Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15372 del 03/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/06/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 03/06/2021), n.15372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18002-2019 proposto da:

COMUNE DI BUSNAGO, in persona del Sindaco pro tempore elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G.P.DA PALESTRINA 19, presso lo studio

dell’avvocato FABIO FRANCESCO FRANCO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ELENA GIARDINA;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA ITALIANA DELLA CONGREGAZIONE DEI FRATELLI DI NOSTRA SIGNORA

DELLA MISERICORDIA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. FARNESE 7, presso

lo studio dell’avvocato CLAUDIO BERLIRI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO COGLIATI DEZZA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5565/6/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO

CROLLA.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La Provincia Italiana della Congregazione dei Fratelli di Nostra Signora della Misericordia (di seguito denominato per brevità ” Ente religioso”) proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano avverso l’avviso di accertamento con il quale veniva richiesto alla contribuente dal Comune di Busnago il pagamento della somma di Euro 37.318,00, oltre alle sanzioni, dovuta per omesso versamento dell’IMU, relativa all’anno di imposta 2014, per il possesso del complesso immobiliare identificato al Catasto Fabbricato del Comune di Busnago al foglio (OMISSIS), part. (OMISSIS) sub (OMISSIS) categoria (OMISSIS).

2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso non ritenendo provati i fatti costitutivi che giustificavano la dedotta esenzione dal pagamento del tributo.

3. La sentenza veniva impugnata dall’Ente religioso e la Commissione Regionale della Lombardia accoglieva il ricorso rilevando che la contribuente, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, aveva fornito la prova dell’utilizzazione di tutti gli immobili per i fini di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i).

4 Avverso la sentenza della CTR il Comune ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a tre motivi. L’Ente religioso si è costituito depositando controricorso e memoria.

5 Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio. La contribuente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, della L. n. 222 del 1985, art. 16, lett. a), (nonchè del D.M. n. 200 del 2012, e del D.L. n. 1 del 2012) e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, difetto o contraddittorietà della motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR annullato l’atto impositivo del comune riconoscendo l’esenzione IMU per l’immobile, non ricorrendone le condizioni, non solo per la parte (peraltro minima) destinata svolgimento dell’attività religiosa ma anche per quella utilizzata per le attività scolastiche e sportive che si svolgevano con modalità commerciali.

1.1.Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione delle stesse norme di legge del primo motivo non avendo la Corte di merito esaminato l’eccezione del Comune di Busnago di inammissibilità (perchè nuova) della domanda, della quale comunque si rilevava l’infondatezza, proposta in via subordinata dall’Ente religioso, di applicazione dell’esenzione D.L. n. 1 del 2012, ex art. 91 bis, per l’utilizzazione mista.

1.2 Con il terzo motivo l’ente locale denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, difetto o contraddittorietà della motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR malgovernato il principio della ripartizione dell’onere probatorio circa il carattere commerciale della attività svolta nell’immobile in questione.

1.3 Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità dei motivi del ricorso contenuta nel controricorso per avere il ricorrente contemporaneamente dedotto censure di violazione di legge e insufficiente contraddittoria e/o illogica motivazione.

1.4 La denuncia cumulativa sia di violazione di legge che di vizio della motivazione con il medesimo motivo, allorchè quest’ultimo (come nella fattispecie in esame) evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto i non comporta inammissibilità del ricorso (cfr. Cass. n. 9793 del 2013).

2 Il primo e il terzo motivo da esaminarsi congiuntamente stante la loro intima connessione sono fondati sotto il profilo del denunciato vizio di violazione di legge nei limiti di cui appresso.

