresa per imposte dirette. Inoltre, la decisione nella causa passata in giudicato che spiega il giudicato esterno non è in alcun modo fondata su di un’interpretazione delle norme comunitarie relative a pratiche abusive in materia di IVA in contrasto con il diritto UE.

-Infine, la CTR non ha applicato alcun automatismo nello stabilire che quella sentenza spiega efficacia di giudicato esterno vincolante sui presupposti in fatto anche nella presente controversia, ma ha motivato dettagliatamente, individuando con chiarezza non un solo punto fondamentale comune alle due cause, ossia l’identità di soggetti e di imposte, ma numerosi punti decisivi: il petitum e anche la causa pe-tendi, le circostanze fattuali medesime, e anche le questioni di diritto identiche, il medesimo p.v.c. alla base delle riprese, che ha riguardato unitariamente gli anni di imposta 2004 e 2005 e, infine, le due pronunce della CTP assolutamente identiche. Gli accertamenti in fatto condotti dal giudice d’appello non sono stati specificamente censurati con dimostrazione che tali elementi sarebbero in concreto diversi e, conseguentemente, per tutte le ragioni esposte i motivi vanno disattesi.

-In conclusione la Corte ritiene di esprimere il seguente principio di diritto: “Nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno previsto dall’art. 2909 c.c., in relazione alle controversie in materia di I.V.A. è soggetto alla primazia del diritto unionale come interpretato dalla sentenza della Corte di giustizia del 3 settembre 2009, C-2/08, Olimpiclub, anche con riferimento dalla sua proiezione oltre il periodo di imposta circa i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile o tendenzialmente permanente, allorquando venga in essere una questione di contrasto dell’abuso del diritto, sicchè ove tale questione non sussista, il giudicato formatosi per un diverso anno di imposta richiede l’esame delle questioni e dei presupposti di fatto per la diversa annualità, e la sua efficacia dipende dalle concrete circostanze accertate.

Nella specie va pertanto confermata la decisione di appello che aveva riconosciuto, in assenza di deduzione di abuso del diritto, l’effetto di cosa giudicata sostanziale ai fini della diversa annualità IVA, senza automatismo, ma dopo aver accertato in fatto l’identità di soggetti, del petitum e della causa petendi, delle circostanze fattuali, delle questioni di diritto, del p.v.c. alla base delle riprese che riguardava unitariamente le due annualità e, infine, delle due pronunce di primo grado.

– Resta assorbito il terzo motivo di ricorso, relativo a violazioni di legge circa il merito della controversia, in quanto espressamente articolato per il solo caso in cui la Corte avesse cassato la sentenza impugnata decidendo la causa nel merito.

– In conclusione, il ricorso va rigettato e nessuna statuizione dev’essere adottata in punto di spese di lite, considerato che l’Agenzia è meramente costituita ai fini dell’eventuale partecipazione dell’udienza e non ha svolto attività difensiva concreta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2020

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