Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15371 del 06/06/2019

Cassazione civile sez. lav., 06/06/2019, (ud. 27/03/2019, dep. 06/06/2019), n.15371

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21216/2014 proposto da:

MINISTERO AFFARI ESTERI COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, in persona del

Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OTTORINO

LAZZARINI 19, presso lo studio dell’avvocato UGO SGUEGLIA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA SGUEGLIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9931/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/09/2013 R.G.N. 10587/2009.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che con sentenza in data 7 settembre 2013 la Corte d’appello di Roma ha respinto l’appello proposto dal Ministero degli Affari Esteri (MAE) nei confronti di M.M. avverso la sentenza n. 15587/2009 del locale Tribunale, con la quale in accoglimento del ricorso della M. – la quale provenendo dal Comparto Scuola a decorrere dal 15 marzo 2002 è stata immessa nei ruoli del MAE ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs. n. 165 del 2001, con l’attribuzione di un assegno ad personam riassorbibile a copertura del trattamento economico più elevato percepito presso l’Amministrazione di provenienza – aveva contestato la ritenuta riassorbibilità dell’assegno ad personam e il mancato computo in esso della retribuzione personale docenti (RPD);

che la Corte territoriale, confermando la sentenza di primo grado, per quel che qui interessa, precisa che:

a) la L. n. 246 del 2005, art. 16, nel sostituire le parole “passaggio diretto” con “cessione del contratto”, ha natura interpretativa, mentre il comma 2 quinquies, aggiunto al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, dal medesimo art. 16, ha natura innovativa e non può disporre che per il futuro;

b) ai sensi della L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 57, l’assegno ad personam non è riassorbibile e tale garanzia persiste in ragione della norma di interpretazione autentica di cui alla L. n. 266 del 2005, art. unico, comma 226;

c) non possono esservi dubbi sulla inclusione nella base di calcolo dell’assegno ad personam della RPD, visto che essa, presso il MIUR di provenienza, era una componente fissa e continuativa e la L. n. 266 del 2005, art. unico, comma 226, stabilisce che alla determinazione del predetto assegno concorre il trattamento fisso e continuativo, ad eccezione della retribuzione di risultato e di altre voci stipendiali legate al raggiungimento di specifici risultati e obiettivi, tra le quali non si può certamente far rientrare la RPD, ancorchè, come afferma il MAE, ai sensi dell’art. 7 del CCN di Comparto abbia la finalità di valorizzare la professionalità del docente;

che avverso tale sentenza Ministero degli Affari Esteri (MAE), rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, propone ricorso affidato a sei motivi, al quale oppone difese M.M., con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il ricorso è articolato in sei motivi;

che con il primo motivo si denuncia: a) violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, della L. n. 246 del 2005, art. 16, in particolare nella parte in cui aggiunge l’art. 30 cit., comma 2 quinquies, dell’art. 1406 c.c.; b) omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sostenendosi che alla presente fattispecie sia applicabile l’anzidetto art. 30, il quale, nella formulazione originaria antecedente la modifica ad opera dell’art. 16 della n. 246 del 2005, nulla prevedeva in ordine al trattamento da riservare ai soggetti transitati da un’Amministrazione all’altra, limitandosi a fare riferimento al “passaggio diretto” senza alcun richiamo all’istituto della cessione del contratto;

che con il secondo motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio; errata applicazione della legge sul riconoscimento dell’anzianità pregressa ai fini economici e giuridici; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1230 c.c., rilevandosi che la dipendente non può ricondurre alcuna pretesa al riconoscimento dell’anzianità pregressa ai fini giuridici (come risulta dall’art. 30, comma 2, nella versione antecedente la L. n. 246 del 2005) e aggiungendosi che l’anzianità è già stata pacificamente riconosciuta ai fini economici con l’assegno ad personam che assorbe ogni ulteriore rivendicazione, mentre D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 69, almeno dall’entrata in vigore del CCNL 16 febbraio 1999 non è più applicabile al pubblico impiego contrattualizzato il D.P.R. n. 3 del 1957, art. 199;