2.1 La norma di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i), è stata oggetto di ripetuti interventi legislativi, e precisamente, per quanto in questa sede interessa: a) L. 2 dicembre 2005, n. 248 (di conversione del D.L. 30 settembre 2005, n. 203), che ha inserito nel D.L. convertito, art. 7, il comma 2 bis, del seguente tenore testuale: “l’esenzione disposta dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lett. a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse”; b) L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 2, comma 133, che, a sua volta, ha aggiunto, in fine al comma 2 bis detto, il seguente periodo: “con riferimento ad eventuali pagamenti effettuati prima della data di entrata in vigore della Legge di conversione del presente decreto non si fa comunque luogo a rimborsi e restituzioni di imposta”; c) D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 39 (convertito in L. 4 agosto 2006, n. 248), specificamente rubricatò modifica della disciplina di esenzione dall’ICI”, che, infine, ha sostituito il riprodotto testo originario del comma 2bis con il seguente:” l’esenzione disposta dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lett. che non abbiano esclusivamente natura commerciale”.

2.2 Con riferimento all’avverbio “esclusivamente” la Circolare Ministeriale 26 gennaio 2009, n. 2/DF, ha chiarito che un’attività o è commerciale o non lo è non essendo possibile individuare una terza categoria sicchè tale inciso deve essere riferito non alla natura dell’attività, ma alle specifiche modalità di esercizio di tale attività; in sostanza le attività svolte negli immobili non dovrebbero essere disponibili sul mercato oppure dovrebbero essere svolte per rispondere a bisogni rilevanti che non sono sempre soddisfatti dalle strutture pubbliche nè dagli operatori privati commerciali.

2.3 Ciò premesso, risultando pacifico il presupposto soggettivo per poter usufruire dell’esenzione costituito dalla natura non commerciale dell’ente religioso, la contestazione è sulla sussistenza dell’elemento oggettivo e cioè se il complesso immobiliare fosse destinato esclusivamente allo svolgimento di una delle attività tassativamente elencate dalla norma e che dette attività non fossero gestite con modalità commerciali.

2.4 Va precisato che, con riferimento alle disposizioni, applicabili anche alla IMU, che regolamentano l’esenzione ICI, di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), deve tenersi conto della decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, secondo cui tale disposizione, nelle sue formulazioni succedutesi nel tempo, concretizza un aiuto di Stato in violazione del diritto dell’Unione, sicchè anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni o servizi sul mercato; la Commissione ha osservato che anche laddove un’attività abbia una finalità sociale, questa non basta da sola a escluderne la classificazione di attività economica. E’ necessario, quindi, al fine dell’esclusione del carattere economico dell’attività, che quest’ultima sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico Vanno pertanto considerate irrilevanti ai fini tributari le finalità solidaristiche che connotano le attività ricettive religiose, essendo necessario verificare se l’attività ricettiva è rivolta ad un pubblico indifferenziato o, invece, a categorie predefinite e che il servizio non sia offerto per l’intero anno solare. Il fornitore di servizi è, inoltre, tenuto ad applicare tariffe di importo ridotto rispetto ai prezzi di mercato e la struttura non deve funzionare come un normale albergo (Cass. n. 7415, 19072 e 22227 del 2019).

2.5 Con specifico riferimento all’attività scolastica il D.M. Finanze 19 novembre 2012, n. 200, recante “Regolamento da adottare ai sensi del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 91-bis, comma 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, e integrato dal D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, art. 9, comma 6”, dispone all’art. 4, comma 3, lett. c), che, ai fini dell’esenzione di cui è causa, l’attività didattica deve essere “svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione”.

2.6 Va, inoltre, evidenziato che secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, essendo le norme agevolatrici derogative di principi generali e, quindi, di stretta interpretazione (art. 14 preleggi), incombe al contribuente, l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti oggettivi dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di una attività commerciale. (Cass. n. 6711 del 2015; Cass. n. 7415 del 2019).

2.7 L’impugnata sentenza non è in linea con la normativa e i principi giurisprudenziali sopra indicati in quanto, una volta accertato che negli immobili di cui è processo si svolgeva attività didattica con pagamento di rette scolastiche da parte degli utenti, ha riconosciuto l’esenzione sul presupposto che le tariffe per il servizio prestato erano inferiori a quelle applicate dal Ministero dell’Istruzione Università ma erano comunque congrue e certamente non simboliche ma superiori, per l’istruzione secondaria di primo e secondo grado, di oltre la metà della Tariffa Miur secondo quanto risulta dalla tabella riportata in sentenza.