che si sottolinea come l’art. 27 del suddetto CCNL, che ha consentito il riconoscimento dell’anzianità pregressa nel caso di trasferimenti nell’ambito di Amministrazioni appartenenti al Comparto Ministeri, non può trovare applicazione per Comparti diversi;

che con il terzo motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio; errata qualificazione della natura giuridica della retribuzione personale docenti (RPD); violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30,nonchè della L. n. 266 del 2005, art. unico, comma 226, dell’art. 7 CCNL Comparto Scuola del 15 marzo 2001, dell’art. 50 CCNL Comparto Scuola del 26 maggio 1999, si contesta il disposto inserimento della RPD nella base di calcolo dell’assegno ad personam, in quanto componente fissa e continuativa della retribuzione goduta presso l’Amministrazione di provenienza;

che con il quarto motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 246 del 2005, art. 16, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, della L. n. 266 del 2005, art. unico, comma 226, della L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 57, del D.P.R. n. 3 del 1957, art. 202. Errata applicazione della legge, contestandosi la statuizione con la quale la Corte d’appello ha dichiarato non riassorbibile l’assegno spettante alla dipendente;

che con il quinto motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1408 c.c. comma 1. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sostenendosi che, anche se si volesse configurare la fattispecie de qua come un’ipotesi di cessione del contratto, in base all’art. 1408 c.c., si dovrebbe escludere che il MAE (cessionario) sia tenuto al pagamento della RPD, corrispondendo la relativa elargizione ad una obbligazione tipica del MIUR (cedente), perchè intimamente connessa all’attività didattica;

che con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del principio del divieto di reformatio in pejus e della contrattazione collettiva, contestandosi, con ulteriori argomenti, la disposta ricomprensione della RPD nell’assegno ad personam;

che le questioni di diritto che vengono in rilievo sono state più volte sottoposte all’esame di questa Corte (vedi, fra le tante, Cass. n. 10145 del 2018; Cass. nn. 17773 e 169 del 2017; Cass. nn. 9917, 10063, 12442 del 2016, Cass. nn. 24724, 24729, 24889, 24890, 24949, 25017, 25018, 25160, 25245, 25246 del 2014) e, a partire dalla sentenza n. 24724/2014, è stato affermato, in estrema sintesi, quanto segue:

a) il “passaggio diretto”, di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, nella sua formulazione originaria, è riconducibile all’istituto civilistico della cessione del contratto, sicchè detto passaggio è caratterizzato dalla conservazione dell’anzianità e dal mantenimento del trattamento economico goduto presso l’amministrazione di provenienza;

b) la L. n. 246 del 2005, art. 16, non ha natura di norma interpretativa per cui lo stesso, privo di efficacia retroattiva, non trova applicazione alle procedure di mobilità espletate antecedentemente alla sua entrata in vigore;

c) il trattamento economico acquisito dal lavoratore deve essere determinato con il computo di tutti i compensi fissi e continuativi erogati al prestatore di lavoro, quale corrispettivo delle mansioni svolte ed attinenti, logicamente, alla professionalità tipica della qualifica rivestita;

d) secondo le previsioni del CCNL del Comparto Scuola la retribuzione professionale docenti (RPD) costituisce un compenso fisso e continuativo, in quanto corrisposto in misura non variabile e per dodici mensilità, e va quindi incluso nell’assegno personale, non potendo l’esclusione essere giustificata dal rilievo che il compenso fosse finalizzato alla valorizzazione professionale della funzione docente;

e) in caso di passaggio di personale da un’Amministrazione all’altra, il mantenimento del trattamento economico, collegato al complessivo status posseduto dal dipendente prima del trasferimento, opera nell’ambito, e nei limiti, della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento;