2.8 Nella pronuncia di secondo grado si dà inoltre atto che una porzione dell’immobile veniva gestita dall’Associazione Polisportiva Fortitudo in forza di rapporto di comodato gratuito. La CTR ha ritenuto che l’ente ecclesiastico può usufruire del trattamento esentativo di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, precisando, sulla scorta della risoluzione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, 4 marzo 2013, n. 4/DF, che ” l’ente deve beneficiare dell’esenzione nel caso in cui abbia concesso gratuitamente l’immobile ad un soggetto che a sua volta non ritrae alcun reddito da tale concessione gratuita posto che il comodante, nel caso in cui avesse utilizzato direttamente l’immobile per lo svolgimento di una delle attività meritevoli di esenzione, avrebbe sicuramente beneficiato dell’esenzione del tributo”

2.9 Si tratta di un assunto che si pone in contrasto con il diritto vivente costituito da un consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Corte secondo il quale condizione per poter usufruire dell’esonero è l’utilizzo “diretto” dell’immobile da parte dell’ente possessore.

2.10 Tale orientamento è stato ribadito da una recente pronuncia dove si afferma che “L’esenzione non spetta, pertanto, nel caso di utilizzazione indiretta, ancorchè assistita da finalità di pubblico interesse (cfr. Cass. n. 18838 del 2006, Cass. n. 8496 del 2010, Cass. n. 2821 del 2012, più recentemente, Cass. n. 10483 del 2016). In particolare, secondo Cass. n. 4502 del 2012 “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7,comma 1, lett. i), è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, e di un requisito soggettivo, costituito dal diretto svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c), cui il citato art. 7 rinvia). La sussistenza del requisito oggettivo deve essere accertata in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale”. Nel caso di specie, l’assunto difensivo della ricorrente, che mira a interpretare il disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), nel senso che anche un “utilizzo indiretto” attraverso un diverso soggetto giuridico, ancorchè anch’esso senza finalità di lucro, rientrerebbe nel perimetro normativo dell’esenzione fiscale richiesta, non può essere accolta (Cass. n. 30820 del 2017). Non ignora il collegio la pronuncia di Cass. n. 25508 del 2015 che ha riconosciuto l’esenzione nel caso di un bene, concesso in comodato gratuito, utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa. Nella specie, tuttavia, esisteva tra i due enti comodante e comodatario – “un rapporto di stretta strumentalità nella realizzazione dei suddetti compiti, che autorizza a ritenere una compenetrazione tra di essi e a configurarli come realizzatori di una medesima “architettura strutturale”, circostanza nella specie non indagata” (cfr. Cass. n. 8073/2019).

2.11 Contrariamente a quanto sostenuto dall’Ente ricorrente, va rilevata la correttezza del capo della sentenza che ha riconosciuto l’esenzione della porzione immobiliare destinata all’abitazione dei religiosi.

2.12 L’impugnata sentenza ha accertato che l’attività di culto è svolta da una comunità di religiosi stabilmente residenti, come impone il codice di diritto canonico, presso la propria casa religiosa.

2.13 Godono del beneficio ex art. 7, comma 1 lett. i), non solo quelle aree entro le quali si svolgono le funzioni religiose (chiese, cappelle), di cura delle anime e di catechesi ma anche gli alloggi dei religiosi che esercitano l’attività di culto (cfr, Cass. n. 6494 del 2014).

3. Il secondo motivo del ricorso, che riguarda la questione della utilizzazione mista non esaminata dalla CTR in quanto proposta dalla contribuente in via subordinata, è assorbito.

4. In accoglimento del ricorso l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese processuali relative al presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte,

accoglie il primo e il terzo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa l’impugnata sentenza, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Commissione Regionale della Lombardia, in diversa composizione/ anche per la regolamentazione delle spese processuali relative al presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2021

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