f) infatti, in assenza di diversa specifica indicazione normativa, il divieto di reformatio in peius giustifica la conservazione del trattamento più favorevole, attraverso l’attribuzione dell’assegno ad personam, solo sino a quando non subentri, per i dipendenti della Amministrazione di destinazione (e quindi anche per quelli transitati alle dipendenze dell’ente a seguito della cessione) un miglioramento retributivo, del quale occorre tener conto nella quantificazione dell’assegno, poichè, altrimenti, il divario sarebbe privo di giustificazione;

g) non è applicabile alla fattispecie la regola della non riassorbibilità dell’assegno, contenuta nella L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 57, riferibile alla diversa ipotesi, ormai residuale, dei passaggi di carriera disciplinati dal D.P.R. n. 10 gennaio 1957, n. 3, sicchè l’eventuale richiamo alla suddetta disposizione contenuto nel D.M. di determinazione dell’assegno ad personam spettante è privo di rilevanza, atteso che non è consentito alle Amministrazioni pubbliche attribuire trattamenti economici, anche se di miglior favore, in contrasto con le previsioni della legge e della contrattazione collettiva di Comparto;

che gli scritti difensivi delle parti non prospettano argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento dei principi affermati, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise dal Collegio;

che la sentenza impugnata è conforme ai richiamati principi di diritto quanto al capo avente ad oggetto l’inclusione nell’assegno ad personam della retribuzione professionale docente;

che, invece, la pronuncia, nella parte in cui afferma la non riassorbibilità dell’assegno personale, si pone in contrasto con i principi di diritto sopra sintetizzati nelle lettere e), f) e g);

che questo porta all’accoglimento del quarto motivo di ricorso;

che, quanto agli altri motivi, si precisa che vanno dichiarati inammissibili tutti i profili di censura di vizi di motivazione – contenuti nel primo, nel secondo, nel terzo e nel quinto motivo – perchè non risultano formulati in conformità con l’art. 360 c.p.c., n. 5 – nel testo successivo alla modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis secondo cui la ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207). Evenienze che qui non si verificano;

che tutti gli altri profili di censura contenuti nei motivi primo, secondo, terzo, quinto e sesto sono infondati, per le ragioni dianzi esposte;

che in sintesi deve essere accolto il quarto motivo mentre vanno respinti tutti gli altri motivi, la sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati;

che, fra l’altro, il giudice del rinvio si atterrà, in particolare, al seguente principio di diritto:

“in tema di pubblico impiego, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, che riconduce il passaggio diretto di personale da amministrazioni diverse alla fattispecie della cessione del contratto, comporta, per i dipendenti trasferiti, l’applicazione del trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti collettivi del comparto dell’Amministrazione cessionaria, salvi gli assegni ad personam attribuiti al fine di rispettare il divieto di reformatio in peius del trattamento economico già acquisito, che sono destinati ad essere riassorbiti negli incrementi del trattamento economico complessivo spettante ai dipendenti dell’Amministrazione cessionaria. In particolare, l’assorbimento del migliore trattamento in concomitanza con i futuri aumenti retributivi opera anche con riferimento all’assegno ad personam, corrisposto ai dipendenti del Ministero dell’Istruzione, transitati al Ministero degli Affari Esteri, atteso che la regola della non riassorbibilità, di cui alla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. unico, comma 226, si applica esclusivamente ai passaggi di carriera previsti dal D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 202, e non al trasferimento da un’Amministrazione all’altra, presupponendo i primi un provvedimento di trasferimento mentre, il secondo è riconducibile alla cessione del contratto, di cui all’art. 1406 c.c. e ss.”;

che, attenendosi a quanto sopra indicato, il giudice del rinvio provvederà, nei limiti della domanda, delle originarie allegazioni e dei motivi di gravame, a quantificare l’assegno ad personam e le eventuali differenze retributive, includendo nella base di calcolo la retribuzione professionale docenti, e portando via via in detrazione, dall’importo dell’assegno dovuto al momento del primo inquadramento, gli eventuali miglioramenti del trattamento economico complessivo, successivamente attribuiti per effetto delle dinamiche contrattuali dell’Amministrazione di destinazione o della progressione professionale.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 27 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2019

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